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LA BATTIGIA di Trilussa
26/4/2009-
FOLLIA METROPOLITANA (DUE)
….Abbiamo bisogno, pronti ad acquistarla sia genuina che contraffatta, della merce sicurezza.
Ma come, chi può difenderci da noi stessi? Se due uomini, ciascuno con moglie e figli...
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FOLLIA METROPOLITANA (DUE)
Estratto da “L’opinione” di Mino Fuccillo dal Tirreno del 17/4/09.
(Mino Fuccillo è stato per molti anni giornalista di Repubblica, per un breve periodo direttore dell’Unità ed attualmente è stimato opinionista del gruppo editoriale L’Espresso)
“….Abbiamo bisogno, pronti ad acquistarla sia genuina che contraffatta, della merce sicurezza.
Ma come, chi può difenderci da noi stessi? Se due uomini, ciascuno con moglie e figli in macchina, litigano a sangue per un parcheggio, se uno dei due viaggia con un coltello in tasca, lo estrae, insegue e colpisce a morte il “nemico”, chi è davvero il nemico della nostra sicurezza?
Possiamo cercare di addolcire l’impatto della storia: l’assassino non era proprio “uno di noi”, aveva precedenti per spaccio di droga. Non uno di noi ma certo non un mostro.
La sua violenza è stata, confessiamolo, solo quantitativamente superiore a quella che registriamo, viviamo, nutriamo, talvolta sfioriamo ogni giorno, perfino dentro noi stessi. Eguale invece la qualità, la natura di quella violenza: avvertire il prossimo come un rivale, uno sfidante, uno da cui difendersi, eventualmente abbattendolo. Con la voce grossa in una lite, oppure con una spavalda prepotenza.
E’ questa la norma, il comportante ammirato, prescritto, di certo non bandito come incivile. E non è colpa della società cinica e bara, non vale l’alibi chiamato stress. E’colpa di una generale abdicazione, di una rinuncia culturale alla fatica di essere cittadini, cioè animali sociali…..
E’ una mutazione culturale che si diffonde e si afferma in una selezione etica alla rovescia che vuole e predica “sopravvive il più cattivo”.
Follia metropolitana hanno detto. Metropolitana certo, è una storia di città. Follia non tanto: accade ogni giorno, cento, mille volte. Quasi sempre senza il morto, ma sempre con la voglia di far fuori il “nemico prossimo tuo”.
Può non piacere, può sembrare esagerato e proprio per questo si può correre il rischio di sottovalutare questo fenomeno violenza che sta crescendo nel nostro paese.
Violenza non certamente solo fisica, che può essere un estremo, ma una violenza in costante aumento in tutti i campi, in tutti i giorni della nostra settimana, in ogni momento della nostra esistenza.
Violenza verbale in uno scritto contro qualcuno che la pensa diversamente, violenza sul posto di lavoro per una posizione di preminenza gerarchica, violenza culturale sul più debole, violenza di privilegio per nascita, per posizione sociale, per possibilità economica o per attribuzione politica.
A volte una violenza molto più spicciola nel comportamento stradale, negli uffici pubblici, nella scuola. Forse in molti casi può chiamarsi più semplicemente maleducazione ma il confine è spesso indistinto e un comportamento maleducato contiene sempre in sé qualcosa di violento, qualcosa di imposto, una sopraffazione dunque.
Oramai corriamo il rischio di non riconoscerla più, di accettarla oramai come una normale componente della nostra vita quotidiana.
Qualcuno cerca anche di toglierle il suo valore negativo, antisociale e la declassa ad una più innocua ed innocente “competitività”. Una parola più dolce, addirittura apparentemente positiva perché spinge l’uomo, il cittadino ad impegnarsi di più, a guadagnare di più per avere di più, che lo costringe a correre di più, che gli impone di consumare di più.
Non riconoscere questo elemento negativo nella nostra società è forse ancora più grave dello stesso comportamento aggressivo.
Perché non riconoscere questa violenza, latente o talvolta drammaticamente manifesta nel nostro vivere di ogni giorno, impedisce anche di approntare le giuste contromisure, le correzioni necessarie per alleggerire questo continuo clima di tensione, di continua competizione, questa lotta in cui bisogna difenderci sempre da qualcuno, da qualche avversario.
Nell’altro oramai vediamo quasi sempre un nemico, qualcuno che ci può danneggiare, ostacolare, che ci può in qualche modo intralciare e la risposta che diamo è condizionata enormemente dalla nostra cultura, dai segnali che ci arrivano dall’esterno, fondamentalmente dal comportamento degli attori del mondo che ci circonda.
E il mondo che ci circonda non è proprio un esempio di pace e fratellanza.
I film specie made in USA ma non solo, i videogiochi diffusi oramai in tutte le case ma specie in quelli con bambini e adolescenti, moltissime trasmissioni televisive, i giornali scandalistici, il gossip, la stessa politica si nutrono quotidianamente di violenza, sopraffazione, scontro e tutto questo, inevitabilmente ed inesorabilmente ci coinvolge e diventa, piano piano, lentamente, parte di noi.
Molti riferiscono che in casa hanno un fucile pronto per eventuali intrusioni di estranei e dichiarano apertamente le loro intenzioni non certo pacifiche. Un recente provvedimento di legge proposto dalla Lega Nord rende legale uccidere un intruso in casa propria senza la necessità (come era prima) che questo abbia un arma e minacci la tua incolumità. Se entra in casa di nascosto gli si può sparare a prescindere, si uccide ma si rispetta la legge.
In questi giorni si celebra il processo a due commercianti che hanno inseguito ed ucciso a bastonate un ragazzo nero che aveva rubato un pacco di biscotti. Forse il suo colore ha contribuito, il giudice non ha ancora deciso.
I recenti cori razzisti a Balottelli sono solo il rovescio di una brutta medaglia italiana, il segno del livello di imbarbarimento e di decadenza culturale e civile a cui siamo giunti.
Personalmente ritengo in gran parte colpevole di questo lo strapotere televisivo e una non attenta valutazione dei danni che certi programmi televisivi e certi comportamenti possono comportare sulla formazione dei cittadini. Pare invece che l’attenzione censoria sia diretta in tutt’altra direzione, ma ognuno ha la sua opinione in merito.
Mi consolo con le immagini televisive dei soccorritori dei terremotati, questa brava gente che offre e riceve molto, queste persone straordinarie che ringrazio di esistere.
Siamo un popolo passionale e possiamo essere molto grandi nelle disgrazie ma molto piccoli nella vita quotidiana. Ci mettiamo in entrambe molta passione, qualche volta è utile, qualche volta invece uccide.
Trilussa
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