Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
A volte (o meglio: spesso) dicono che cresce e altre che cala, pochissime volte che rompe ma le più che fa comodo, un tempo che puzzava ed oggi che odora, ancor prima che dava da bere e anche da mangiare, poi che è bello o brutto, buono o cattivo, docile o rabbioso, verde o blu, o cosa c’è di più?
Ma se diciamo che una volta ghiacciava non possiamo certo dire ora brucia!
Ma ne siete proprio sicuri sicuri?
In questi ultimi anni ho girato per mercatini e biblioteche (ma anche internet) per cercare poesie dove, almeno una volta, appare la parola magica : SERCHIO.
Il risultato, raccolto in un libricino, è discreto e va da antichi sonetti (uno del 1112) alla produzione moderna di sconosciuti artisti, passando per i massimi poeti italiani.
Una parte di rilievo è la produzione vernacolare, in gran parte concentrata nella lucchesia, ma con una buona presenza locale.
Questo è un sonetto anonimo del 1556, scritto in onore di Chiara Matraini, giovane lucchese, ma dove il protagonista è il Nostro Fiume:
Signor, ch'el vago e picciol Serchio nostro
dal più gelato al più caldo emisfero
honorato rendete, e com’io spero
fin nel stellato e sempiterno chiostro.
Voi dico col si ben purgato inchiostro,
e con quel santo nostro viver vero
lo fate andar così superbo e altero
carco di miglior merce ch'oro od ostro.
In voi sol di virtù felice nido
pose il ciel largo estrema ogni sua cura,
e quant’hoggi di ben fra noi s’impara.
Onde s’uguale havesti a l’alto grido
d’Appennin l’acqua quanto al mondo dura,
qual saria più di me famosa e chiara?