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LA BATTIGIA di Trilussa
25/1/2009-
UN PESSIMO ANNO Il 2009, dicono gli analisti, sarà l'anno più difficile del decennio, il peggiore della nostra storia recente. Ci arriviamo allenati. I segnali di lutto e di tempesta sono sotto i nostri occhi...
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UN PESSIMO ANNO
“Il 2009, dicono gli analisti, sarà l'anno più difficile del decennio, il peggiore della nostra storia recente. Ci arriviamo allenati. I segnali di lutto e di tempesta sono sotto i nostri occhi. Oggi non ne faremo l'elenco. Piuttosto domandiamoci: sappiamo dove andare a cercare le forze per affrontare il futuro? La forza morale, soprattutto. Perché tutto questo passerà, ma c'è qualcosa che si consuma in un modo che appare irrimediabile. Parlo della fiducia. Nei propri simili, nelle persone che ci governano, nei vicini, alla fine in noi stessi.
Il fatto è che quando mancano le conferme ci si stanca di credere che la fatica sarà premiata, che i nostri sacrifici renderanno più libere le vite dei nostri figli. Il problema non è più soltanto chi usa sistemi scorretti e illegali. Il problema non è "chi salta la fila". Il problema è che la fila è proprio scomparsa. Si è dissolta assieme all'idea che osservare le regole sia il comportamento degli onesti e non degli idioti. Ne abbiamo continui esempi, anche nelle piccole vicende della vita quotidiana.” (Concita de Gregorio)
Concita è la direttrice dell’Unità ma il discorso che fa a fine anno non ha connotati politici, non fa propaganda, non distingue perché non vuol distinguere, non si rivolge a militanti o simpatizzanti di sinistra ma è uno sguardo sulla società nel suo insieme, sugli individui che la compongono senza distinzioni politiche.
E’ uno sguardo amaro e la direttrice utilizza la metafora della fila per rendere ancora più drammatica la situazione: non si tratta solo di “saltare la fila” un comportamento scorretto, incivile e maleducato che riguarda il singolo, uno fra tanti, (Concita aggiunge anche illegale perché il passo può essere breve), ma è proprio la fila che è scomparsa, è scomparsa oramai la regola, l’educazione, la moralità.
Stiamo costruendo un mondo dove, come dice giustamente la giornalista, rispettare le regole sta diventando, ogni giorno si più, un comportamento da idioti, di quelli che non hanno capito, dei ritardati che pensano ancora che fare gli onesti si guadagni in rispetto, si conquisti la stima, si venga considerati bravi cittadini e buoni padri di famiglia.
Agli occhi dei più invece questi appaiono semplicemente come degli idioti, idioti che non hanno capito che le regole si possono e debbono infrangere, che le regole sono dei deboli, dei buoni a nulla, di coloro che non hanno i mezzi né intellettuali né materiali per difendersi, che non contano niente, che non sanno ripararsi dietro “i miei avvocati”, che non danno del “tu” a quelli che contano.
La direttrice dell’Unità molto probabilmente, per la sua posizione professionale, cala il discorso in un contesto più ampio ed ha forse in mente le ultime dolorose vicende che hanno visto coinvolti esponenti prestigiosi del partito a lei più vicino, quel Partito Democratico che sembrava immune dal coinvolgimento in atti giudiziari. Il discorso però è applicabile, purtroppo, alla vita di tutti i giorni, alla società comune in generale.
E’ la perdita della fiducia in generale che aggrava le già precarie condizioni del cittadino che in questo nuovo anno deve già affrontare la grave crisi economica nazionale.
La fiducia nei politici lontani e rinchiusi nella loro cittadella di antichi e consolidati privilegi, la fiducia nella giustizia lenta e spesso non uguale per tutti, la fiducia nei giovani talvolta esempi straordinari ma troppo spesso campioni di maleducazione, inciviltà, menefreghismo, incoscienza.
E poi la sfiducia e la mancanza di regole si fa più vicina e coglie i rapporti col vicino, con il conoscente, con il compagno, con l’amico. L’individualismo sfrenato e il conseguente posizionamento del nostro”io” al centro del mondo, della società, degli spots pubblicitari in televisione con la formula “perché voi valete” fanno il resto. Si è diffidenti, incerti nelle relazioni umane, non riusciamo quasi più a parlare con chi ci sta vicino, con chi amiamo. Abbiamo sempre maggiori difficoltà di relazione, siamo taciturni, scontrosi, introversi, frettolosi, superficiali.
E’ vero che anche il sentimento di insicurezza, in parte reale, ma in gran parte esasperato politicamente incide molto nel nostro comportamento e ci invita alla prudenza, ma siamo noi, dal di dentro, che siamo cambiati.
Quando in una sala d’aspetto o ad un supermercato si incontrava un bambino piccolo era piuttosto normale porgere una carezza, magari semplicemente sfiorarlo con una mano con un gesto innocente di tenerezza, di amore. Ora questo gesto ha progressivamente perduto la sua innocenza e non solo viene guardato con un certo sospetto dalla mamma del bambino, ma noi stessi non siamo completamente sicuri del significato che chi osserva può dare alla confidenza. Come non salutiamo più quelli che incontriamo in un luogo ristretto, su una pista da sci, in sala d’aspetto dal dentista, in un pubblico ufficio.
Siamo cambiati ed abbiamo progressivamente perduto, senza neanche accorgerci, il retaggio della vita dei nostri nonni. Quando il paese era povero di mezzi ma ricco di ideali, quando il futuro era una incognita meravigliosa e piena di promesse, quando gli affari si concludevano con una stretta di mano, quando la solidarietà della comunità sapeva compensare le carenze, le difficoltà, le mancanze, le lontananze.
Quando onore era una parola ancora con un significato, quando la fiducia reciproca era la regola prima, quando i maleducati venivano redarguiti e non sopportati per non avere guai, quando la gente che incontravamo per strada sorrideva, quando si aveva la fiducia nel prossimo. Fiducia oramai perduta nelle quotidiane violenze metropolitane, nei privilegi e nelle scorrettezze dei politici, nei litigi col proprio vicino, nel tradimento per interesse dell’amico, nella truffa della propria banca, nella maleducazione generale, nella scomparsa generale della vergogna e nella sua sostituzione col menefreghismo, con la furbizia interessata, con il disinteresse, il contrasto delle regole.
Una società senza regole certe e condivise non è una società compiuta ma un insieme di individualismi dove vige la legge del più forte e dove i più deboli, inevitabilmente, avranno sempre la peggio. Dove l’individuo si sentirà sempre più solo, abbandonato, rifiutato e reagirà aumentando la sua quota di aggressività, di sfiducia, di contrasto alle regole di una società che sarà vista non più come una entità amica che ti porge la mano nel bisogno ma come il nemico da combattere, da contrastare e da cui ti devi difendere con tutti i mezzi, leciti o illeciti che siano, senza che faccia una grande differenza.
Trilussa
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