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LA BATTIGIA di Trilussa
16/11/2008-
LA COSCIENZA PERDUTA
L’altro giorno mi è capitato di assistere al programma di Augias. Corrado Augias conduce una trasmissione su Rai 3 verso l’ora di pranzo e consiglio a tutti...
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LA COSCIENZA PERDUTA
L’altro giorno mi è capitato di assistere al programma di Augias. Corrado Augias conduce una trasmissione su Rai 3 verso l’ora di pranzo e consiglio a tutti, se possibile, di seguirla perchè è una delle ultime trasmissioni intelligenti che siano rimaste in televisione e se le cose continuano ad andare per questo verso non sappiamo quanto ancora potrà durare. Non è una trasmissione politica o di intrattenimento ma la presentazione di un libro con la presenza dell’Autore ed è spesso l’occasione per affrontare, con una pacatezza e una profondità oggi piuttosto rare, gli argomenti più caldi del nostro tempo.
E’ una trasmissione intelligente, perciò, da noi, è a rischio.
Comunque da Augias era ospite Gianrico Carofiglio a presentare il suo ultimo libro “Né qui né altrove. Una notte a Bari”.
Carofiglio è un magistrato ancora in attività ed autore di molti libri di successo fra cui ricordiamo “Testimone inconsapevole”,”L’Arte del dubbio” e quel “Il passato è una terra straniera” da cui è stato tratto un film in visione nelle sale proprio in questi giorni.
Hanno parlato della città di Bari e del degrado di quella bellissima città tuttavia con parole di speranza ma quello che nella loro discussione mi ha colpito maggiormente è un concetto espresso dal magistrato che mi è parso importantissimo, tanto da volerlo sottolineare in questa nostra rubrica.
E’ una cosa, un sentimento ad essere precisi, che abbiamo perso, qualcosa di prezioso che abbiamo visto lentamente svanire dalla nostra vita, dalla vita politica prima di tutto ma poi anche dalla vita comune, da quella di tutti i giorni, dalle persone che ci stanno intorno e poi anche da noi stessi: il sentimento della vergogna!
Da un po’ di tempo non ci vergognamo più! Commettiamo sciocchezze, ingenuità, leggerezze, talvolta atti ai limiti ed oltre la legge ed il nostro atteggiamento mentale non è più quello, sano, della vergogna, del rimorso, della contrizione e della consapevolezza di aver fatto qualcosa di male o di sbagliato. Quello che ci assale per primo, che ci fa reagire anche con una certa rabbia è invece quello della ribellione, della immediata riduzione dell'avvenimento a qualcosa di poco o nulla importante, spesso addirittura un sopruso nei nostri confronti, un ostacolo alla nostra libertà di agire. Lo abbiamo perso, quello che costringeva a riflettere, ci spingeva a capire che avevamo fatto qualcosa di sbagliato, che ci costringeva al rimorso e ci impediva di ripetere lo stesso errore. Un sentimento che ci faceva cittadini sicuramente migliori.
La scomparsa attuale della vergogna si manifesta nel modo più eclatante ed evidente nel comportamento dei nostri politici.
Questi, per uso molto comune, non solo non pagano civilmente e/o penalmente le conseguenze degli atti criminosi che hanno commesso, ma addirittura considerano questi atti normali o peggio si limitano a classificarli come limitazioni della loro libertà di espressione.
Eliminano cioè, dal cattivo comportamento come dal reato, qualunque valenza morale, trasformandoli in semplici artifici tecnici, da sistemare solo sotto l'aspetto tecnico, o al limite legale, fra e con i propri avvocati. Un fastidio, un semplice intralcio alla loro normale attività politica di fronte alla quale i reati di corruzione, malversazione, ladrocinio, peculato, bancarotta perdono valore e diventano solo distrazioni, noiosi impedimenti di cui liberarsi in fretta per poter portare a termine la loro vera missione di affrontare e risolvere i problemi del paese.
Non sono pochi gli inquisiti e i condannati che siedono tranquillamente in Parlamento, fanno le leggi (per gli altri), vengono chiamati onorevoli ed ossequiati nonostante condanne passate in giudicato, che pare valgano per gli altri ma non per loro. Sono l’esempio più lampante della mancanza di questo sentimento un tempo nobile della vergogna.
Altro motivo di imbarbarimento che deve far riflettere è la considerazione che questi personaggi pubblici hanno in una parte (solo una parte, fortunatamente) del paese che li vede come l’incarnazione della furbizia, del saper fare, del successo talvolta e li giustifica e li invidia non scorgendo in loro un comportamento incivile o delittuoso, quello che li dovrebbe fare vergognare di fronte ai cittadini, alle proprie famiglie, ai propri elettori e infine di fronte e se stessi.
Alla domanda infine da dove si deve partire per ristabilire un certo ordine morale alla nostra società non si può che rispondere che dal basso. Ognuno di noi deve essere giudice del proprio comportamento e rifiutare tutte quelle azioni, sia pure di portata modesta, che rientrano nella categoria della maleducazione, inciviltà, mancato rispetto per gli altri e quindi anche per se stessi. In questi casi un sano senso della vergogna per il nostro agire scorretto sarebbe di grande aiuto.
Trilussa
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