Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Il proverbio di oggi:
Sotto il buon prezzo
ci cova la frode!
Il modo di dire:
Essere alla porte co’sassi.
Simile a “essere alla frutta”, alla fine, quando non c’è più niente da fare, è tutto finito!
Dal libro “Le parole di ieri” di G.Pardini
SANTI
San Sughero: non è un gran Santo, di quelli di prima fila, ed anche la sua festa è leggera!
Santa Lo’: è la santa degli incerti come recita il detto “Santa Lò prima morì e poi s’ammazzo!”
San Giovanni: è conosciuto da tutti come capace di rimediare agli errori “San Giovanni ’un vole ‘nganni” ma anche un attento padre di famiglia: “Chi fa il bagno prima di S.Giovanni, ci lascia i panni!”.
San Giovanni è poi il responsabile della qualità del nocino.
Le noci, ancora verdi, vanno colte esattamente la notte del 24 giugno, la mattina presto quando sono ancora umide di rugiada, tagliate e messe a macerare in alcool per quaranta giorni. Poi il composto viene filtrato e a questo si aggiunge uno sciroppo di acqua e zucchero lasciando il tutto a maturare per qualche altro mese.
Si diceva anche che colui che è nato nella notte fra S.Pietro e S.Giovanni quella notte deve rimanere sveglio perché altrimenti lo portano via le streghe.
Santa Pazienza: santa molto utile in tantissime occasioni.
S.A.P.A
Lett :nc.
Termine quasi dimenticato, di moda ed in uso nei lontani anni ’60, quando l’incontro e i contatti con l’altro sesso erano il problema quotidiano di ogni giovane maschio.
S.A.P.A. era infatti l’acronimo goliardico di Società Anonima Pigiatori Accaniti ed il verbo derivato, sapare, indicava proprio l’arte dello struciare l’altro sesso in maniera che apparisse una cosa involontaria e casuale.
Era la famosa “mano morta” ed altre varianti più o meno fantasiose che permettevano ai giovanetti di eccitare i loro sensi e sviluppare quel desiderio per l’altro sesso così naturale e salutare per la loro crescita.
SARDINE
La sardina (alosa pilchardus) è una piccola aringa che vive nei nostri mari e che viene commercializzata fresca oppure salata. In passato nelle botteghe si trovavano confezionate in grandi recipienti, di latta oppure di legno, e venivano vendute a peso. In alternativa esistevano le sardine in scatola, piccoli recipienti rettangolari che si aprivano per mezzo di una chiavetta. Questa, di corredo ad ogni scatoletta, era munita di un occhiello dentro cui si infilava il becco di latta che sporgeva dal piano superiore della scatola. Girando la chiavetta la latta che faceva da coperchio si arrotolava sulla chiavetta scoprendo il contenuto. Era un mezzo primitivo di apertura e pochissimo efficiente che comportava spesso spargimento di olio, o peggio piccole ferite da taglio sulle mani.
Le sardine in scatola più famose e pregiate erano prodotte in Francia, ed erano conosciute appunto come le “sardine di Nantes”.
Aneddoto.
Dante del Grandoni aveva la bottega sotto casa sua, alle scalette che esistono ancora accanto al palazzo della Radio, di fianco alla Casa del Popolo e davanti alla vecchia macelleria di Treviso. In negozio teneva sardine da vendere sfuse ma anche quelle in scatola, di Nantes.
Non era infrequente che qualche massaia, equivocando, chiedesse al banco di acquistare sardine in scatola, le famose “sardine di Dante”.
SBELO
Lett: nc.
Scoppio, specialmente di recipiente pieno d’aria, ma non solo.
Usato spesso con accrescitivi: “un bello sbelo”, “un popò di sbelo”.
E’ termine francamente in disuso: in passato era usato comunemente al posto di scoppio, che rappresentava invece un termine piuttosto raro, quasi assente, nel parlare di tutti i giorni.
SCAARNIDIO
Lett:nc.
Lo scaarnidio o scaarnighio era l’uccellino ultimo nato, il più piccolo ed il più fragile, quello che spesso era destinato a soccombere per la gracilità e le prepotenze dei primi nati, più robusti e capaci di accaparrarsi il cibo portato dalla madre alla nidiata. Comunque, nonostante il poco cibo e la fragilità, era capace di abbondanti cacate, da cui forse il nome.
Per estensione così veniva chiamato un bambino gracile e malaticcio.
Aneddoto.
Negli anni ’60 esisteva una notevole diversità di lingua parlata dalle campagne alla città, cosa attualmente scomparsa con il progressivo aumento dei mezzi di comunicazione e di locomozione. A quel tempo esisteva una separazione abbastanza netta fra le due realtà ed anche la lingua parlata risentiva di questa differenza.
Chi abitava in campagna non voleva fare brutte figure, non voleva farsi indicare come campagnolo, ed allora tendeva a “parlare di spizzico”, a cercare cioè di parlare in maniera più corretta, più colta.
Il massimo lo raggiunse un giovane migliarinese, ora emigrato, che parlando con un abitante della città e non volendo sfigurare, usò lo spizzico per indicare lo scaarnidio nobilitandolo in “scacarnidico”.