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LA BATTIGIA
di Trilussa



24/5/2009- UNA VITA DA MAESTRO
«Sono stato in una classe poco tempo fa, ho chiesto ai bambini cosa sognassero di fare, uno mi ha risposto 'il miliardario', ovviamente in euro, 'così mi compro due belle ragazze e due macchine'....


UNA VITA DA MAESTRO



«Sono stato in una classe poco tempo fa, ho chiesto ai bambini cosa sognassero di fare, uno mi ha risposto 'il miliardario', ovviamente in euro, 'così mi compro due belle ragazze e due macchine'. Gli altri ne hanno fatto subito un leader. Nel 'mi compro' c'è un'idea di mondo. Se vogliamo una speranza come scuola dobbiamo inventarci un sistema per fermare questo mercato. Non so se l'idea che ho saprà farlo. Sperimentiamo, poi magari alla fine scopriremo che non vale, ma almeno proviamo».



E’ una frase di un vecchio insegnante, vecchio davvero perché Mario Lodi è del 1922.

Ha iniziato la sua attività di insegnante elementare nel 1940 ed è andato in pensione dopo quasi 40 anni di attività. E' anche autore di numerosi saggi sulle sue esperienze pedagogiche, oltre che di numerosi racconti per bambini scritti insieme ai suoi studenti, fra cui Bandiera, La Mongolfiera e l'ormai leggendario Cipì. Nel 1977 ha ricevuto il Premio Viareggio per “Il paese sbagliato” e nel 1989 il Premio Lego - nonchè la laurea honoris causa in pedagogia dall'Università di Bologna.

Lodi si è sempre occupato di bambini, da quando il primo giorno di insegnamento, ai tempi in cui il maestro insieme con il parroco, il medico e il sindaco era l'autorità del paese, è sceso dalla cattedra e si è messo seduto su una sedia insieme a loro, per essere alla loro altezza rifiutando, già da allora il concetto di una scuola autoritaria, come era appunto quella del suo tempo.

Ora però il nemico è diverso ed è rappresentato da quella TV e computer che sradicano sempre di più i bambini dalla vita reale per proiettarli in un mondo virtuale, che oltretutto loro non sanno ben distinguere, e che li spinge sempre di più a credere che l’avere conti di più dell’essere e del sapere.



Lodi spiega ai bambini che in una conversazione uno ascolta l’altro, che parla lentamente, e poi risponde mentre la televisione parla velocemente, senza attendere risposte, perché deve vendere, c’è la pubblicità, l’Auditel e non vuole e non ha tempo di ascoltare cosa l’altro abbia da dire. Cerca di spiegare loro questa differenza e afferma con convinzione che in realtà i bambini sono in grado di ascoltare con attenzione quello che i grandi dicono e sono già in grado di interpretare la realtà anche se molto piccoli. Infatti quando disegnano, anche in tenerissima età, non sbagliano e mettono la terra in basso facendo una riga orizzontale e il cielo in alto. E’ quello che sta in mezzo che devono ancora riempire. E’ questo il grande compito dell’insegnante e Mario, una volta sceso dalla cattedra e messosi su una sedia, parte dalla costituzione: “Non per leggerla, ma per viverla, in aula, a sei anni, perché la scuola non può accontentarsi di leggere e scrivere, deve crescere cittadini responsabili”.



L’idea fondamentale di Mario Lodi è trasformare l’aula in una specie di piccolo stato partendo dal concetto che i bambini che arrivano in classe hanno già un sapere, che non va sottovalutato, ma da cui bisogna partire per replicare il metodo con cui lo hanno appreso.

Il primo obbiettivo è quindi creare delle regole condivise da entrambi e stabilire, ad esempio, i metodi con cui parlare ed ascoltare. Poi il primo compito che è quello di abbellire la classe, di renderla più accogliente attraverso il contributo di tutti, perché così diventa casa e la si rispetta, un primo piccolo passo verso l’educazione ed il rispetto degli altri e della cosa pubblica: il miglior antidoto verso il vandalismo.



«Quando si ragiona di cambiare la scuola», continua Lodi «lo si fa sempre partendo da un'idea astratta e quando si insegna si tende a farlo dall'alto. Invece io credo che si impari meglio se un maestro parte dal basso, dal punto di vista del bambino, creando continuità con il suo apprendere prima della scuola. Perchè funzioni serve una costante comunicazione con le famiglie, ma è meno difficile di come sembra: se quel che si fa a scuola si traduce ogni 15 giorni in un giornalino le informazioni passano».


E’ lo stesso concetto del “fare insieme” di don Lorenzo Milani ed infatti c’è stato uno scambio continuo di lettere fra i due insegnanti, così simili nel mettere il bambino al centro di tutta l’opera educativa.

Sul maestro unico Lodi usa il ragionamento più logico e distante dalle varie strumentalizzazioni politiche e dice che non fa differenza se sono uno o tanti ma conta molto come sono, la loro qualità più che la loro quantità. Lo stesso sul tempo pieno, utile se serve per educare e formare, inutile se rappresenta solo un parcheggio.



Nell’intervista poi affronta il problema dei nuovi media.

Prima dell’arrivo della televisione i bambini vivevano in un mondo reale da cui traevano gli elementi per la loro formazione. Ora si trovano davanti due mondi, quello reale e quello virtuale della Tv e di Internet. Naturalmente non si può rifiutare quello virtuale ma non bisogna permettere che i bambini abbandonino completamente l’osservazione del mondo reale che li circonda, l’osservazione diretta delle persone, dell’ambiente.

Bisogna metterli in guardia, dice sempre Mari Lodi, che la realtà non è così violenta come appare alla Tv, che i violenti sono solo una minoranza e che loro sono la speranza, loro debbono reagire perché solo i giovani sono in grado di cambiare il mondo.

Debbono cioè imparare che il linguaggio della televisione è diverso dal linguaggio reale, quello che
noi usiamo per comunicare. Bisogna insegnare loro che la televisione, Internet e i nuovi mezzi di comunicazione sono importanti per quello che ci possono dare, ma che ci trasmettono anche cose negative che noi dobbiamo conoscere. I bambini ci ascoltano, dice Mario Lodi, un vecchio insegnante di 87 anni con le idee molto chiare, e attentamente anche, basta saper usare le parole giuste.

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