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LA SCELTA
3/10/2010-
di TRILUSSA
C’è gente che sta dalla parte dei gatti, ne ha molti in casa e porta da mangiare ai randagi, c’è chi si impegna a difendere le balene che rischiano di scomparire a causa della predazione delle baleniere giapponesi a scopo alimentare
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LA SCELTA
C’è gente che sta dalla parte dei gatti, ne ha molti in casa e porta da mangiare ai randagi, c’è chi si impegna a difendere le balene che rischiano di scomparire a causa della predazione delle baleniere giapponesi a scopo alimentare, chi si occupa degli homeless, chi fa volontariato in qualche benemerita associazione ed anche chi non si occupa di niente e pensa solo a se stesso.
Bene, io ho deciso di stare dalla parte del territorio.
Lo faccio perché ritengo che il territorio sia uno straordinario patrimonio da difendere, una enorme risorsa, una grande e poco riconosciuta ricchezza, una grande opportunità di sviluppo che negli ultimi tempi viene purtroppo utilizzato solo come un banale bene di consumo, come una saponetta che si usa, si getta e se ne compra un’altra.
Ora se Cina, India e altri paesi stanno comprando terreni coltivabili in ogni parte del mondo, specie in Africa per le loro colture e se noi importiamo oltre il 40% dei nostri prodotti agricoli dall’estero (vedi il pomodoro dall’Olanda) ciò dovrebbe far capire a tutti che il territorio è un valore, che questo valore sta piano piano riducendosi, che il bene è in esaurimento e che, al contrario di una saponetta o un dentifricio, non si può ricomprare.
Una volta usato, consumato, questo scompare per sempre all’uso pubblico ed è perduto. Un semplice muro costruito su un terreno occuperà quel terreno per centinaia di anni e quel terreno non sarà mai più produttivo, non sarà mai più di tutti noi ma solo di chi ha costruito quel muro.
Non mi sembra molto difficile da capire eppure oggi chi guarda un terreno incolto o coltivato non lo vede come una ricchezza, non ne coglie il valore in termini di bellezza, di produttività e di utilità sociale, ma lo considera quasi inutile, come una perdita, un declassamento rispetto a quella parte dove si possono costruire villette o interi quartieri residenziali.
Quartieri che hanno poi bisogno di strade di accesso, di parcheggi per le auto, di edifici pubblici eccetera, con nuovo consumo di suolo. Senza pensare poi che ogni abitazione necessita di energia elettrica, di acqua, ogni appartamento deve essere riscaldato, produce rifiuti e, non ultimo, crea una trasformazione persistente del luogo dove viene realizzato.
Sta diventando quindi sempre più indispensabile una seria programmazione del territorio che parta dalla considerazione del suo grande valore e della sua irreversibilità. Una programmazione che partendo da questa premessa possa coniugarsi in maniera equilibrata con la effettiva necessità abitativa della popolazione o, al limite, con un determinato sviluppo in termini turistici, ove la conformazione del territorio sia in grado di sviluppare questo tipo di attività. Lo stesso vale per centri commerciali ed industriali, naturalmente indispensabili, ma da programmare sempre tenendo conto del valore ambientale di quello che stiamo per distruggere.
Non mi sembra che questo accada ed in ogni comune del nostro territorio è un continuo sorgere di nuove realizzazioni edilizie, specialmente case e appartamenti per civili abitazioni, a mio avviso in misura molto superiore alle necessità delle nuove famiglie, tanto da far sorgere il sospetto che non vengano realizzate per necessità ma esclusivamente per convenienza.
Questa ipotesi è suffragata dal numero enorme delle case sfitte, che si vanno a sommare poi alle altre, tantissime, affittate al nero a studenti od extracomunitari e che fanno pensare che manchi una effettiva necessità di nuove realizzazioni. Servirebbe invece un altro tipo di edilizia, quella popolare in cui siamo veramente carenti, ma in questo campo le amministrazioni non sembrano mostrare lo stesso accanimento e lo stesso interesse mostrato per i quartieri residenziali di lusso.
Accanto a queste vediamo la realizzazione di sempre nuovi centri commerciali, sempre più grandi e sempre più complessi, sempre più attraenti, sempre più capaci di attirare persone che ne fanno sempre più spesso il centro del loro tempo libero.
Non voglio entrare nella polemica della utilità oppure della scelleratezza di queste scelte ma mi voglio solo limitare all’aspetto del consumo del territorio, dell’utilizzo del suolo e, concetto recente nato proprio qui in Toscana, del consumo del paesaggio.
E’ un concetto che ha cominciato a far capolino in articoli di qualche giornale più illuminato e all’inizio è stato un argomento affrontato soprattutto da urbanisti e architetti che si occupano del territorio, ma negli ultimi tempi è stato in più occasioni ripreso anche da personaggi noti come Vittorioso Sgarbi e Oliviero Toscani ed è un concetto che vuole unire alla quantità, di cui dicevamo prima, anche la qualità.
Ci dobbiamo domandare quindi se la sostituzione di una vecchia casa, magari non così vetusta da essere soggetta a vincolo amministrativo, con una serie di anonime villette a schiera o appartamenti tutti uguali sia un bene per la comunità.
Se è giusto trasformare in maniera così violenta il territorio, cambiare la fisionomia delle strade, cancellare i ricordi del passato, modificare gli ambienti in cui hanno vissuto, immutati, per decine o centinaia di anni i cittadini della comunità.
Sicuramente dal punto di vista amministrativo è lecito e regolare, ma il passo ulteriore che dobbiamo compiere è quello di domandarci se è anche utile, se serve ai cittadini, al loro benessere, alla qualità della loro vita.
Ci dovremmo chiedere cioè se siamo più felici e sereni di fronte ad uno spazio aperto, davanti a campi di grano o girasoli, immersi in un bosco incontaminato con i suoi rumori ed odori o se invece godiamo di più davanti alle vetrate scorrevoli di un Centro Commerciale con le sue luci multicolori o ad una vetrina piena di cianfrusaglie cinesi.
Io credo che la visione di un bel paesaggio, di un ambiente rispettato e ordinato, la cura del decoro dell’ambiente in cui viviamo sia un requisito fondamentale per la nostra qualità della vita e da ciò deriva che la conservazione del paesaggio ed il rispetto e la valorizzazione del suolo dovrebbe essere, in un futuro già presente, il criterio con cui dovremmo scegliere i nostri amministratori.
Unire cioè al vecchio concetto di onestà, rettitudine morale, capacità amministrativa, capacità di relazione, fantasia e intelligenza quello fondamentale e irrinunciabile della consapevolezza del rispetto e del valore del territorio, del suo valore come paesaggio, della necessità della sua conservazione per le generazioni future.
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