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LA BATTIGIA di Trilussa
6/9/2009-
RIFLESSIONE
Oggi mi è accaduto un fatto che mi ha fatto porre la domanda se io nella mia vita ho mai rubato. Non parlo di un possibile reato come impossessarsi in maniera fraudolenta di denaro o di beni di altri, di questo sono sicuro senza nemmeno...
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RIFLESSIONE
Oggi mi è accaduto un fatto che mi ha fatto porre la domanda se io nella mia vita ho mai rubato.
Non parlo di un possibile reato come impossessarsi in maniera fraudolenta di denaro o di beni di altri, di questo sono sicuro senza nemmeno doverci pensare, ma di essere entrato in possesso di qualunque cosa, anche di minimo valore, che però apparteneva ad altri senza averne pagato pegno, né in denaro nè in azioni.
Ecco che mi è venuto in mente un episodio di molti anni fa.
Andavo al liceo, vicino alla Stazione Centrale a Pisa e lungo la strada fino alla scuola ricordo almeno due edicole che esponevano i loro giornali. Al tempo non esistevano gli inserti e tutte quelle sciocchezze che usano oggi e l’offerta giornali e riviste non era abbondante come oggi tuttavia l’esposizione occupava un certo spazio lungo la strada. Fra i tanti giornali esposti sul banco dell’edicola c’erano anche alcune riviste diciamo “spinte”per quei tempi , che mostravano cioè donne completamente nude.
Non ricordo con quale preciso meccanismo ma mi trovai in possesso di una di queste riviste, sicuramente però senza averla pagata. Credo che la spinta fosse non tanto il desiderio di rubarla quanto quello della vergogna di chiedere all’edicolante un articolo così particolare.
Ricordo anche la rivista, un libretto di piccolo formato con pagine di donne completamente nude. Non espressamente pornografica, non si vedevano accoppiamenti o corpi maschili, ma semplicemente donne nude. Foto, ricordo, in bianco e nero ed in ogni pagina una serie di foto di una ragazza diversa che mostrava completamente la sua natura. Una bella natura pelosa, una natura ancora naturale.
Mi sembrarono bellissime.
C’era di mezzo l’età, gli ormoni a pronta presa, la scarsità di ragazze disposte a svelare a noi ragazzetti i loro più gelosi misteri. Le ragazze al tempo di cui parlo erano “diversamente disponibili” e non c’era la pornografia a portata di mano come oggi, che abbonda in ogni luogo e sfiora addirittura i programmi di prima serata. Non c’era Internet e l’unico giornale che ricordo girava con immagini interessanti era Play Boy che ci passavamo fra ragazzi quando qualcuno osava acquistarlo o lo scopriva lungo qualche ciglio della strada nei luoghi di solito frequentati da prostitute (quelle non sono mai mancate dalle nostre parti).
Guardai il giornale con curiosità ed apprensione ma dentro di me c’era qualcosa che non andava. Mi ero pentito. Era una cosa che non avevo mai fatto, che non avevo mai nemmeno pensato di poter fare. Tornai indietro e mentre l’edicolante era distratto da un cliente lo gettai di nuovo fra gli altri giornali.
Penso sia stata la mia unica occasione in cui mi sono appropriato di qualcosa d’altri.
Perché essere onesti, non rubare, è una cosa che deve essere dentro di noi, ce l’abbiamo o non ce l’abbiamo. È il lascito dei nostri genitori, della nostra scuola, dovrebbe essere l’insegnamento di una società giusta che premia gli onesti e castiga con giustizia i disonesti.
Poi ci sono diversi gradi di disonestà. C’è chi ruba, chi evade le tasse, chi si appropria in maniera indebita, chi truffa, chi estorce. Questi sono solo comportamenti non solo eticamente scorretti, ma anche veri e propri reati, perseguibili penalmente.
Non parlo però di questi. Parlo di quelle cose più piccole, minute, occasioni di disonestà che possono capitare a tutti e tutti i giorni. Se per organizzare una truffa ad esempio ci vuole tempo, studio, preparazione, organizzazione per queste piccole cose tutto questo non è indispensabile.
Se sei al supermercato e ti metti nella tasca della giacca, non so, un biglietto di auguri con scritto “Buon Compleanno Paparino mio” o un paio di calzini nessuno ti controllerà mai alla cassa dove c’è sempre una grande fila. Puoi essere scoperto da un inserviente oppure inquadrato da una telecamera di sorveglianza ma chi fa queste cose sa benissimo come fare. Sono solo i citrulli, o i malati di cleptomania che non sanno controllarsi, o i grandi indigenti che hanno fame che si fanno scoprire. Le signore ben vestite o il professionista serio (apparentemente) sanno perfettamente come fare.
E’ talmente impossibile un controllo totale dei clienti in un supermarket che ogni azienda ha una voce di bilancio dove vengono riportate le perdite previste per questo tipo di furti, che difficilmente, comunque mette in crisi l’azienda. Anzi credo poi che questa perdita venga tranquillamente ripartita sui clienti onesti che dovranno pagare in più anche quello che altri hanno rubato.
Quindi non è la paura di essere scoperti che impedisce ai più, quelli onesti che sono la stragrande maggioranza, di compiere questi piccoli furti ma è solo la loro dirittura morale, il sapere che è sbagliato, che non si fa.
E’il principio che fortunatamente esiste ancora in questa nostra società un po’ approssimativa anche se spesso scalfito da alcuni ragionamenti della gente cosiddetta comune che vanno dal “tanto lo fanno tutti”, al “ma che vuoi che sia, ci sono cose più importanti” e simili che tendono non a negare l’irregolarità dell’azione quanto a sminuirne l’importanza derubricandola da reato (quello che è) à sciocchezza o banalizzandola come cosa di poco conto che non fa male a nessuno.
Si corre il rischio di considerare questo comportamento incivile, che si accompagna poi ad altre piccole cose come il mancato acquisto del biglietto per i mezzi pubblici, per il parcheggio, per l’abbonamento Tv eccetera, come quello normale, quello dei furbi, di quelli “che sanno stare al mondo” mentre il non aver mai rubato niente passare da comportamento degno di encomio a condotta da stupidi. Quello cioè di persone ottuse che non hanno capito niente di come ci si deve comportare in questa civiltà competitiva dove se si vuole sopravvivere e andare avanti ci si deve arrangiare e dove non hanno più senso i sani principi dei nostri padri, di quella vecchia civiltà contadina dove l’onestà era riconosciuta e apprezzata e gli affari si concludevano semplicemente con una stretta di mano.
Faccio parte degli stupidi, senza dubbio, ma credo e spero di essere ancora una buona maggioranza.
Trilussa
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