Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Nessuna zucca è famosa quanto quella trasformata in carrozza dalla fata per Cenerentola, ma vi sono storie su questa cucurbitacea che sono antichissime.
Nel mondo dei Celti la zucca era simbolo di rinascita perché la famosa festa di allòvenne, che cade ora fra il 31 ottobre e il primo novembre, segnava il capodanno.
Ma ancor più indietro nel tempo si trova la leggenda indiana di Sumati, sposa del re Sagara di Ayodiha, alla quale erano stati promessi sessantamila figli. Sumati partorì una sola volta, ma il frutto dell’amore era una zucca dalla quale uscirono i sessantamila bambini predetti!
Passarono i secoli e la zucca prese notorietà per la sua svariata forma e la possibilità di farne recipienti, addirittura galleggianti per persone inesperte nel nuoto.
Nel nostro mondo zucca è il nomignolo della testa: “si gratta la zucca, ho battuto la zucca, ti do una zuccata” e altri fra i quali strano è quello di “zucca pelata” per designare un uomo calvo; ma chi l’ha mai vista una zucca pelosa?
Un modo leggermente offensivo è anche chiamre zuccone una persona un pocodura di comprendonio, ma qui il connubio fra testa e zucca però può trarre in inganno quando si dice che uno “non ha sale in zucca”.
Cosa si vuol dire: che uno è scemo (corrente interpretazione) oppure povero (antica , forse, dicitura)?
Già, perché i poveri in passato usavano la zucca, svuotata, per contenere il sale, quindi zucca senza sale uguale a povertà, poi guarda caso la zucca con i suoi semi ed il sale hanno creato quella magnificenza di economicissimo passatempo dolciargastronomico delle “seme”, mai passate di moda, quelle che si compravano dalla venditrice ambulante davanti ai cinema e che ognuno di noi, un po’ su negli anni, porta nel cuore come il primo amore.
Nell’Iconologia del perugino Cesare Ripa, scritta nel 1593, si legge che la Felicità è breve come una donna vestita di bianco e giallo con una corona d’oro in capo, adorna di pietre preziose che regge uno scettro nella mano destra, al cui braccio si avvolge con le sue fronde una zucca sorta dal terreno circostante mentre con la sinistra afferra un bacile pieno di monete e di gemme e lo dice così:
“il vestimento bianco e giallo è inditio di contentezza, la corona e lo scettro di signoria, e il bacile di gran ricchezze nelle quali cose la breve e vana Felicità consiste assomigliandosi alla zucca, la quale in brevissimo spatio di tempo altissima diventa, in pochissimo tempo poi perde ogni suo vigore e cade a terra”.
Mio padre, nella attribuzione al poco valore, questa volta di sostanza nutritiva, mi diceva che le zucche gli facevano venir freddo!
Comunque denigrata, la zucca nell’orto offre i più belli e grandi fiori che possono stare alla pari di più nobili “verzure”.