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PICCOLO E' BELLO
15/8/2010-
di TRILUSSA
Sono forse più belle le nostre spiagge in estate con le file interminabili di ombrelloni e di bagnanti a ridosso uno dell’altro, di venditori abusivi di ogni genere, di orde di bambini che giocano al pallone, di autoradio e telefonini che suonano in continuazione
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PICCOLO E’ BELLO
Sono forse più belle le nostre spiagge in estate con le file interminabili di ombrelloni e di bagnanti a ridosso uno dell’altro, di venditori abusivi di ogni genere, di orde di bambini che giocano al pallone, di autoradio e telefonini che suonano in continuazione all’orecchio di persone che parlano a voce alta di loro faccende private senza tener conto che tutta la spiaggia partecipa agli affari loro, alla loro gioia o alla loro disperazione, rappresentando una delle nuove e peggiori maleducazioni del nostro tempo?
Sono più belle e affascinanti le nostre straordinarie città turistiche ricche di monumenti e vestigia storiche se percorse da migliaia di auto in movimento, con inquinamento, polveri, confusione, rumori, lavavetri, droga e puttane?
E’ forse più bello e più utile, anche, un Parlamento con 630 deputati e 334 senatori e la pletora di segretari, vicesegretari, portaborse, inservienti, custodi, barbieri, camerieri, rammendatrici, guardarobiere, autisti, addetti alla sicurezza, ristoratori e camerieri?
Sono più belli, infine, i Parchi con tante auto e persone dentro che si occupano degli affari loro, che fanno il bagno e prendono il sole sulla spiaggia, che si comportano senza rispetto e magari lasciano anche i loro rifiuti senza nemmeno avere idea o accorgersi di dove si trovano, della bellezza che li circonda, della natura che li avvolge?
Sono più belli i paesi trasformati in periferie urbane dove i ragazzi non hanno piazze per giocare, non hanno più i campi sportivi perché oramai recintati, non hanno più spazi verdi perché trasformati in parcheggi e al loro posto solo strade intasate di automobili, traffico, confusione, rumori e inquinamento?
Pare proprio di si perché in effetti è quello che sta accadendo.
E’ lo scenario futuro dove pare di vogliano condurre tutti gli atti dei nostri Amministratori pubblici, quelli da noi indicati come tutori e programmatori della nostra futura vita civile.
Costruzioni, costruzioni, abitazioni, alloggi, appartamenti, opere di ristrutturazione, di ampliamento di locali, di case, di edifici, di piste, di porti, di strade, di paesi, di comuni, di intere città.
Una programmazione che arriva dall’alto, ora anche in ambito sovracomunale pretendendo di imporre scelte su ogni più piccola comunità, in ragione di una programmazione superiore per il bene di tutti.
Una scelta probabilmente logica ma prima di questo servirebbe una valutazione attenta degli obbiettivi che si vuole raggiungere con all’apice una migliore qualità della vita, una conservazione religiosa del territorio che, ricordiamoci, è un bene consumabile ed esauribile. Prima di fare delle scelte irreversibili essere comunque consapevoli delle volontà di sviluppo delle singole comunità che possono avere idee diverse, desideri diversi, prospettive diverse. Una democrazia partecipativa che spesso rimane solo una bella utopia, uno scritto abbandonato su un programma usa e getta ad uso esclusivamente elettorale.
Aumentare, accrescere, sviluppare, espandere, produrre, crescere, avanzare, consumare, spendere, ampliare sono i verbi del nostro presente e tutto nel nome del grande artefice della felicità umana, da cui dipende il piacere, il godimento, la delizia della nostra vita: il Progresso.
E allora lo sviluppo diventa “compatibile”, la conservazione diventa “attiva”, le nuove costruzioni diventano “integrate”, le nuove strade “funzionali”, i nuovi quartieri “sviluppo abitativo”, l’aumento degli esercizi commerciali “nuove opportunità per il consumatore”. L’aggressione micidiale delle auto anche nei paesi, oramai congestionati dalle macchine, ha dovuto addirittura costringere i relatori dei piani di sviluppo territoriale a creare una nuova entità urbanistica, il centro storico, ultimo strenuo baluardo di difesa del cuore della vita della comunità dall’aggressione barbara del traffico.
Basta una frase, anzi un semplice aggettivo, e il gioco è fatto. Tutto va al suo posto, tutto è in funzione del nostro benessere, del nostro equilibrio, del miglioramento della qualità della vita nostra e dei nostri figli.
L’impressione è però sgradevole, sembra di andare in un futuro un po’ confuso dove la felicità sia strettamente legata alla quantità di cose materiali che possediamo, alla grandezza della nostra auto, alla spaziosità della nostra casa, meglio se doppia o tripla, alla velocità con cui viviamo la nostra vita, alla rapidità con cui riusciamo a esaudire ogni nostro più piccolo desiderio.
Una felicità di facciata piuttosto che un benessere interiore, quella felicità profonda che sentiamo dentro di noi di fronte da un tramonto sul mare, a un paesaggio deserto, ai rumori soffusi della natura, alla bellezza di un cielo stellato, ricordo di sensazioni di un’infanzia purtroppo lontana, tutto svenduto a favore di una nuova strada o di un nuovo parcheggio, di un nuovo centro commerciale, di un nuovo quartiere nella periferia urbana, di una vita vissuta di fretta.
Sempre più persone stanno però riscoprendo la bellezza della natura, il contatto fisico con l’ambiente, l’immersione in un mondo ancora non raggiunto dalla civiltà ed il turismo naturalistico è in costate e straordinaria crescita.
Chi ha la fortuna di avere conservato con rispetto l’ambiente ha questo in mano, questa è la sua grande ricchezza.
Ma non basta, servono poi gli uomini giusti, servono amministratori attenti e lungimiranti che sappiano operare per trasformare, con grande attenzione e rispetto, questa ricchezza naturale in ricchezza sociale, in posti di lavoro, in nuove opportunità per i nostri giovani.
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