Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Quelli del campino :
tanta emozione in un calcio ad un pallone.
Eravamo a cavallo tra gli anni sessanta e settanta mentre i ragazzi che andavano alle superiori (a Pisa) erano impegnati in quella rivoluzione che fu il Sessantotto, in Vietnam gli americani facevano guerra, Gianni Morandi cantava c’era un ragazzo che come amava i Beatles i Rolling Stones e Celentano Il ragazzo della via Gluck.
Noi ragazzi delle medie cantavamo Erba di casa mia di Massimo Ranieri e come dice la canzone anche noi insieme ai primi amori provavamo tanta emozione nel dare calci ad un pallone.
Erano gli anni di Rivera e Mazzola noi il calcio l’avevamo nel cuore come il nostro campino.
Si, uno spazio che per noi era il ritrovo all’interno della scuola dove ogni giorno con qualsiasi tempo si giocava a calcio. Pensate che a forza di giocarci c'era venuta una buca.
Tutto in torno c’era una siepe fatta di cipressini e all’interno i pini che noi usavamo come fossero i pali per delle porte.
Estate ed inverno eravamo lì, un calcio ad un pallone e spesso la scarpe avevano fame e allora erano noie a casa, ma tanto, dopo, il calzolaio rimediava.
Il campino oltre a essere un luogo di calcio era anche palestra, luogo di lotta, in cui fare acrobatici salti con la bicicletta da cross, c’era una buca da salto in alto e persino la pertica, si perché quando il pallone rimaneva sul pino dovevamo andarlo a prendere scalando il fusto.
Qui entrava in ballo mio fratello Fabio che per il suo agile arrampicarsi, venne chiamato scimmione. L’unico problema era un tetto che non era possibile montarci anche perché giustamente il padrone non voleva e ci portava via i palloni. Ma noi votavamo le tasche e via da Juri o dalla Feni(botteghe di giocattoli e cartoleria) a comprarne un altro.
Gli anni passavano ma il campino no, il calcio era nel cuore come la grande amicizia che ci legava. Vecchiano cresceva come del resto noi. Venne un momento che volevano farci sgombrare, ma noi non ne volevamo sapere, venne chiuso il buco che ci permetteva di entrare nel campino, murato. Li incomincio la resistenza: il giorno muravano e la notte spariva tutto, e compariva di nuovo il buco. Qualcuno di noi non voleva abbandonare, non si è mai saputo chi fosse. Si, noi del campino vincemmo anche quella battaglia proprio mentre l’Italia di Rivera e Mazzola vinceva contro le Germania e perdeva contro il Brasile di Pelè. Gli anni passarono veloci cominciarono le superiori e il campino per noi finì, le generazioni che seguirono per qualche anno continuarono, finché un giorno, anche perché il mondo stava cambiando, il campino venne chiuso e la nostra buca asfaltata proprio come dice la canzone: la dove c’era l’erba (la buca) ora c’è un piccolo spazio in cemento. Anche oggi quando passo di lì non posso non pensare alla profonda amicizia che ci legava in quei tempi .
nb: In foto "Il Meghe" adulto con il suo grande amico "Cinghiale Oceanico" alla pizzeria estiva di "Orso Bruno" (il Cinghiale è quello peloso)