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FURMENTUN o FRAINA...


6/7/2010- ...ottimo per la pulenta taragna, 'n fiù o mugna.

Appena dopo che i terreni alluvionati della bonifica hanno ripreso il loro solito aspetto e consistenza, lungo Via della Traversagna, nei campi appena prima del grande oliveto, è apparsa una nascita di strane pianticelline verdi che sono cresciute velocemente fino a ricoprire una vasta area di un bellissimo tappeto di piccoli fiori bianchi e luminosi.
Come la gentile signora ha scritto della visione di un "mare di acqua gialla" che la piccola figlia aveva notato negli odierni girasoli, anch'io e molti altri ci siamo chiesti un mese fa cosa potesse essere il "mare bianco" fatto da quelle pianticelle che da vicino mostravano uno stelo rosso con sopra mazzetti di fiori bianchi, poche foglie verdi a cuore o edera, e tante tutte insieme nello stesso posto: piante lucchesi portate dalla piena? non credo, semi latenti nel terreno spinti fuori da un carico di umidità eccessiva?, neanche!
Avrei voluto immortalare lo spettacolo che offrivano a chi percorreva la Traversagna o il fazzolettone candido che sembrava steso su parte della Bonifica guardando da cima ai monti di Legnaio, ma la macchina fotografica era il tilt e ho perso "l'attimo"!
Avevate notato anche Voi?
Non si trattava di erbe infestanti, ma di una importantissima pianta che è ritornata in auge nei territori dove è stata coltivata da secoli e che speriamo faccia crescere anche da noi un mercato che la valorizzi quanto merita.

Furmentùn, fraina o farina negra: sono solo alcuni dei nomi con i quali si definisce in dialetto il grano saraceno, uno degli alimenti fondamentali nella dieta dei contadini della Valtellina e dell’intero arco alpino fino all’inizio del secolo scorso.
Rustico, resistente ai climi freddi e difficilmente attaccabile da parassiti, era utile per sfruttare i terreni nei mesi estivi, nel periodo di riposo dopo il raccolto invernale di segale, patate e orzo.
Il primo documento che cita il grano saraceno in Valtellina è antecedente al 1600 e la sua coltivazione raggiunge la massima espansione nella prima metà dell’Ottocento. Poi inizia la decadenza. La coltivazione sui pendii o sui terrazzamenti è faticosa, la raccolta troppo laboriosa e costosa, emergono colture più produttive: sono queste e molte altre le ragioni per cui, nel primo decennio del Novecento, la produzione è dimezzata e nel 1970 scende ad appena 3700 quintali.
Oggi sopravvivono poche coltivazioni di dimensioni ridotte, mentre la maggior parte del prodotto lavorato in Italia è importato dall’estero.

La farina di grano saraceno un tempo era considerata poco pregiata, buona soltanto per la cucina povera dei contadini. La polenta “nera”, fatta esclusivamente con farina di grano saraceno o miscelata con una parte di farina di granoturco, era ed è uno dei piatti forti della cucina tradizionale valtellinese. Aggiungendo burro e formaggio diventa polenta taragna, se si cuoce nella panna fresca si trasforma invece in pulenta ’n fiù, polenta in fiore e se invece si miscela con altre farine, allora è pulenta mugna.

Altro piatto tipico fatto con la farina negra sono gli sciatt: frittelle di farina di saraceno e frumento ripiene di formaggio. Ma il piatto principe della cucina locale sono i pizzoccheri, tagliatelle fatte con farina di grano saraceno e frumento, cotte con patate, verze o altre verdure condite con burro fuso e con i formaggi della valle quali lo Scimud o il Bitto.

Attenzione:
considerato solitamente un cereale, il grano saraceno (Fagopyrum esculentum) non appartiene alla famiglia delle graminacee bensì a quelle delle poligonacee (come il Rabarbaro e le acetose, ad esempio, con le quali condivide anche le foglie lanceolate e senza gambo).
Il frutto ha un elevato valore nutritivo: contiene tutte le 8 proteine fondamentali (cioè quelle che il nostro corpo non è in grado di sintetizzare) compresa la lisina, che in genere nei cereali è assente o scarsa.
Da evidenziare la mancanza di glutine nella farina derivata, che lo rende ottimo per i ciliaci.
L'etimologia del nome deriva dal latino fagus (faggio) e piròs (frumento), perché i frutti somigliano vagamente a quelli del faggio, le faggette; tutte le Polygonacee hanno semi squadrati con più spigoli, da cui appunto il nome.

Si può dire che è un cereale ad honorem visto che per gli usi alimentari a cui è destinato e per le proprietà nutrizionali non ha niente da invidiare ai cereali veri e propri.
La pianta è probabilmente originaria dell'Asia e fu forse introdotta in Europa dai Turchi nel corso del Medioevo e da qui il nome "saraceno".
 
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