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LA LETTERA Scuola di partito
20/9/2010-
Un lettore ci ha inviato una lettera con preghiera di pubblicazione.
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“Una scoreggia nello spazio” fu la caustica definizione che qualche anno fa Bossi fece del professor Gianfranco Miglio, un tempo ideologo e ispiratore della Lega.
“Gianfranco Miglio (Como, 11 gennaio 1918 – 10 agosto 2001) è stato un giurista, politologo e politico italiano. Da sempre sostenitore di ipotesi di trasformazione dello Stato italiano in senso federale o, addirittura, confederale, fra gli anni ottanta e i novanta è stato considerato l'ideologo della Lega Nord, in rappresentanza della quale fu anche senatore, prima di "rompere" con Umberto Bossi e dar vita alla breve stagione del Partito Federalista.” (da Wikipedia)
Come si spiega questa improvvisa rinascita di un personaggio prima tanto amato e poi altrettanto odiato e ripudiato? Una rinascita alla grande, tanto e tale da decidere di intitolargli una scuola in quel di Adro, provincia di Brescia, dove i simboli della Lega si sprecano, dove è tutto un campionario di verde, un brutto verde anche, troppo intenso e aggressivo, e bandiere, e simboli quasi fallici di un partito che si esalta nel vedere la propria crescita elettorale e la propria forza nel sempre più squallido panorama politico italiano.
Un panorama politico italiano gravato da continue e ossessive tensioni interne, sia nella maggioranza fra Pdl e finiani, oramai quasi alla rissa, che nella minoranza con il mai sopito contrasto D’Alema-Veltroni sulla questione elettorale e del Nuovo Ulivo, un contrasto storico quasi quanto i personaggi, che allontana sempre di più i partiti dai reali e urgenti problemi del paese.
Solo la Lega appare granitica. I suoi esponenti, pur di non grande caratura e carisma personale ad esclusione del suo fondatore Bossi, parlano però con parole chiare e comprensibili, indicano obbiettivi ben precisi, suscitano speranze in un popolo sempre più prigioniero di uno Stato tanto aggressivo quanto sprecone. Magari tralasciano “un tanticchio” (come direbbe il commissario Montalbano) di parlare dei mezzi e delle effettive probabilità di raggiungere questi obbiettivi talvolta veramente ambiziosi, ma in questo paese dotato di grande emotività ciò basta ad incitare gli animi, a evocare speranze, a scatenare grandi entusiasmi di popolo.
E poi il grande uso delle promesse, una caratteristica propria della loro strategia politica.
Ai produttori di latte che non hanno pagato le loro quote per milioni di euro si promette impunità, ed ecco nuova linfa di voto al partito. Poco importa alla Lega se chi le ha pagate regolarmente fino all’ultimo centesimo magari indebitandosi con le banche e non sviluppando la propria azienda rimane fregato proprio dallo Stato che dovrebbe essere il garante del rispetto delle leggi. Poco importa anche se a Bruxelles arriveranno non i soldi degli evasori ma quelli di tutti i contribuenti italiani compresi molti soldi destinati al Sud. L’importante è favorire il Nord, costi quel che costi, sostenere il popolo padano che porti poi al partito voti e potere.
Per questo, in assenza di un vero ideologo di partito, in assenza, meglio, di una ideologia seria di partito che non sia quella di fare gli interessi della Padania (geniale invenzione geografica forse proprio del professor Miglio), e non potendo incensare personaggi come Bossi che voleva pulirsi il sedere con la bandiera italiana né affidarsi alla sensibilità politica di un Borghezio o di un Calderoli non resta che tirare il professore fuori dal cassetto, passare sopra le antiche divergenze, dimenticare perfino gli epiteti offensivi e dedicargli una scuola.
Una scuola tecnologica, moderna, non una scuola di partito ma forse, forse sotto sotto c’è anche questo. Altrimenti non si spiegherebbe l’emarginazione di quella professoressa, oramai padana da 8 anni ma purtroppo meridionale di provenienza (rivelata da qualche accento di troppo), che vede regolarmente respinte le sue richieste di impiego forse proprio a questa sua mancata “padanica” purezza.
E’ giusto rispettare chi vede nella Lega la soluzione dei problemi del nostro paese, specie in alcuni settori particolari come quella della immigrazione, e sono molti e sempre di più anche a latitudini più meridionali come le nostre, come non si può nascondere l’eccellente lavoro svolto dal ministro dell’Interno Maroni, ma a me personalmente questo fenomeno inquieta un po’.
Non credo invero che la Lega faccia in futuro la storia del nostro Paese perché lo vedo come un partito legato in modo troppo stretto alla figura carismatica del suo creatore. Il discorso vale anche per l’Italia dei Valori di Di Pietro e in parte anche per lo stesso Popolo della Libertà dove nessuno sembra al momento capace di occupare il posto di Berlusconi con la stessa efficacia e capacità di controllo e non sappiamo se qualcuno sarà in grado di mantenere l’unità e l’identità di questi partiti quando questi leaders usciranno di scena. Certo però che questo nazionalismo esasperato, questa voglia costante di secessione, questo distinguo continuo dal resto dell’Italia, questo disprezzo per certi valori che consideravamo condivisi come il valore della bandiera, della Patria, del nostro Risorgimento, degli eroi che abbiamo imparato ad amare fin da bambini sui banchi di scuola sono segnali abbastanza inquietanti.
Anche questo della scuola tutta verde e bandiere sembra uno di questi, quello di voler introdurre nelle scuole i simboli del partito, una cosa che nemmeno le più rosse amministrazioni dei più rossi comuni emiliani si erano azzardate a fare, con la falce ed il martello mai entrati nelle aule scolastiche e che potrebbe portare alla nuova moda di intitolare scuole alla mamma di Berlusconi o allo zio di Casini o, peggio, al cambio di look scolastico al cambio del colore delle amministrazioni.
La Gelmini ha minimizzato l’episodio con un esempio non proprio calzante ma vorrei ricordare che c’è un unico e poco gradevole precedente di integrazione dei simboli del partito negli edifici scolastici, quello infausto di un signore di nome Benito Mussolini.
Lettera firmata
Nota della Redazione.
Ricordiamo che ognuno può scrivere una lettera alla Voce.
Nel caso di contenuti particolari, oppure se lo scrivente vuole dare maggiore risalto a quanto scrive perché venga pubblicato con maggiore visibilità, la lettera deve essere inviata alla mail del giornale dove viene registrato l’indirizzo e-mail di partenza. Nel caso il lettore desiderasse rimanere anonimo può chiedere che la firma venga omessa con l’indicazione di lettera firmata.
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