Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
L’intervento del professor Banti, le scene teatrali di ATTIESSE e un pubblico attentissimo
Sono le 9.30 della sera di venerdì quando la sagoma di popolano risorgimentale sale sul palco del Teatro del Popolo di Migliarino. Silenzio in sala. Un attimo dopo dice:
“Risorgimendo lo ‘onfondono con Rinascimento. Il Risorgimento è l’epoca più storica del progresso. Vor di’ che si risorge, rinvia a dove eramo rimasti”.
Risatine dal pubblico. Poi dalla terza fila a parte un urlo e la sagoma di Mazzini si alza dalla poltrona, conquista il palco e attacca:
“A’ teutonici gli toccò ingolla’. Dicevano che chi fumava ir sigaro era un carbonaio, allora il giorno dopo anche i bambini in carrozzina c’avevano ir sigaro in bocca ar posto der ciuccio”.
Dalle risatine si passa alle risate aperte. C’è stato molto di più venerdì sera al Teatro del Popolo. Questo era solo l’inizio del “Gran bailàmme dell’Unità d’Italia” recitato dal gruppo teatrale ATTIESSE. (Applauso).
Sono le 10, Renzo Antichi presenta il video curato dall’Associazione culturale La Voce del Serchio con immagini tratte da trasmissioni popolari dalla Tv: Roberto Saviano che a Vieni via con me recita il giuramento di affiliazione alla Giovine Italia, Roberto Benigni che a Canzonissima elogia l’Inno di Mameli e, fuori dal coro, Giorgio Gaber che canta Io non mi sento italiano (ma per fortuna lo sono) mentre scorrono le immagini dei disastri e delle bellezze che ci sono in Italia. (Applauso).
Sono le 10.20 quando la storica Elsa Luttazzi presenta il lavoro di Alberto Mario Banti, uno dei massimi risorgimentisti italiani e professore di storia contemporanea all’Università di Pisa comincia il suo discorso sul tema “L’unità d’Italia 150 anni dopo”.
“Non esiste una nazione italiana”, comincia così il prof. Banti e dice che “nutre forti dubbi sul fatto che il Risorgimento possa essere considerato un mito fondativo, anche se è stato rilanciato solo perché siamo nel 150°”.
Per il pubblico presente, variegato e intergenerazionale, è un piacere ascoltare uno storico che parla con rigore e a un tal livello di profondità della “nazione italiana dal Risorgimento al fascismo” da far risultare semplici le questioni complicate che affronta.
Muovendosi controcorrente rispetto ad una tradizione storica che ha affrontato il problema del volontariato in termini di misurazione del numero dei combattenti, Banti parla del Risorgimento come “un movimento di massa”, analizzato nell’Annale della Storia d’Italia Einaudi, curato da Banti stesso e Paul Ginsborg. Poi banti si sofferma su “un aspetto che nella retorica celebrativa si perde ed erano le fratture molto profonda che c’erano nel movimento risorgimentale tra repubblicani, monarchici, democratici, moderati, federalisti e centralisti”. E aggiunge come esempio: “Mazzini rientra dall’esilio sotto falso nome, si fa chiamare Giorgio Brown, perché la polizia lo sta ricercando per l’organizzazioni di insurrezioni repubblicane e si nasconde a Pisa dove muore nel 1872.
Interessanti le osservazioni a proposito del nesso tra “genere e nazione” e cita in proposito un documento del 1865 in cui i diritti delle donne sono assenti, si tratta del Codice civile italiano dove vige i”l principio dell’autorizzazione maritale, che consente a un adonna che dispone di un patrimonio di poterne usufruire solo se il maritole concede un’autorizzazione scritta. Per Banti il Risorgimento è un movimento maschilista, nei melodrammi ottocenteschi si parla di “stupri consumati da parte di stranieri a danno di caste e pure eroine della nazione”; cita I promessi sposi, un romanzo che “gira intorno a una macchina narrativa che ha il suo centro la fantasia e il progetto di stupro di Don Rodrigo ai danni di Lucia”, e mette in evidenza la costante presenza nelle narrazioni nazional-patriottiche questi intrecci che servono ad alimentare odi e ad attrarre patrioti.
Nella parte finale Banti parla della reazione del papa e dei “cattolici intransigenti che no riconoscono il nuovo Stato e dell’insorgenza contadina del definita brigantaggio. Tutte queste fratture, conclude Banti sintetizzando la tesi centrale del suo libro Sublime madre nostra, “sono ricomposte dall’idea di nazione italiana per la quale bisogna qualcosa”.
Banti ricorda altre figure centrali per costruire l’identità nazionale del patriottismo risorgimentale: la nazione esiste come legami di parentela e di suolo, “è cittadino di uno stato nazione chi è figlio di nazionali, ius sanguinis, o chi nasce sul territorio patrio”, ius soli. Il sangue cementa l’unità nazionale e bisogna spargerlo per la patria, riprendendo dalla tradizione cristiana la retorica del sacrificio e del martirio”.
Quest a concezione biopolitica è ripresa interamente dal fascismo, così Banti si diverte a proporre un gioco e legge alcuni testi che “sono un concentrato questo sistema di valori”, per cui è difficile individuare se sono tratti dal Codice civile italiano del 1865 o dal best seller Cuore o da alcuni documenti fascisti.
Sono all’incirca le 11 e così Banti conclude, “facciamo bene a celebrare il 150°, ma dobbiamo essere più consapevoli”. (Bravo professore! Applausi).
Nella discussione sono intervenuti operatori scolastici e, tra gli altri, Laura Barsotti, candidata a sindaco per la lista “Tradizione e futuro” e il sindaco di Vecchiano Giancarlo Lunardi.
Brevi e chiarissime le risposte di Banti che dice: “mito fondativo della Repubblica italiana non è il Risorgimento, ma la Resistenza e la Costituzione. È difficile che un sano sentimento di italianità possa scaturire dalla primitiva automaticità del diritto di sangue o del diritto di suolo, com’è difficile che un sano patriottismo possa scaturire dal revival di controverse memorie storiche. Amiamo l’Italia, ci sentiamo italiani perché parliamo italiano e perché c’è una straordinaria Costituzione, un testo, un patto collettivo che festeggiamo il 25 aprile e il 2 giugno ricorrenze che ricordano la vera origine della nostra Repubblica”. (Caldi applausi).
Ecco che il palco entrano in scena tre attori, interpreti di una gustosa scenetta con una nonna iperprotettiva, una studentessa ventenne che non azzecca una risposta delle domande di storia che un insegnante disperato le fa, una scena che fa per che fa pensare al difficile nel compito della scuola di educare ad una seria conoscenza dei valori e delle norme che disciplinano la vita pubblica. Queste regole sono raccolte nella Costituzione e la performance finisce con gli attori del gruppo teatrale ATTIESSE che leggono i principi fondamentali. Sottofondo musicale: “Fratelli d’Italia…”. (Applausi a scena aperta).
Sono le 11.30, Bruno Baglini con il suo fare naturale da il via al brindisi per la Costituzione, parte il coro della Traviata di Verdi: “Libiam, libiamo nei lieti calici…”. Apprezzati i sacchettini di confetti bianchi rossi e verdi confezionati da Lisa Scatena, si beve un sorso, si porta a casa qualche spunto di riflessione e anche un sacchetto di verdura e frutta di stagione, come ormai è consuetudine negli incontri dell’Associazione culturale La Voce del Serchio. Si compra il libro di Banti dall'improvvisata libraia Giulia Baglini. Siamo alla fine di una serata seria e festosa. È un qualcosa che appartiene al meglio che abbiamo o che potremmo avere.