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di Madamadoré



28/1/2009- IL BAMBINO SOVRANO
Le famiglie hanno un nuovo fenomeno di cui preoccuparsi: il bambino sovrano. …c’è una difficoltà evidente che rende fragili, anzi fragilissimi, i genitori trasformandoli in figure pallide...


IL BAMBINO SOVRANO



Le famiglie hanno un nuovo fenomeno di cui preoccuparsi: il bambino sovrano.



c’è una difficoltà evidente che rende fragili, anzi fragilissimi, i genitori trasformandoli in figure pallide più simili a nonni che non a genitori…

…questa generazione di genitori figli di sessantottini ha tentato di risolvere i nodi lasciati in sospeso dalle generazioni precedenti con una vicinanza estrema ai figli, con una necessità di confidenzialità assoluta..



L’allarme arriva dai pediatri, dai pedagogisti e da tutti gli esperti del settore. Il fenomeno pare colpire indistintamente le famiglie. Ma chi è il bambino sovrano?

Il bambino sovrano è un figlio, non sempre unico, cercato, arrivato nel tempo stabilito da una coppia. Una coppia di adulti che decide di avere un figlio dopo che c’è la casa, il lavoro e una relazione stabile.

Questo è senz’altro una cosa positiva, ma nasconde delle insidie. L’ arrivo di un figlio rimette in discussione un ordine che si era costruito, ne sovverte tempi, spazi e ruoli, tutto va ridefinito e non è cosa facile.

Inoltre l’arrivo di un figlio in così fatte condizione è caratterizzato da un cumulo di aspettative e di proiezioni di grande quantità e livello. Un figlio ha bisogno delle aspettative, delle proiezioni e dei sogni dei genitori, ma ha altrettanto bisogno di sogni sfumati, opachi dove ci sia posto per i suoi sogni, per le sue aspettative che non sempre coincidono con quelle dei genitori.

Il bambino sovrano è un bambino altamente protetto, salvaguardato da ogni sorta di pericoli, si parla infatti di generazioni senza ginocchia sbucciate. La famiglia tende a proteggerlo oltre ogni aspettativa, si protegge dal dolore, dalla frustrazione, ma la famiglia dimentica che queste esperienze è meglio farle in un ambiente protetto come è la famiglia, una sorta di palestra delle emozioni, dei piccoli dolori, delle frustrazioni.

I limiti, i no rientrano in questo quadro. Molto spesso le mamme che lavorano spesso con tempi uguali a quelli dei padri, si trovano a far i conti con il senso di colpa tra l’esigenza di essere fuori, di occuparsi di sé e di occuparsi dei figli, e allora il tempo con i figli diventa sempre più un tempo carico di tentativi di saldare un debito, ….non posso brontolarlo quel poco tempo che ci sto…è una frase ricorrente.

Tre bambini su cinque, secondo una recente indagine effettuata su bambini di sei anni, dorme ancora nel lettone. E i padri? Spesso in cameretta…

Sempre più frequente è l’indicazione dell’allattamento al seno su richiesta, è il bambino che troverà i suoi ritmi, che decide quanto e quando…ma se questa indicazione ha valore all’interno del primo anno di vita, si perde progressivamente durante l’accrescimento. Invece è sempre più frequente il fenomeno di un allattamento protratto, bambini di 28/36 mesi che ancora cercano il seno della madre. Lo cercano dovunque, nell’imbarazzo generale di chi è nella scena. Lo cercano per consolarsi, per rinsaldare un legame. Un legame importante ma che bisogna stare attenti che non impedisca di crescere, di crescere sicuri di sé e dell’amore dei genitori.

La questione è la ricerca della giusta distanza emotiva, cognitiva, affettiva, normativa che deve essere progressivamente costruita.

Dall’altra parte è in calo la presenza di oggetti consolatori orsetti, copertine, ciucci, che sono funzionali al colmare una assenza e una distanza fisica.

Un panorama un po’ confuso quello degli adulti: vado a lavorare, la mia carriera è importante, tu vai al nido, un posto qualitativamente sicuro per i bambini, ma non ti metto in condizione di stare senza di me: per consolarti ti serve il mio seno, per addormentarti le mie braccia, il mio lettone…

Troppo spesso si ha paura di perdere l’amore dei figli e in nome di quello si fanno mille cose che però portano nella direzione del bambino sovrano. Si esaudiscono i desideri dei bambini, anzi spesso i bambini non arrivano ad avere desideri, si anticipano.

Il bambino sovrano però non è felice.

Bambini infelici perché sono dipendenti dal tiranneggiare, perche crescono in un quadro di insicurezza, di non certezza di una regola. E’ un po’ come trovarsi al buio, muoversi per trovare una parete a cui appoggiarsi, per orientarsi, se non la si trova ci si allarma, ci si impaurisce.

Negli ultimi dieci anni si sono moltiplicati i disagi segnalati dai bambini: iperattività, e iper eccitazione, disturbi del sonno e dell’alimentazione, difficoltà relazionali e sociali…l’allarme dei pedagogisti è relativo agli ambienti educativi: scuola e famiglia. Addirittura un noto pedagogista, Daniele Novara, parla di malattie dell’educazione, per segnalare un’emergenza educativa e relazionale, tra adulti e bambini.

Scuola e famiglia che per molte ragioni, alcune delle quali sono legate al fenomeno fin qui descritto, si sono allontanate, spesso si vivono reciprocamente come antagoniste.

Scuola e famiglia condividono la storia della crescita di un bambino, ognuno con ruoli, tempi e spazi diversi, ma agiscono pur sempre per quello stesso bambino.

Scuola e famiglia devono ritrovare un terreno su cui costruire un dialogo per capire che cosa si può fare, l’educazione di un bambino oggi, ha ripercussioni su come sarà l’uomo di domani.

Sia la scuola che la famiglia sono alla ricerca di regole, come del resto tutto il mondo, dall’economia alla politica, è importante non credere che si possa fare un passo indietro e dal permissivismo ricadere nell’autoritarismo, la formula del padre padrone non ha funzionato, come non ha funzionato quella del genitore amico.

Intanto il mercato sta fornendo corsi per genitori, corsi meritevoli, ma da guardare con occhi attenti. Non servono corsi o incontri dove si esce con la ricetta, se piange per un capriccio si fa così, se non vuol dormire cosà… i genitori, ma in genere le persone, non hanno bisogno di ricette confezionate da altri, hanno bisogno di partire da loro stessi dalle loro caratteristiche dalle loro storie familiari personali di coppia per trovare la strada giusta, il proprio equilibrio.

Ben vengano allora luoghi di incontro di adulti che parlano, si confrontano sul senso dell’educabilità, sulle immagini dell’infanzia, sulle varie strade che si possono percorre e sui vari territori a cui si può arrivare, valutandone rischi e opportunità.

Educare non è come respirare. Non è una cosa che sanno fare tutti automaticamente.

L’educazione ha bisogno di azioni pensate, di capacità riflessiva, di prove ed errori, ma che aiutino a crescere. L’educazione ha bisogno di un io e un tu, e non di una confusione di ruoli, bisogni e desideri. Ha bisogno di una sana ed equilibrata asimmetria. Ha bisogno di un sano ed equilibrato senso di autorità, che non deve essere confuso con autoritarismo. Ha bisogno di adulti consapevoli di esserlo, almeno di fronte ad un bambino.

Madamadoré









 
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