Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
In politica creare consenso è cruciale. Ma qual è la base su cui oggi la politica sta costruendo il consenso?
Sostanzialmente dividere per parti il Paese e fare competere una parte contro l'altra, perdendo in questo modo la profonda etimologia, non solo lessicale ma anche culturale e identitaria, del processo di costruzione del consenso. Perché se la parola consenso significa “sentire insieme” non può essere divisione. La politica che crea consenso dividendo e cercando lo scontro abdica al dovere più grande che ha: la costruzione di legami solidi di comunità.
Questo credo sia il punto chiave del perché l'esperienza del bipolarismo nel nostro Paese sia fallimentare. Anche i cattolici impegnati in politica che non hanno teso a comporre e ricomporre la nostra società hanno di fatto abdicato alla vocazione di ricercare la convergenza che non nega le diversità ma le mette in comunione. Il rischio grave di proseguire su questa direzione è quello di abbandonarci alla deriva di una politica disincarnata che vuole adattare la realtà a schemi preconfezionati e per questo divide l'esperienza umana in parti e ideologie. Esattamente al contrario, la politica che nasce nella concretezza e tende all’universale ha il coraggio di partire dalla realtà, di accettarne le contraddizioni e, in questa complessità, trovare quell'elemento unificante che è l’esperienza stessa della nostra vita di donne e uomini e farle corrispondere garanzia di dignità.
Il bipolarismo ha prodotto la divisione di ciò che non può essere diviso, cioè l’etica e la responsabilità sociale.
Dobbiamo quindi tornare, come diceva Aldo Moro, a “governare per l'uomo”, a far nascere come popolari un partito non solo del popolo ma “nel” popolo, animato dal popolo, che apra strade concrete al moto della storia, orientata alla felicità e alla salvezza.
E perché questa risposta credo fosse e debba essere il riformismo? Perché essere riformisti impone alla politica un agire generativo: riconoscere che la realtà delle persone da servire ha il primato sulle idee. Avendo il coraggio di “fare nuove” le cose e orientando alla ricerca del possibile bene comune il proprio agire.
Questa credo sia la sfida più grande che abbiamo, e la domanda di fondo è: come viverla? Io penso che la storia non la facciamo dividendoci e affermando ciascuno per la propria parte un’appartenenza identitaria, ma nel costruire connessioni e relazioni che ci facciano procedere solidarmente come popolo.
Alle elezioni la proposta del Terzo Polo ha convinto perché abbiamo iniziato un processo che si è aperto all’integrazione. Non si può fare il centro restando fermi a guardia di noi stessi e del nostro percorso di parte. Non si può fare se non abbiamo il coraggio, la visione, la speranza di dare vita a un progetto che sia più grande di noi, a cui dedicare ciò che siamo e vogliamo essere. Un grande progetto muore nei confini angusti dell’egoismo. E il progetto più grande è quello di ricostruire un dialogo diffuso nel Paese, di riunire ciò che è stato diviso. Noi adesso dobbiamo aprire una strada nuova. Smettere di commentare, da spettatori, cosa manca a sinistra e a destra e iniziare a costruire quello che possiamo generare dal centro. Perché o il riformismo è generativo - e allora sa unire e far fare a tutti un passo avanti - o semplicemente non è.
Ne ho parlato ieri a Padova in un bellissimo incontro su “Civismo, popolarismo, sussidiarietà - Le risorse socioculturali della rigenerazione politica liberaldemocratica” organizzato da Il giornale di Padova a cui mi hanno invitato Mariastella Gelmini e Giovanni Faverin.