In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
SAN GIOVANNI
Al solstizio d'estate, quando il sole raggiunge la sua massima inclinazione positiva rispetto all'equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso, comincia l'estate. Tale giorno era considerato sacro nelle tradizioni precristiane ed ancora oggi viene celebrato dalla religiosità popolare con una festa che cade qualche giorno dopo il solstizio, il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la natività di San Giovanni Battista.
Nella festa di San Giovanni convergono i riti indoeuropei e celtici esaltanti i poteri della luce e del fuoco, delle acque e della terra feconda di erbe, di messi e di fiori. Tali riti antichi permangono, differenziandosi in varie forme, nell'arco di duemila anni, benché la Chiesa ostinatamente abbia tentato di sradicarli, o perlomeno di renderli meno incompatibili: nelle zone rurali si mantengono tuttavia i riti più semplici e naturali, propri della società contadina e pastorale.
Tutte le leggende si basano su di un evento che accade nel cielo: il 24 giugno il sole, che ha appena superato il punto del solstizio, comincia a decrescere, sia pure impercettibilmente, sull'orizzonte: insomma noi crediamo che cominci l'estate, ma in realtà, da quel momento in poi, il sole comincia a calare. Sarà all'altro solstizio, quello invernale, che in realtà l'inverno, raggiunta la più lunga delle sue notti, comincerà a decrescere, per lasciar posto all'estate. E' così che avviene, da millenni, la corsa delle stagioni.
Nella notte della vigilia di San Giovanni, la notte più breve dell'anno, in tutte le campagne del Nord Europa l'attesa del sorgere del sole era propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, poiché da sempre, con il fuoco, si mettono in fuga le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Attorno ai fuochi si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi: nella veglia, tra la notte e l'alba, i fiori bagnati di rugiada brillavano come segnali; allo spuntar del sole si sceglievano e raccoglievano in mazzi per essere benedetti in chiesa dal sacerdote. Bagnarsi nella rugiada o lavarsene almeno gli occhi al ritorno della luce era per i fedeli cristiani un gesto di purificazione prima di partecipare ai riti in chiesa.
La rugiada ricordava il battesimo impartito dal Battista nel Giordano, le erbe dei prati e dei boschi riproponevano l'austera penitenza di Giovanni nel deserto prima della sua missione di precursore del Messia.
Solamente in alcuni piccoli paesi alpini sono rimaste tali tradizioni: l'usanza dei falò, del lavacro con la rugiada e della benedizione in chiesa del mazzo di erbe e di fiori. Conservate gelosamente in casa, portate all'alpeggio in estate - verso il quale da molti paesi si partiva la stesso giorno del 24 di giugno - le erbe benedette riconsacravano la baita di montagna lasciata l'anno prima mantenendo tra le famiglie dei pastori un legame con la sacralità della festa e del rito d'inizio d'estate. Al ritorno dall'alpe, quelle stesse erbe essiccate, unite ad un ramo di olivo e ad uno di ginepro, venivano bruciate nella stalla a protezione degli animali.
Il rito della benedizione dei "fiori di San Giovanni", erbe benefiche e medicine medievali per curare il corpo ed evitare il malocchio, per proteggere la casa e gli animali domestici era assai diffuso fino a pochi decenni fa.
Rimane, l'antica, suggestiva preghiera che un anno dopo l'altro, un secolo dopo l'altro, ha convinto di aiuto e pietà generazioni di donne e ancora adesso, in questo mondo impazzito, in un piccolo paese nascosto tra le montagne, raccoglie le donne lì giunte in processione a chiedere aiuto e pietà ad un Dio di cui si prega l'ascolto con queste parole:
"Dio onnipotente ed eterno, che hai santificato nell'utero di tua madre il beato Giovanni Battista, e nel deserto hai voluto nutrirlo di erbe, di radici e di locuste silvestri, degnati di benedire questi rami, i fiori e le nuove biade, i frutti e le erbe che i popoli raccolgono, affinché siano una medicina per tutte le anime e per i corpi.
Dio, che in principio hai creato tutte le cose con la Tua onnipotenza e ad esse hai assegnato una forza, degnati di benedire questo insieme di erbe e di fiori, affinché tutti quelli che li portano con sé o li conservano nelle loro case, siano liberati da ogni inganno diabolico.
Dio onnipotente ed eterno, che ti sei degnato di nutrire nelle grotte del deserto il beato Giovanni Battista di locuste e di miele selvatico, degnati pure, Signore, di benedire e di santificare questi fiori oggi preparati in onore al Tuo nome, affinché a tutti quelli che li portano in mano o li conservano nelle loro abitazioni, siano di protezione per i corpi e per le loro anime e di medicina per tutte le malattie.
Dio onnipotente ed eterno, creatore di tutte le cose per l'utilità del genere umano degnati di benedire e di santificare queste creature di erbe e di fiori, affinché tutti quelli che da esse ne abbiano presi alcuni e li abbiano portati con sé ricevano la guarigione tanto del corpo come dell'anima, e affinché per propria forza, e in onore di Tuo Figlio e Nostro Signore e in onore del beato Giovanni Battista siano nuovamente beati e santificati e abbiano potere contro le tenebre, le nubi e le malignità delle tempeste e contro le incursioni dei demoni ....."