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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
PISA-Provincia
Intervento di Giacomo Sanavio - Assessore Provinciale

25/11/2011 - 0:15


Il senso di responsabilità a sostegno del governo di impegno nazionale non faccia mancare il riconoscimento del bisogno di alternativa e l'impegno per la sua costruzione
 
Siamo in mezzo ad una crisi di sistema, che è crisi del capitalismo finanziario, della società di mercato, delle economie di carta. Forte è l’impatto - in negativo -  sulle risorse e sui diritti.
I nuovi equilibri globali hanno modificato la distribuzione mondiale del lavoro; siamo al limite di rottura del sistema del consumo ed al decadimento del “modello” dell’Occidente, con la fine del neo-liberismo occidentale basato sui seguenti presupposti: meno Stato, solo mercato, l’adozione di politiche di potenza, sfruttamento delle risorse e del lavoro.
 
Accanto a questo ed in contrapposizione ad esso si registrano le dinamiche e la spinta al cambiamento che le società esprimono: mi riferisco ai movimenti per le libertà e per il pane, agli “indignati” contro la finanza; ai giovani che rivendicano il loro diritto al futuro; al movimento costituitosi intorno ai referendum di giugno rimettendo al centro il tema dei beni comuni; alle elezioni di Napoli e Milano.
 
Di fronte a tutto questo, la politica appare impotente ed incapace di comprendere e di offrire “nuove vie”. A fronte di una comunità che si fa “esigente”, che sente la complessità delle interrelazioni tra i fenomeni, occorre, invece, una politica coraggiosa, che torni a fare “pensieri lunghi”, che non insegua il consenso “lisciando la pancia” o coltivando clientele, ma che proponga una “via” e che cerchi di guidare un processo di cambiamento.
 
La sfida che abbiamo di fronte è, quindi, prima di tutto culturale e ruota intorno alle seguenti domande:
-         Quale modello sociale?
-         Quale modello di sviluppo?
-         Quale democrazia?
 
Sul piano dell’analisi, occorre partire dalla necessaria critica radicale al modello liberista, dicendo “sì” ad un’economia di mercato – anche se più etica e sociale – ma dicendo “no” alla società di mercato, dove tutto è merce, persino i diritti ed anche il lavoro!
 
Sul tema del Lavoro, appunto, c’è la necessità di riaffermarne dignità sociale e centralità. Non basta “creare lavoro”. Le politiche di destra del governo di questi lunghi anni lasciano all’Italia un messaggio culturale aberrante, secondo il quale tutte le responsabilità – anche quelle della crisi del sistema capitalistico neo-liberista – dipendono dalla produttività dei lavoratori. Da questa tesi di fondo ne discende una precarietà fuori controllo e senza tutele, licenziamenti più facili, abbassamento dei salari e, più in generale, contrazione dei diritti dei lavoratori.
 
Anche per queste ragioni occorre definire nuovi paradigmi: uno sviluppo non può essere “misurato” con l’andamento del PIL o dagli indici di Borsa! Lo sviluppo è tale se c’è qualità, innovazione, vera sostenibilità; se costruisce, cioè, “qualità della vita” e “ben-essere”, non “ben-avere”; se si pone l’obiettivo di ampliare la gamma dei diritti e - di conseguenza - gli spazi di libertà individuali e collettivi; se produce beni per i cittadini e non merci per i consumatori; se rimette al centro i territori, le loro vocazioni e il loro rispetto (quello che oggi manca e le cui conseguenze piangiamo anche in questi giorni); se rimette al centro la persona umana e i beni e servizi ad essa necessari. Non i mercati e la speculazione!
 
Dobbiamo renderci conto che non tutto è possibile; non tutto è vero sviluppo. Dobbiamo assumere come punto di vista e di orientamento nelle scelte il “senso del limite”, con cui definiamo quel punto di vista generoso e non egoista che ci impone di pensare a chi verrà dopo, che non basta pensare all’oggi. Il modello industriale non va bene per tutto; tantomeno può essere adottato come punto di vista o di analisi e misurazione del benessere. Il tema delle risorse naturali e della loro conservazione è essenziale. Non si tratta di contrapporre crescita a decrescita, ma di assumere l’orientamento crescita/decrescita sulla base di categorie “nuove”, fondate invece su valori “antichi” e quindi far crescere: i servizi, le energie verdi (dove servono, quante ne servono – senza speculazioni), i trasporti pubblici, l’economia plurale (sociale e solidale), le agricolture e gli allevamenti biologici (il cibo costituirà sempre più l’elemento centrale nei conflitti futuri!);  trasformare le nostre città per i cittadini – non per le auto, tantomeno per la rendita. Occorre allo stesso tempo far “decrescere” le “intossicazioni” date dal modello consumista, le abitudini alimentari ed il modello di produzione di tipo industriale, la produzione di oggetti “usa e getta”, di apparecchi non riparabili, il traffico delle auto private e dei camion, la costruzione di nuove strade (che “chiamano” altre auto ed altri camion), di capannoni vuoti.
O assumiamo in toto il tema della riconversione ecologica dell’economia oppure non ha senso continuare a parlare di “sviluppo sostenibile”.
 
Abbiamo bisogno di rifondare un modello di democrazia utile anche al raggiungimento di questi obiettivi; la democrazia come valore e non come semplice forma di governo; una democrazia più partecipata – ma sulle idee e non sui nomi – che riconosca a pieno l’autodeterminazione del cittadino; una democrazia economica, alimentare, energetica, che torni ad essere “il potere del popolo”, che abbia il coraggio di mettere al centro la “questione fiscale”, quale primo patto tra Cittadino e Stato e quale strumento di giustizia ed uguaglianza. E quindi affrontare la crisi ed il problema del debito, sempre assumendo quel punto di vista generoso e non egoista verso chi verrà dopo di noi, senza bisogno di colpire indiscriminatamente pensioni e servizi ed attuando una vera lotta all’evasione.
 
Questo è ciò che vorrei che pensasse, dicesse e facesse il Partito Democratico! Ma so anche che è proprio questo ancora il problema del PD, “ingessato” sul piano dell’elaborazione politica dalle differenze tra chi strizza l’occhio al neo-liberismo e che si sente nel solco della cultura socialdemocratica. E’ quanto mai urgente invece trovare una sintesi nuova, una “nuova via” tra queste posizioni, anziché parlare di primarie! Altrimenti non credo che saremo uno strumento utile al Paese e falliremmo l’obiettivo di svolgere una nostra funzione storica.
 
Quanto alle persone, scegliamo i “migliori”, non quelli che “si sentono i migliori”, tantomeno i più obbedienti o coloro che “non disturbano il manovratore”, né coloro che “grazie al disturbo” vengono premiati! Misuriamoci sui contenuti, non nella logica degli accordi tra correnti. Alla gente, alla gente che abbiamo l’ambizione di rappresentare, logiche diverse dalla capacità, dal vero merito, non interessano.
 
Sono questi i temi che ritengo essenziale affrontare per costruire l’alternativa per il governo del Paese. Senza perdere l’attenzione alla fase di emergenza che stiamo attraversando. Senza far scemare il senso di responsabilità per le sorti immediate. Ma senza rinunciare a credere ed a costruire un futuro migliore.
 
Giacomo Sanavio


 

Fonte: Giacomo Sanavio
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