Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
“Uluru è il vero nome di Ayers Rock, una grande roccia rossa al centro dell’Australia, la montagna sacra degli aborigeni. E’ l’equivalente della Mecca per gli islamici o di San Pietro per i cattolici. Ora immaginate se questi luoghi fossero trasformati in attrazioni turistiche con bar, passeggiate, parcheggi, qualche bordello. Se fosse possibile scalare il Cupolone con corde e catene, scattare foto alla Pietra Nera. E’ quello che sta succedendo a Uluru.
Gli aborigeni chiedono che Uluru torni ad essere un luogo sacro.
Il Governo australiano ha nel frattempo un piano, quello di ridurre il turismo di massa per non rischiare di trasformare completamente il luogo, per mantenere la sua sacralità.
Con i mezzi di trasporto moderni l’uomo sta diventando infatti troppo invadente. Arriva dovunque, con tutti i mezzi, spesso non rispettando l’ambiente in cui si reca, trasformandolo e svilendolo a semplice meta turistica. I luoghi più inaccessibili vengono così violati, i luoghi sacri banalizzati e svenduti all’invasione del turismo di massa.
C’era da noi un progetto per Castagneto Carducci, proprio all’inizio della via dei cipressi del poeta, che prevedeva un posto di ristoro con servizi igienici, bancarelle, un parcheggio di auto. Fortunatamente l’opposizione di molte persone intelligenti (qualcuna se ne trova ancora), fra cui alcuni intellettuali credo lo abbia impedito. Chi si è recato in quel viale conosce la magia del luogo e sa cosa avrebbe significato una realizzazione del genere.
Bisogna renderci conto che oggi, con il facile accesso da parte della abbiente civiltà occidentale alle più ardite possibilità tecnologiche, i posti più preziosi sono quelli in cui si riesce a regolamentare l’accesso, dove si limita, anche se non si impedisce, l’arrivo in massa dell’uomo.
L’uomo porta un po’ di denaro, qualche vantaggio economico immediato, ma porta anche, oltre a inquinamento e rifiuti, anche alla perdita di valore del luogo.
Che valore turistico avrebbero quelle belle e deserte spiagge delle isole tropicali che si vedono talvolta in TV se invece di apparire così affascinanti apparissero piene di ombrelloni, sdraie, confusione, venditori ambulanti, cinesi per massaggi, cocco bello, e italiani in vacanza con la radiolina a tutto volume e la partita di pallone sul battito?
Chi riuscirà ad imporre queste limitazioni e difendere il proprio territorio ne vedrà accrescerne il valore negli anni conservandolo in eterno per se e per i propri figli.”
E’ un articolo che ho scritto sulla Voce del Serchio nell’estate del 2008, non ricordo se stimolato già dalla vicenda Ikea. Sicuramente però ispirato dai libri di un grandissimo personaggio e scrittore italiano, Tiziano Terzani, testimone, nei suoi lunghi peregrinaggi per il mondo, dei mutamenti e dei danni avvenuti nei luoghi e nelle popolazioni indigene dall’arrivo e dal contatto con estranei molto diversi da loro e dal loro modo di vivere.
Sono solitamente turisti occidentali con i loro cappellini e le loro macchinette fotografiche, un contrasto netto fra il loro comportamento, la loro tecnologia e la primitività del luogo. Luogo e popolazione che vengono completamente stravolti da un cambiamento di abitudini e di prospettive che avviene in pochi anni in maniera forzata invece che in qualche secolo in maniera naturale.
E’ una delle conseguenze del progresso, della tecnologia, capace di spostare centinaia e migliaia di persone con grande facilità da un capo all’atro del mondo, una moltitudine di turisti capaci di raggiungere oramai con estrema facilità luoghi talmente sperduti che soltanto qualche decennio fa erano inavvicinabili per lo spreco di tempo e fatica che tale viaggio avrebbe comportato.
Terzani vedeva questi turisti, molto spesso superficiali, frettolosi e chiassosi come una vera piaga per questi luoghi solitari, queste alcove primitive di pace e di silenzio che venivano con questa invasione private della loro magia, della loro sacralità acquisita da secoli o millenni di isolamento.
La trasformazione dei luoghi e delle persone può avvenire anche se gli invasori sono semplicemente rappresentati da folle di consumatori. E’ il pericolo che corre la piccola comunità di Migliarino, su cui incombe il flagello del tanto chiacchierato Centro Commerciale.
Non posso e non voglio entrare nel merito politico della scelta ma se lo guardo dal punto di vista culturale non posso che prendere una posizione decisamente contraria. Il paese è infatti inserito in un contesto agricolo, un piccolo paese di provincia dove la vita dei cittadini è rimasta praticamente inalterata da decenni, dove esiste ancora una comunità, dove ci sono lodevoli tentativi di mantenere viva una certa identità. Scegliere la strada dello sviluppo commerciale, apparentemente illogica considerando il contesto ambientale (aree agricole, bosco, Parco naturale, mare), comporterebbe anche un deciso cambiamento nella vita dei cittadini del paese. Credo che tutta la comunità vecchianese ne rimarrebbe irrimediabilmente coinvolta ma soprattutto la frazione a ridosso ne sarebbe distrutta.
Un accenno di questo cambiamento, una prima causa che deriva dalla possibilità della realizzazione di questo insediamento commerciale, lo abbiamo già sotto gli occhi: l’innalzamento dei toni di questa campagna elettorale per le prossime elezioni amministrative. Toni molto più accesi, una polemica specialmente politica più forte tanto che si sfiora spesso la rissa verbale anche nel forum di questo giornale, c’è indubbiamente un maggiore tasso di aggressività.
La gente sta mostrando il suo lato peggiore.
Come in “XY” un libro recente di Sandro Veronesi quando improvvisamente un strano, assurdo e misterioso eccidio avviene nel bosco dello sperduto paesino di San Giuda nelle alpi trentine. Undici corpi sotto un albero ghiacciato tinto dal sangue rosso dei cadaveri. Morti inspiegabili e diverse, ognuno ucciso con una diversa modalità. E quella comunità prima coesa, unità, che fondava la sua stessa sopravvivenza sulla concordia, l’aiuto reciproco, il disinteresse, l’amore e la fede improvvisamente impazzisce. Alcuni se ne vanno lasciando parenti bisognosi, rinascono antiche faide, ricompaiono antichi rancori, dolori quiescenti da anni riaffiorano con tutta la loro forza distruttiva, la violenza bandita da anni torna a farsi prepotentemente sentire. E’ come se quelle morti misteriose, quell’albero rosso di sangue, fossero il Male che si è impossessato della gente dei quel paese.
Forse è un po’ quello che sta succedendo anche qui da noi. In misura certamente minore me è come se sopra la nostra testa, da qualche tempo a questa parte, aleggi questa Cosa ancora indefinita, incerta, vaga ma potente, che sta condizionando, in maniera sensibile, tutte le nostre azioni, le nostre relazioni, tutta la vita pubblica e privata della comunità di Vecchiano.