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LA BATTIGIA di Trilussa
12/7/2009-
SPIAGGE LIBERE
Cappellacci lo aveva promesso in campagna elettorale, proprio per quello lo avevano votato in massa e lui, dopo solo pochi giorni di insediamento, l’ha subito fatto. Done!
Quarantamila ettari di spiagge libere della Sardegna, un patrimonio....
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SPIAGGE LIBERE
Cappellacci lo aveva promesso in campagna elettorale, proprio per quello lo avevano votato in massa e lui, dopo solo pochi giorni di insediamento, l’ha subito fatto. Done!
Quarantamila ettari di spiagge libere della Sardegna, un patrimonio che per l’isola si potrebbe paragonare al petrolio per il Texas, o ai diamanti per il Sud Africa, concesse dall’oggi al domani ad imprenditori privati. Praticamente privatizzate, regalate quasi e anche per un periodo che sembra molto lungo, sei anni. Non per un anno e sulla base di progetti di rispetto dell’ambiente e soprattutto dei cittadini a cui quel bene è stato tolto, no, per sei anni e chi s’è visto s’è visto.
Non vorrei buttarla in politica e non dico nemmeno a quale schieramento faccia riferimento Cappellaci ma non si può non prendere posizione di fronte ad un avvenimento del genere, ad una decisione che lascia sgomenti. Come si fa a togliere all’uso pubblico e gratuito di tutti i cittadini un bene e concederlo ai privati affinché ne traggano profitto proprio a scapito degli stessi cittadini, quelli che da domani in poi si vedranno costretti a pagare quello che ieri avevano invece in maniera gratuita? E che magari improvvisamente, per i motivi più vari, ne saranno esclusi?
Chi ci guadagna in tutto questo? La risposta è piuttosto scontata.
L’episodio deve far riflettere sia su una certa idea della sviluppo del territorio (e il termine, sviluppo, non va mai confuso con quello di sfruttamento, vocabolo molto più brutto che ogni Amministratore deve sempre temere), e sulla progressiva scomparsa delle cosiddette spiagge libere, le spiagge cioè mantenute all’uso pubblico, a disposizione di tutti i cittadini.
Si può tranquillamente dire che sono specie in via di estinzione e proprio per questo andrebbero tutelate come se fosse specie animali. Gli stessi ambientalisti se ne dovrebbero occupare magari anche con un movimento tipo Movimento Salvaguardia Spiagge Libere (MSSL) con richiesta di accredito e di fondi per la loro difesa.
Qui da noi abbiamo la fortuna di averne una, molto bella, inserita in un ambiente spettacolare, salvaguardata dall’inserimento in un Parco Naturale, veramente a portata di mano.
Ma è specie rara e quindi da difendere.
In questo caso non va difesa dalla speculazione poiché fortunatamente da alcuni anni è di proprietà pubblica (è stata acquistata) e di questo non possiamo che ringraziare la lungimiranza degli amministratori che fecero quella scelta, ma va difesa invece dal suo uso eccessivo che può sconfinare nello sfruttamento. Perché ogni spiaggia, come ogni abitazione, ogni struttura recettiva, ha una sua capienza massima, oltre il quale l’uso si trasforma inevitabilmente in abuso, lo sviluppo in sfruttamento, la bellezza in confusione.
Ci vorrebbero leggi che con maggior rigore facessero mantenere all’uso pubblico tratti più estesi della nostra costa proprio per evitare tutto quello che ogni domenica succede alle poche spiagge libere rimaste. Il numero di bagnanti convenuti supera abbondantemente il numero che rende piacevole una giornata di mare con persone a contatto di gomito, code estenuanti per arrivare, lotte per trovare un parcheggio e file chilometriche al ritorno.
Purtroppo invece ancora oggi per molti amministratori il territorio da loro amministrato (e non vale solo per Castellaci) non è un bene da salvaguardare e valorizzare, e trovare in esso anche motivo di sviluppo e benessere, ma solo uno strumento per ottenere consenso e soldi da spendere.
Soldi da spendere magari in opere pubbliche, magari in strutture sociali come asili nido, scuole, servizi pubblici, quindi soldi in una certa maniera ben spesi, ma che inevitabilmente divengono spesi malamente nei tempi lunghi. Il territorio infatti non ha la capacità di rigenerarsi ma inevitabilmente si consuma, non può essere sufficiente in eterno e prima o poi, come un conto in banca, avrà purtroppo la sua fine.
Ed allora il problema non sarà per noi ma per i nostri figli che abiteranno in comunità caotiche, sovraffollate, soffocate dal traffico e dalle auto, pieni magari di Centri Commerciali, pieni di luci e di colori ma poveri di umanità, popolati da zombie senza anima anche se dotati dei più moderni ritrovati tecnologici in cui cercheranno quella felicità che non potranno mai avere perché noi gliela abbiamo rubata, gliela abbiamo strappata a forza di piani regolatori, PEEP o PIIP come diavolo si chiamano, strade, parcheggi, asfalto e costruzioni.
Solo allora diventeranno palesi i nostri errori e solo chi avrà saputo conservare avrà il vantaggio di poter offrire. E non offrire a basso costo e a grande impatto ambientale come un semplice parcheggio sul mare o una seconda casa in zona protetta ma offrire un pezzo di vera natura, un ambiente incontaminato, uno sguardo che può arrivare fino ai monti innevati lontani e non che si debba fermare alla prima antenna di un ripetitore a forma di abete o ai nuovi palazzi in costruzione autorizzati magari in cambio della realizzazione di un parcheggio e un campo di calcetto.
Serve uno sguardo più lontano, e serve nella vita come nella politica. Ma serve soprattutto in campo amministrativo perché noi passiamo e siamo sostituiti ma il risultato dei nostri atti amministrativi rimarrà per sempre e sarà non solo la testimonianza della nostra opera, ma condizionerà la vita dei nostri figli e di tutti quelli che verranno dopo di loro.
Trilussa
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