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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
ANNIVERSARIO
Strage di via D'Amelio

19/7/2011 - 15:48


La strage di via d'Amelio fu un attentato di stampo terroristico-mafioso messo in atto il pomeriggio del 19 luglio 1992 a Palermo in cui persero la vita il giudice antimafia Paolo Borsellino e la sua scorta. L'attentato segue di due mesi la strage di Capaci, in cui fu ucciso il giudice Giovanni Falcone, segnando uno dei momenti più tragici nella lotta alla mafia.

L'esplosione, avvenuta in via Mariano d'Amelio dove viveva la madre di Borsellino e dalla quale il giudice quella domenica si era recato in visita, avvenne per mezzo di una Fiat 126 contenente circa 100 chilogrammi di tritolo.

Secondo gli agenti di scorta, via d'Amelio era una strada pericolosa, tanto che era stato chiesto di procedere preventivamente ad una rimozione dei veicoli parcheggiati davanti alla casa, richiesta però non accolta dal comune di Palermo, come rilasciato in una intervista alla RAI da Antonino Caponnetto.

Oltre a Paolo Borsellino morirono gli agenti di scorta Agostino Catalano (caposcorta), Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto è Antonio Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l'esplosione, in gravi condizioni. La bomba venne radiocomandata a distanza ma non è mai stata definita l'organizzazione della strage, nonostante il giudice fosse a conoscenza di un carico di esplosivi arrivato a Palermo appositamente per essere utilizzato contro di lui. Si sospetta che il detonatore che ha provocato l'esplosione sia stato azionato dal Castello Utveggio.

Dopo l'attentato, l'"agenda rossa" di Borsellino, agenda che il giudice portava sempre con sé e dove annotava i dati delle indagini, non venne ritrovata.

 

Commento di di Annamaria Mazzacuva

"19 anni, questo il tempo che ci separa da quella mattina del 1992 in cui un grande eroe civile italiano, Paolo Borsellino, cadde in un attentato, 57 giorni dopo la strage di Capaci che aveva tolto la vita ad un suo amico e collega, Giovanni Falcone.

Quel 19 luglio Borsellino si stava recando dalla madre. Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell’abitazione della madre con circa 100 kg di tritolo a bordo, esplose al passaggio del giudice, uccidendo oltre a lui anche i cinque agenti di scorta.

Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un’intervista, il giudice aveva parlato della sua condizione di "condannato a morte". Sapeva bene di essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva ancora meglio che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designato.

“ Ho sempre accettato più che il rischio, le conseguenze del lavoro che faccio. La sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi in estremo pericolo, è una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che è necessario che lo faccia, so che è necessario che lo facciano tanti altri assieme a me. E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare… dalla sensazione, o meglio, , dalla certezza, che tutto questo può costarci caro.”

L’ultima inchiesta sulla uccisione sua e della sua scorta è ancora in corso, presso la Procura di Caltanissetta, e forse porterà alla revisione del processo per alcuni condannati con sentenze definitive. Sullo sfondo l’ipotesi di una trattativa fra Stato e Mafia che Borsellino avrebbe scoperto e che l’avrebbe dunque condotto alla morte.

Una inchiesta che forse, finalmente, farà luce su una vicenda dai molti lati all’ombra, che presenta una sola, quella sì, certezza, la morte di un grande eroe civile, un eroe perché faceva fino in fondo il suo lavoro".

 

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