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LA BATTIGIA
di Trilussa



13/12/2009- CIACK, SI VENDE
C’è una battaglia che dura da molto tempo, da molti anni con alterne vicende, ma che sembra oramai vicina a concludersi con un vincitore assoluto, quella degli affari sulla politica. Sono gli affari oggi che decidono tutto, della nostra vita, del nostro futuro:


CIACK, SI VENDE



C’è una battaglia che dura da molto tempo, da molti anni con alterne vicende, ma che sembra oramai vicina a concludersi con un vincitore assoluto, quella degli affari sulla politica.

Sono gli affari oggi che decidono tutto, della nostra vita, del nostro futuro: lo decidono direttamente imponendo scelte e consumi o indirettamente tramite il condizionamento che riescono ad avere sull’azione politica.

I termini che vengono usati per questo condizionamento politico sono sempre gli stessi: sviluppo (spesso associato al micidiale virus di compatibile-sostenibile), incremento, progresso, posti di lavoro, futuro per i nostri figli, avvenire per le prossime generazioni, modernità, politica del fare.

Ognuno di questi termini viene utilizzato a seconda dei casi e delle persone a cui ci si rivolge, più o meno sensibili alle tematiche ambientali, più o meno preparate a valutare in termini di utilità sociale le trasformazioni permanenti che ogni nostro intervento sul territorio inevitabilmente comporta.

Ogni nuova realizzazione trasforma infatti il territorio su cui insiste e lo fa in maniere permanente. Se al posto di un campo, coltivato o meno, si realizza una strada, la trasformazione che operiamo sul territorio è permanente, definitiva, rimarrà così per sempre. Potrà magari in seguito in base a nuove esigenze diventare un parcheggio, o una piazza, ma non ritornerà mai più alla sua origine di campo.

Abbiamo perso cioè il valore antico del territorio che non è più visto come occasione di lavoro e produttività oppure semplicemente come spazio, natura, paesaggio ma lo guardiamo e lo valutiamo solo in termini del vantaggio economico che con questo si può realizzare.

Ora se è concepibile e scusabile che il proprietario di un piccolo appezzamento di terreno lo desideri edificabile perché da quello può trarre un vantaggio immediato per se e per la propria famiglia, ben diverso deve essere il criterio guida della pubblica amministrazione che invece è obbligata a valutare con attenzione la ricaduta di ogni decisione amministrativa sulla totalità dei cittadini.

E’ meglio cioè garantire la migliore qualità di vita a tutti i cittadini facendoli vivere nel miglior ambiente possibile e assicurando loro tutti i servizi essenziali, o all’opposto favorire, in qualunque modo e a qualunque prezzo, uno certo tipo di sviluppo a costo di distruggere un ambiente, di violare delle tipicità, di svendere il proprio territorio?

Sul tipo di sviluppo poi bisogna valutare alcuni elementi. Il primo non può essere che la “vocazione” del territorio. La vocazione di un territorio dipende dalla sua posizione geografica, dalle sue qualità ambientali, dalla sua logistica perché è evidente che una località marina ha possibilità di sviluppo diverse e molto superiori di quelle di un’anonima località dell’entroterra. Ugualmente diverso il tipo di sviluppo proponibile per località posizionate sui flussi di traffico turistico nei confronti di località lontane da centri d’arte, cultura o semplicemente da bellezze naturali.

Un panorama complesso quindi da valutare con attenzione prima di prendere la decisione più saggia e più adatta a quel tipo di realtà territoriale. Una scelta consapevole che dovrebbe condurre in maniera naturale a scegliere diverse tipologie di interventi a seconda delle varie situazioni ambientali e logistiche. Si dovrebbero quindi vedere nel nostro territorio sorgere comparti edilizi per civile abitazione o centri commerciali accanto ad altrettante realizzazioni di tipo agricolo, a strutture di tipo zootecnico, artigianale, di produzione di energie alternative, di attività legate al turismo, sia di tipo artistico-culturale che naturalistico.

Pare invece che la strada intrapresa sia ben altra e che la decisone della politica vada tutta nella medesima direzione, quella di utilizzare il territorio sempre a senso unico, quello di sempre nuove realizzazioni edilizie.

Dovunque, nella nostra provincia, si costruisce. Si costruisce in piena città (almeno tre grossi cantieri, quello davanti alla Saint Gobaint ora recintato e quello Bulgarella a Pisa Nuova oltre che l’albergo e la zona residenziale sul viale delle Cascine); si costruisce a Calambrone, non solo alle vecchie colonie ma anche lato monte dove si ventila la realizzazione una nuova strada parallela alla litoranea; si costruisce perfino entro i confini del Parco.

Non solo a Vecchiano con Case di Marina, oramai quasi ultimate, ma anche lungo il viale dei Pini a Migliarino dove vecchie serre in ferro e vetro vengono “ristrutturate” in mattoni e cemento, e anche a Tirrenia con il grandioso progetto del Cosmopolitan Village, un villaggio da sogno (con cifre da sogno!) in piena zona parco.

CIACK SI VENDE è il titolo del volantino che invita all’acquisto. Si tratta infatti della zona dei vecchi stabilimenti cinematografici di Tirrenia che hanno avuto enormi difficoltà a tornare tali o comunque a rimanere uno spazio dedicato alla cultura, mentre non ne hanno avuto alcuno a diventare un “Village” con tutti i confort compresi ampi spazi verdi e piscine condominiali.

Una “piccola” variante approvata appena ieri del Piano Urbanistico della città di Pisa ha autorizzato la realizzazione di ben 2200 nuovi alloggi (di cui appena 280 popolari, forse un timido contentino agli amministratori).

Tutto questo dimostra che la politica non si è dimostrata in grado di combattere o almeno di regimentare e controllare questa deriva consumistica in cui porzioni sempre più vaste di territorio, talvolta anche molto pregiato come quello di un Parco naturale, vengono sacrificate e trasformate in zona edificabile per vari usi e consumi.

Rimane in sospeso l’annosa vicenda del Centro Commerciale a Migliarino dove il rifiuto dello spostamento dell’insediamento nella zona industriale, che il Comune ha predisposto appositamente per questo e che avrebbe sicuramente avuto il placet dall’Amministrazione Comunale, fa pensare ad altre mire da parte dei proponenti l’insediamento.

Succedono così due cose entrambe negative. La prima è che si rischia che lo sviluppo del territorio e il benessere della popolazione venga visto culturalmente e praticamente come legato in maniera assoluta ed esclusiva a nuove realizzazioni edilizie, considerando praticamente inesistenti o addirittura negando altre possibilità di miglioramento, di impiego, di proposte di sviluppo e lavoro alternative a quello di nuove costruzioni.

La seconda, ancora peggiore, è il consumo inevitabile di territorio che trasforma i paesi in semplici ammassi di anonime villette a schiera o di quartieri dormitorio come appendici di centri commerciali, le periferie in ambienti suburbani che non hanno definizione in quanto non sono città e nemmeno più sono campagna, un ibrido amorfo di nessuna utilità (e di nessun valore sociale).

Ma chi ci guadagna in tutto questo?

Non crediamo i cittadini che vedono aumentare continuamente l’inquinamento, il traffico ormai già caotico, la confusione e la perdita di quel rimasuglio di identità che ancora resiste con fatica almeno nei piccoli paesi.

Nemmeno alla lunga il Comune che si troverà ben presto a dover sistemare le nuove strade, a mantenere l’illuminazione pubblica, a garantire la sicurezza, smaltire i rifiuti, prevedere e provvedere a nuovi parcheggi, nuove scuole, asili eccetera.

Di sicuro chi ci guadagna, e anche molto, è invece chi progetta e costruisce.

E per poter far questo, con l’esperienza della grande società e la prepotenza delle enormi possibilità economiche, l’impresa che deve realizzare l’insediamento elabora la sua solita strategia, sempre la stessa e di comprovata efficacia.

Comincia la sua opera di condizionamento della politica non cercando di corrompere o comprare ma semplicemente condizionando, una forma di pressione ancora più efficace perché nei limiti della legge e quindi perfettamente sicura di non trovare ostacoli, specie quelli legali che potrebbero bloccare il progetto. Forti pressioni, specie politici, a livello locale e regionale, inserimento in organico di personalità che possono tornare utili, grandi promesse e grandi offerte, vantaggiose proposte di nuove realizzazioni pubbliche naturalmente carenti in ogni comune, nuovi posto di lavoro, un grandioso e meraviglioso scenario dove tutti sono felici.

La politica ha più volte dimostrato di non essere capace di opporsi a questo condizionamento e di cedere facilmente alle prospettive di un futuro benessere che poi, alla fine, premia solo chi costruisce, chi realizza l’intervento.

E’ lui che intasca, è lui il vero beneficiario finale di tutte queste realizzazioni. L’impresa progetta, realizza, intasca e se ne va. Va a proporre nuove costruzioni in un altra parte, con gli stessi metodi, con le stesse promesse, a giocare con le stesse carte perché il suo scopo non è migliorare la vita dei cittadini, costruire loro belle case o efficienti Centri Commerciali ma solo di guadagnare denaro per spartirlo con i propri azionisti e magari sostenere anche qualche candidato utile.

Alle Amministrazioni e ai comuni cittadini resta solo molto fumo, qualche promessa non mantenuta e un luogo oramai trasformato, impoverito, banalizzato, il segno tangibile di una sconfitta, una brutta ferita come lo è sempre una trasformazione irrimediabile di un territorio pregiato come il nostro.

Trilussa



 
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