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SEGNALI DI FUMO di Madamadoré
4/2/2009-
GUARDA CHE TI RI-GUARDA
Le parole sono pietre, ne uccide più la lingua che la spada.
Verissimo ma c’è un’altra arma potente: lo sguardo.
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GUARDA CHE TI RI-GUARDA
Le parole sono pietre, ne uccide più la lingua che la spada.
Verissimo ma c’è un’altra arma potente: lo sguardo.
Come la parola, lo sguardo ha implicazioni positive e negative, penso allo sguardo di una mamma. Uno sguardo amorevole, uno sguardo che abbraccia, ma anche uno sguardo che censura o permette.
Un bambino cade, si gira e guarda la madre, se la madre gli risponde con uno sguardo allarmato piangerà di sicuro; un bambino sta per toccare una cosa proibita si gira e cerca lo sguardo dell’adulto…nell’uno e nell’altro caso lo sguardo serve per crescere, il bambino non si fida ancora delle proprie percezioni e cerca conferma, oppure sta sfidando e mettendo alla prova se stesso, insomma sta crescendo e per farlo ha bisogno dello sguardo dell’adulto.
Da adulti lo sguardo rimane importante per le relazioni interpersonali, per la comunicazione, per l’amore, per concedere o proibire.
Ma ricordo che quando ero ragazza lo sguardo aveva un valore aggiunto, lo sguardo era la gente, il comune senso del pudore e di ciò che era socialmente accettabile. Lo sguardo degli altri richiamava sentimenti di vergogna e di pudore.
C’era una forte consapevolezza dello sguardo e della sua potenza, della sua influenza sul comportamento, sulla parola…Ovviamente c’era chi ci stava dentro fino ai capelli e chi non ci stava per niente ed era considerato un po’ deviato.
Oggi si assiste ad un cambiamento di scenario: i contorni del pudore, del lecito si sono talmente dilatati che non sappiamo più dove sono. Lo sguardo che implicitamente limita non esiste più o per lo meno non lo leggiamo più così. Anzi, oggi essere sotto lo sguardo di qualcuno produce un effetto di esagerazione, di esaltazione, una sorta di eccitazione perversa che moltiplica un falso sé, almeno noi speriamo che sia falso.
Oggi lo sguardo è diventato strumento di potere mediatico.
La pubblicità cattura tutto quello che ci può colpire per studiarlo, e per rendercelo accentuato.
La televisione ha fatto dello sguardo, più o meno rubato, un business: grande fratello e tutti i reality ne sono una dimostrazione. Trasmissioni che hanno sdoganato il desiderio nascosto di spiare, di vedere senza essere visti. Ovviamente la televisione gestisce ad arte queste sue possibilità e siccome la televisione è rappresentazione, anche i reality non sono vita vera, ma rappresentazione della realtà, raccontano una realtà che non esiste e persone che non ci sono.
Ma se invece quello che cattura lo sguardo di una telecamera televisiva ed entra nelle nostre case è minimamente vero, se è una finestra sulla società, sulle persone che lo abitano…beh allora si salvi chi può oppure rimbocchiamoci le maniche perché ce n’è di bisogno!
Dentro tutto il boom mediatico e tecnologico si annida il pericolo, filmati rubati con i telefonini, youtube…hanno fatto esplodere un fenomeno preoccupante che ha già fatto le sue vittime.
Allo stesso tempo lo sguardo è stato normato: le telecamere nascoste agli angoli delle città, nei punti nevralgici delle strade…
Tutti noi siamo guardati, osservati e studiati.
Ma noi cosa guardiamo? E cosa vediamo? Spesso vediamo e guardiamo più immagini delle cose che le cose stesse e in questo perdiamo progressivamente senso di realtà, senso di autenticità, di responsabilità, aumenta un senso di distacco da fatti importanti, pensiamo che ciò che vediamo è una rappresentazione e spesso una mistificazione della realtà vera, per cui tendiamo a passare oltre velocemente.
Mi viene in mente quando fermi al semaforo arriva lo straniero di turno a chiederci soldi, a lavare vetri…guardate le reazioni. Spesso si rimane indietro con l’auto e appena quello si presenta al
finestrino avanziamo e lo lasciamo indietro, oppure fingiamo di essere occupati a cercare qualcosa, oppure agitiamo subito il dito in segno di chiusura, o ancora rimaniamo impassibili occhi fissi davanti a noi, persi nel vuoto…in ogni caso non lo guardiamo negli occhi. Guardarsi negli occhi ci obbligherebbe a prendere atto che esiste veramente, che al di là dal vetro c’è una persona. Di solito chi li guarda ci parla, una volta gli dà i soldi, un’altra no, ma comunque con fatica li prende in considerazione. Non guardarli, non rivolger loro lo sguardo ci aiuta a non sentirci in difficoltà.
Lo sguardo viene colpito sera dopo sera da immagini devastanti della guerra che si sta consumando nella striscia di Gaza, come reagire alla visione terribile?
Parlare dello sguardo vuol dire parlare del ruolo dello spettatore, ma anche dei media.
La sofferenza enorme, agitata a distanza, che arriva prepotentemente nelle nostre case crea un effetto devastante di impotenza, come reagire?
Ma la rappresentazione di quegli spettacoli di devastazione è oggettiva o tendenziosa? Reale o fittizia? Autentica o manipolata? La crisi dei media relativamente alla fiducia, alla loro credibilità, la sempre crescente convinzione che ogni cosa raccontata dai media sia una costruzione intellettuale non ci facilita il ruolo di spettatori? Non ci permette in qualche modo di alleviare l’ansietà veicolata da certe immagini? E ancora com’è che siamo diventati più sensibili alla “miseria” esposta dal piccolo schermo che a quella più immediatamente tangibile, a quella più vicina a noi?
L’altra accusa che spesso viene rivolta ai media è relativa alla ricerca del sensazionale ad ogni costo, della perversità e del cinismo delle immagini.
Ma come dice Kouchner senza l’immagine non c’è indignazione: l’infelicità colpisce solo l’infelice…accettiamo la legge dello scalpore e serviamoci di essa. Si rischia di morire meno sotto l’occhio delle telecamere.
E’ vero le immagini dei media possono esercitare un effetto di moderazione, ma possono anche esercitare una spinta ad agire con prudenza e ipocrisia.
Tutto è diventato visibile, ogni cosa ci viene mostrata in ogni suo aspetto. Ma la moltiplicazione del potere dello sguardo ha prodotto una contraddizione: il nostro sguardo è diventato miope, corto.
Lo sguardo miope non lascia posto al sogno, è uno sguardo rivolto verso il basso, mentre si sente un forte bisogno di guardare lontano, di …uscir a riveder le stelle.
Madamadoré
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