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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
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EMOZIONATA-MENTE
di Madamadoré

23/10/2011 - 10:51


Sabato 15 ottobre: sono ad un corso di formazione che dura tutto il giorno...parte un po' lento, noioso, fino a che prende la parola una docente universitaria che con un tono di voce caldo, un ritmo lento, ma incalzante come quello della passione intellettuale, con un linguaggio morbido, colorato e coinvolgente costruisce un mix sapiente di teoria e vita vissuta, regalando alla platea, presente per obbligo, la possibilità di ringraziare di essere lì. Poi si ricade nel teoricismo e nel tecnicismo...e ci salva la pausa pranzo. Un buffet sul posto...arrivarci al buffet è un miracolo...la paura ancestrale di non mangiare, di restare senza qualcosa, di non essere primi, la prepotenza di scavalcare la fila col sorriso che cerca la compiacenza del sorpassato...


Si riparte...combattiamo l'abbiocco pomeridiano facilitato dalla posizione obbligata di uditori passivi,  e di interventi che si succedono uno dopo l'altro... ma si sa le regole implicite, la “paura” di fare brutta figura fanno si che si borbotti con il vicino  a volte stroncando chi sta parlando...ma almeno si salva la faccia e poi siamo giustificati dato che non è previsto un momento di discussione per sforamento dei tempi.
Meno male alle 18 si va a casa.


A casa le cose non vanno meglio...accendo la tv per il solito sottofondo e non si trasmette il solito, ma vengo aggredita dalle immagini della manifestazione a Roma. Resto incollata allo schermo tv e a internet...stupore, paura, rabbia, indignazione...poi qualcosa ancora accade...le immagini di Ghedafi morto...stupore, paura, rabbia, indignazione...e non resto incollata alla tv.
(Una nota: quanti bambini e bambine, cosiddetti minori, hanno visto le immagini dei fatti accaduti in questi giorni? Quanti adulti avranno spiegato, parlato con loro di quello che passava sullo schermo?)


Vado in giro con il mio cane e lascio i pensieri vagare su questi ultimi giorni...ma non su quello che è accaduto, sulle emozioni che mi ha provocato.


Penso che nelle nostre vite ci sia troppa paura, paura di fare brutta figura, di restare soli, di non saper stare soli, di ammalarsi, di morire prima di essere pronti, di non essere all'altezza, di non essere adeguati, di una catastrofe, di non trovare lavoro, di perdere lavoro, di non riuscire a trovare un compagno o una compagna, di non essere amati, di amare troppo, di odiare o di essere odiati, di non essere alla moda, di invecchiare, di non piacere, di non sapere cosa dire, di dire la cosa sbagliata, di sbagliare, di non essere accettati, degli stranieri, di attraversare una piazza buia di una città, o un vicolo poco frequentato, di non essere on line, di non essere raggiungibile e di aver dimenticato il telefonino a casa, della diversità, della diversa umanità...paura che rende fragili, che fa alzare steccati con il dentro e il fuori da noi.


Penso che nelle nostre vite tutta questa paura produca anche tanta rabbia per un infinità di problemi che esistono e che nessuno sembra capace di risolvere. Una rabbia che deriva dal nostro modo di interpretare le situazioni e dal nostro grado di vulnerabilità. Una rabbia che si scatena come reazione ad un limite, come espressione del bisogno di affermare il nostro io. Una rabbia generata dalla sensazione di sentirsi calpestati da qualcosa o da qualcuno, da situazioni di palese ingiustizia e impotenza. Una rabbia globale e intergenerazionale, un prodotto,  una gabbia, una conseguenza o un fine?


Una rabbia globale che non ha bisogno dell'abilità di Pennac per dipingere un signor Benjamin Malaussène, di professione capro espiatorio. Eh già la ricerca del capro espiatorio o al contrario di un capro da osannare ci viene caldamente suggerita come via semplificatoria, sostitutiva di riflessione critica.


La rabbia è un'emozione che genera energia che può anche sfociare in indignazione, un'emozione “sociale”che permette di mettere a fuoco una causa. Ma l'indignazione spesso genera solo rancore e risentimento in una spirale che si autoalimenta, che ha bisogno di dosi sempre più grandi di questa emozione.

Indignarsi non basta, dice Pietro Ingrao

«Bisogna costruire una relazione condivisa, attiva» e aggiunge: «Valuto molto più forte il rischio che i sentimenti dell’indignazione e della speranza restino, come tali, inefficaci, in mancanza di una lettura del mondo e di una adeguata pratica politica che dia loro corpo. Che l’indignazione possa supplire alla politica e, in primo luogo, alla creazione delle sue forme efficaci è illusorio...per noi, continua Ingrao, indignarsi era tutt’uno con l’impegnarsi...

 

E ancora Ingrao sussurra a un giovane: «Pratica il dubbio ogni volta che l’agire collettivo contrasta col tuo sforzo di essere libero
...l’indignazione non dà conto delle modificazioni sostanziali. La mera denuncia, in qualche modo, le occulta»


... Bisogna pur andare avanti e immaginare qualcos’altro...
Cosa vuol dire andare avanti e immaginare qualcos’altro?  Andare oltre alla complicità che deriva dall'indignazione vuol dire delegittimare chi ci fa indignare, l'imprenditore di questa grande impresa, che crea capri espiatori e il loro rovescio in quantità non fa altro che alzare il livello di sfiducia e diffidenza nelle e tra le persone, nei processi e verso le istituzioni, induce a piangersi addosso senza efficacia rispetto all'individuazione della causa...a chi giova?

 

... Bisogna pur andare avanti e immaginare qualcos’altro...

Andare oltre significa avere il coraggio di proporre, inventare, creare, condividere, cooperare, partecipare nel senso di esser parte e prender parte alle soluzioni, proposte, pratiche, progetti, idee e relazioni...e ci vuole più energia e risorse a praticare questo cambiamento, ma vuoi mettere la soddisfazione?

... Bisogna pur andare avanti e immaginare qualcos’altro...

serve passione, creatività, pensiero positivo e amore...per il mondo, per la terra, per il lavoro, per i beni comuni, e per noi stessi e i nostri “fratelli”, perchè dovremo pur costruirla questa “fratellanza” ...
E allora torno alla partenza del racconto...a quella docente universitaria appassionata.


Cosa vuol dire? Appassionato significa  intenso, accalorato, che rivela profonda partecipazione.
Appassionare, attrarre vivamente, impegnando gli affetti e i desideri
Appassionarsi, applicarsi, dedicarsi con tutte le forze
Se non si è appassionati si può appassionare?
Cosa vuol dire appassionarsi e cosa vuol dire appassionare?
Come si traduce concretamente?
Si può imparare ad appassionare e ad essere appassionati?

 

Io ho le mie risposte a queste domande.


Intanto trovo difficile pensare che una persona non appassionata possa appassionare qualcun altro, infatti per me una persona appassionata lo è prima di tutto verso se stessa nel senso di sapere di sé, avere consapevolezza dei suoi miti, delle sue credenze, della sua filosofia, far dialogare i propri io. Poi l’appassionamento lo traduco nella apertura all’altro, inteso come mondo, come oggetti, persone, significati.


E ancora il tutto si traduce nella voglia e capacità di fare e farsi domande, nella capacità di interrogarsi, nella capacità di dare e darsi tempo, di fare e farsi spazio fisico e mentale, nell’essere curiosa, nello sporcarsi le mani, nel farsi prendere e nel prendere, nel dare e nel darsi.


Appassionarsi permette di riscoprirsi esseri cognitivi, capaci di pensare, di interrogarsi sul perché delle cose. Aiuta a negoziare le proprie definizioni di realtà, di relazione, il proprio sistema di riferimento.


Appassionarsi per attivare le energie di cui disponiamo, per dare forza  alla spinta che ci serve per costruire e praticare una ri(e)voluzione di cui tutti sentiamo il bisogno.
 
 
 
 

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