Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Rubrica a cura di Elsa Luttazzi
Qualche tempo fa ci siamo interessati al libro di Vittoria Franco Care ragazze.
Un promemoria. Al centro risultava centrale il tema del corpo e i tentativi delle donne di sottrarlo al controllo e al potere maschile, per approdare in realtà non a una vera riappropriazione libertaria, ma piuttosto, sotto l’ambigua forma della libertà sessuale, alla riproposizione di nuove forme di asservimento, come rinnovata acquisizione di un durevole stereotipo di un corpo da esibire e offrire, fatto su misura dei desideri maschili.
Il processo storicamente ricostruito dalla Franco è reso tangibilmente visibile nella realtà dell’oggi dal libro-documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo, presentato venerdì 2 settembre nella forma di una serata-dibattito presso il Teatro del Popolo di Migliarino, organizzata dal Circolo del P.D.
Protagonista il mezzo televisivo e il suo ruolo nella imposizione di un modello di femminilità ancora controllato da un forte potere maschile. L’obiettivo, pienamente centrato, a giudicare dal folto numero di partecipanti alla serata e dal dibattito, improntato a un forte senso di “militanza”, suscitare la capacità di reagire e di indignarsi non tanto e non solo tra le donne, ma tra tutti coloro che hanno a cuore la crescita civile della nostra società.
Nel maggio del 2009 Lorella Zanardo ha messo in rete un documentario realizzato con Cesare Cantù e Marco Malfi Chindemi ed ha poi ritenuto opportuno, giustamente, affiancare al video un commento alle immagini perché,
Se le parole servono a sottolineare l’immagine, quest’ultima ha indubbiamente un maggiore potere comunicativo. Le parole però possono tessere una trama, delineare un percorso che conduca lo spettatore a riflettere sul senso di ciò che vede. Avviene allora che le parole acquistano una forza superiore alle immagini.
E così è stato, in occasione della presentazione del video-libro, con il commento vivace e a più voci delle immagini che venivano proiettate nella sala.
Scorrevano sullo schermo immagini di donne umiliate dalla loro stessa bellezza, giovanissime e non più giovani ma tutte contraffatte, offerte in pasto a un pubblico che non sa immaginare o desiderare altro.
Volti ricondotti a maschere dalla chirurgia estetica. Corpi gonfiati a dismisura come fenomeni da baraccone di un circo perenne che ci rimandano un’idea di donna contraffatta, irreale.
Ridotta e autoridottasi a oggetto sessuale, impegnata in una gara contro il tempo che la costringe a deformazioni mostruose, costretta a cornice muta o assurta al ruolo di conduttrice di trasmissioni inutili dove mai è richiesta la competenza. È come se la donna non riuscisse a guardarsi allo specchio, non accettando se stessa, la propria faccia così com’è.
La Zanardo descrive gli effetti di questa continua e umiliante manipolazione del cervello femminile tracciando un parallelo con la sorte, tragicamente simile, delle bambine cinesi cui vengono manipolati i piedi.
È come per i piedi delle bambine cinesi, compressi in strettissime fasciature che ne impedivano la crescita naturale: quelle bambine, diventate donne, riuscivano comunque a camminare su quei piedini deformati, troppo piccole per sostenerle agevolmente, ma sarebbero state scomode e a disagio per tutta la vita.
E ricorda con forza i limiti, non solo fisici, che queste costrizioni hanno imposto allo sviluppo di una piena personalità delle donne: molti percorsi sono risultati chiusi, non solo ai piedi, ma soprattutto alle teste atrofizzate delle donne.
A quante cose avrebbero rinunciato? Quanti luoghi sconosciuti non avrebbero visitato? Quanti sentieri avventurosi non avrebbero percorso? Tutte esperienze rese impossibili da piedi atrofizzati.
Ore e ore di programmi televisivi ci appaiono condensate in immagini sconfortanti di pochezza culturale e di degrado dell’immagine delle donne, che purtroppo conosciamo assai bene. A riassumere gli effetti del condizionamento subito dalle donne e dalle continue pressioni esercitate su di loro la Zanardo introduce nel video, e poi commenta, una scena tratta dallo spettacolo del teatro danza di Pina Bausch
In cui la protagonista, una donna bella e matura, viene circondata da una decina di uomini che iniziano a toccarla, palparla, strusciarla, alzarla da terra, premerla, tirarla, pizzicarla.
Una immagine che riassume, come dice la stessa autrice, “con arte sublime”
Il tentativo di cancellare l’identità di noi donne, con l’umiliazione o attraverso tante, troppe richieste. Nella scena non vi è nulla di violento o volgare. La donna rimane ferma con lo sguardo lontano e un’espressione tra l’assente e l’addolorato. Quell’immagine era la sintesi della grande capacità di sopportazione delle donne. Nello sforzo della protagonista di restare in piedi sul palco c’era la metafora della lotta passiva di molte donne per restare vive nonostante i soprusi.
A questo punto la scrittrice si chiede come sia stato possibile arrivare a tanto degrado e confrontandosi con le immagini delle donne offerte da una televisione più giovane, improntate decisamente al buongusto e all’apprezzamento della professionalità conclude che questo modello di asservimento sia frutto dell’avvento della TV commerciale, a partire dagli anni ’80. Ma Pasolini, le cui parole la Zanardo riporta in esergo a uno dei capitoli del libro, già nel 1972 affermava:
Qui la donna è considerata a tutti gli effetti un essere inferiore: viene delegata a incarichi d’importanza minima, come per esempio informare dei programmi della giornata; ed è costretta a farlo in modo mostruoso, cioè con femminilità. Ne risulta una specie di puttana che lancia al pubblico sorrisi di imbarazzante complicità e fa laidi occhietti.
Certo oggi la situazione si è notevolmente aggravata, ma è più una questione di gusto che di sostanza ed è frutto non tanto di una particolare impronta nelle relazioni di genere, quanto di un impoverimento dei valori di tutta una società. La storia dimostra che c’è dietro una tradizione millenaria di patriarcato interiorizzata da uomini e donne e ancora radicata nella società civile.
Per parte mia, da storica, vorrei insistere e tornare su un altro lavoro di cui abbiamo parlato recentemente, Nozze di sangue. Storia della violenza coniugale, di Marco Cavina .
Qui si ricordava come una civiltà plurisecolare ha tramandato l’immagine della donna fragile, delicata, compiacente, al servizio del proprio marito, fratello o padre, e pronta a realizzare il modello e lo stereotipo che questi le impongono. L’inferiorità “naturale” della donna è stata in realtà sapientemente costruita attraverso una educazione separata e manipolativa indirizzata, sin dalla più tenera età a insegnare alle donne a pretendere amore e protezione, anziché rispetto, a rinunciare all’impegnativo diritto della ragione per avere il mortificante privilegio dell’ignoranza e a far valere, quando c’è, il potere arbitrario ed effimero della bellezza. Questa consapevolezza rende più difficile il compito di rieducazione che la Zanardo e tutti noi con lei auspichiamo.
Molte voci si sono levate per affermare e promuovere un modo di espressione al femminile diverso da quello dominante, una per tutte Tina Anselmi, e molte leggi sono state messe a punto, a partire dalla costituzione, a tutela della dignità delle persone e delle donne in particolare. Ma, come afferma la stessa scrittrice, non sono servite perché, sempre secondo il punto di vista maschile
Le donne offese in tv possono anche essere considerate indecenti e disdicevoli, ma non vengono viste come oggetto di una violenza diretta verso il genere femminile, e quindi come ostacolo alla dignità e all’affermazione individuale di ogni donna. Insomma, che si tratti di una violazione di un diritto costituzionale non è ancora coscienza acquisita. La rappresentazione delle donne in tv, spogliate, ridicolizzate, manipolate, a volte umiliate, sul piano istituzionale viene considerata ancora come cattivo gusto e non come limitazione della libertà individuale di milioni di donne.
Eppure non perde la speranza Lorella Zanardo e immagina che
Alcune di noi, guidate da ottime maestre, stanno faticosamente cercando di uscire dalle “scarpe” del pensiero dominante.
Ma viene subito da chiedersi da dove possano uscire le “ottime Maestre”:
Da quei tinelli, da quegli sguardi di donne che vagano dallo schermo al marito, al figlio, al fratello che lo guarda, che si fa strada l’idea che essere una di quelle donne potrebbe essere l’unico modo per “esistere”?
Certo che no, in quanto è proprio qui che lo stereotipo della donna oggetto prende forma. E neanche nella scuola che
In Italia soffre per la mancanza di risorse economiche e per la disputa politica della quale è terreno da molti anni. Gli insegnanti cercano di utilizzare al meglio i pochi mezzi a disposizione, intanto però è la televisione che ogni giorno insegna a un gran numero di bambini e ragazzi a stare al mondo..
Eppure ci vuole una rivoluzione dei costumi che promuova a pilastro della nostra società la ragione e non la bellezza per raggiungere una reale parità tra i sessi e da qualche parte bisogna incominciare.
E il video della Zanardo, messo in rete, sembra dare i suoi frutti, a giudicare dai commenti e dalle reazioni positive che suscita tra i giovani. Come si rivela positiva la campagna di promozione dello stesso materiale nelle scuole e ovunque in giro per l’Italia, riscoprendo e dando rinnovata vitalità a quei luoghi di incontro , come il nostro Teatro del Popolo, dove la gente sembra ancora andar volentieri per confrontarsi, discutere e far nascere nuove idee .È questo un modo, mi sembra, di agire in sinergia, per promuovere una forma di “illuminismo di massa” utile o , meglio, indispensabile, per muovere le coscienze a indignarsi con piena consapevolezza di causa.
E.L.