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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
FINALMENTE DOMENICA!
di Ovidio Della Croce
Quando il pane parla

18/12/2011 - 11:51

Qualche segreto antico e il progetto della filiera di Vecchiano che sa di futuro
 
Il giorno prima di fare il pane per la cena, di pomeriggio, io e mia figlia siamo andati a fare le fascine nella campagna di Vecchiano, a casa di Alba, Giorgio e gli altri. Abbiamo preso via della Barra, ma non sapevamo di preciso dov’era la loro casa. Ci siamo fermati e abbiamo chiesto dove fosse il Centro nuovo modello di sviluppo. Ci ha risposto una signora: “Ah, quelli della comunità, prendete il lungo monte sulla sinistra e arrivate all’ultima casa”.
 
Ci ha accolti Alba con un cappello di lana in testa e un bel sorriso. Ho presentato mia figlia Laura e quando ci si comincia conoscere cominciamo tutti a sembrare un po’ più belli. C’era Francuccio, su una piana, che curava un olivo. L’ultima volta che ho visto Francesco Gesualdi detto Francuccio, credo che così lo chiamasse il suo maestro Don Milani, è stato nel giugno scorso al “Cineclub Arsenale”. Lui stava parlando per l’acqua bene comune. Sembrava impossibile vincere il referendum, ma lo vincemmo. Francuccio lavora da una vita per un'altra economia, in campagna con calma, con amore, con passione.
 
C’era il sole, ma tirava vento, ero contento. A me la campagna piace col sole e con un po’ di vento. Alba, che in campagna ci vive sempre, a Natale e in tutti i giorni dell'anno, mi guarda e fa: “Uhm, domani il tempo cambia”. Godiamo dell’aria fresca, ci infiliamo i guanti e aggrediamo un cumulo di tronchi ricoperti dai rovi. Un paio d’ore di lavoro, ci scaldiamo il corpo e accumuliamo la legna sufficiente per cuocere il pane. La dividiamo e mettiamo i rami piccoli davanti al forno e quelli più grossi li accatastiamo. “Servono per due cotture diverse”, dice Alba. Prendiamo accordi per la mattina dopo, ci salutiamo.
 
La mattina, alle otto in punto, per la lavorazione del pane va soltanto mia figlia. Quando torno dal lavoro, ascolto curioso la cronaca di Laura che racconta come ha fatto il pane e per me questo racconto dice di più di quello che dice.
 
La sera prima Alba ha aggiunto acqua e farina alla pasta madre e l’ha rimessa in frigo. La mattina la pasta madre è stata divisa in due ciotole e una terza parte è stata conservata nel frigorifero. Una ciotola per Alba e una per Laura. Sul tavolo c’è un recipiente con acqua tiepida. La farina era messa a cerchio, hanno aggiunto miele, sale e acqua. Si impasta “a zampa di gatto”, dice mia figlia, mi fa il cenno della mano che stringe le cinque dita e “bisogna mantenere l’impasto malleabile, senza farlo rapprendere subito”, aggiunge con l’orgoglio di chi pensa che dietro un gesto delle sue mani la mente di Alba prima di lei è già volata. Poi l’impasto è stato messo su una tovaglia e ricoperto con un panno di lana per tenerlo al caldo e farlo lievitare meglio. A questo punto hanno acceso il forno a fuoco vivo per circa due ore. Dopo un’ora di lievitazione Alba e Laura sono tornate in cucina, hanno diviso i due impasti in otto spicchi, hanno lavorato ogni pezzo per qualche minuto fino a dargli la forma di una pagnotta o di un filo di pane e li hanno messi su un vassoio di legno dove, coperti da una tovaglia, hanno posato un’altra ora. Di nuovo si va a gestire il forno e si aspetta che sia rimasta la brace. Dice Laura con gli occhi di chi vede che dietro quella sapienza ci sono già stati gli occhi di Alba: “C’è un trucchetto per vedere quando il forno è caldo al punto giusto: si butta un po’ di farina, se diventa subito nera la temperatura è troppo alta, se piano piano indora è giusta”.
La cottura è durata poco meno di un’ora.
 
Il pomeriggio, verso le sei, vado a prendere il pane da Alba. Piove, come aveva detto Alba, ma in macchina con quell’odorino di pane ero contento e ora non so più se la campagna vecchianese mi piace più col sole o quando piove. La sera a cena guardavo quel pane nelle cestine e l’acqua nelle caraffe. Il pane quando hai fame e l’acqua quando hai sete. Le bocche delle persone che si sono gustate il pane casalingo come i piatti preparati da Massimo o le torte fatte da Graziella. E le mani delle persone che, a fine serata, hanno accolto ben volentieri l’invito a portarsi via il pane avanzato, come si faceva una volta, per non sprecarlo. Allora alcuni gesti insensati come soffiare su un pezzo di pane caduto a terra per mangiarlo o baciarlo prima di buttarlo, come ci hanno insegnato da piccoli, mi pare abbiano acquistato un senso. Recuperare il pane raffermo per la zuppa, per la bruschetta, per la panzanella, per il pancotto… Sapere che il pane fatto da Alba per il Gruppo di acquisto solidale di Vecchiano è legato al progetto della filiera locale di produzione del grano, della farina e del pane quotidiano che va avanti dal 2009. Un progetto dove vola la mente del Centro nuovo modello di sviluppo, dove ci sono gli occhi e le mani di Alba, dove ci sono le emozioni di chi assapora quel pane, coopera e riscopre il gusto e la voglia di fare. Dove ci sono emozioni c’è vita. Dove c’è vita c’è futuro.
 
http://www.gasvecchiano.altervista.org/


http://www.cnms.it/


P.S.

Grazie di nuovo Alba e Giorgio, mi scuso per le imprecisioni del racconto, un abbraccio a tutti e tutte voi
 



Fonte: In allegato "Pane, bene comune", l'articolo di "Atreconomia" che illlustra il progetto del Des
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19/12/2011 - 20:22

AUTORE:
Alba

Ciao Ovidio,
ieri sera ti ha risposto Giorgio, ora voglio scriverti anch'io per ringraziarti del tuo bell'articolo.

Solo una piccola precisazione su un passaggio del tuo scritto che chi condivide questa pratica può trovare un po' strano:

"... La sera prima Alba ha aggiunto acqua e farina alla pasta madre e l’ha rimessa in frigo. La mattina la pasta madre è stata divisa in due ciotole e una terza parte è stata conservata nel frigorifero....."

La pasta madre "rinnovata" non si mette in frigo la sera, ma si lascia al calduccio della stanza perchè i lieviti e i fermenti possano replicarsi numerosi in modo da essere pronti a diventare lievito dell'impasto della mattina.
Si mette in frigo solo la mattina dopo quella parte che si manda in letargo in attesa di una nuova panificazione.

Del resto questo è un momento del lavoro che non abbiamo condiviso, ve l'ho solo raccontato e questo piccolo errore sottolinea quanto sia importante vedere e condividere per capire bene le cose.

Visto che ho parlato di errore, ti racconto anche questa storiella. Forse la sai già.
Pare che anche il pane possa essere nato da un errore, una dimenticanza preziosa.
I nostri antenati, quando da nomadi diventarono agricoltori, stanziali, in questa parte di mondo hanno iniziato a coltivare il grano. I semi li macinavano in maniera rudimentale per poi mescolare con acqua quello che ricavavano e cuocere direttamente sul fuoco questo impasto.
Qualcuno deve aver dimenticato per qualche giorno questo impasto in una ciottola. Tornando dopo un po' di tempo deve essersi accorto che quell'impasto aveva assunto un aspetto strano... era gonfiato, lievitato appunto. Provando a cuocerlo si è reso conto di quanto fosse più buono in questa forma che non cuocendolo subito dopo averlo impastato con l'acqua, di come cioè il tempo trascorso avesse migliorato le caratteristiche dell'impasto.
Una dimenticanza quindi, un "errore rivoluzionario" se si pensa a come sul pane si sia basata poi la nostra civiltà mediterranea.

Errore rivoluzionario, tempo che migliora le cose.... è con questo spirito che ogni martedì mi appresto a condividere con gli altri del gruppo di acquisto solidale questo momento di lavoro comune.

Ed è per questo che, quando Mina mi ha chiesto la disponibilità a fare il pane per la bella cena che avete organizzato, le ho risposto subito: "Certo, basta che qualcuno di venga con me a preparare un po' di legna e poi a fare il pane".
Per me il pane è un momento di condivisione con altri del lavoro manuale, sempre più assente dalle nostra vita quotidiana, ma importante per dare il giusto peso alle cose che quotidianamente "usiamo" senza pensare a cosa c'è dietro.

Proprio per sottolineare l'importanza del lavoro manuale la prima volta che abbiamo fatto il pane con il gruppo di acquisto vecchianese (nel luglio del 2009) ho fatto trovare a tutti i partecipanti un bigliettino insieme alla pagnotta con questo breve brano di Gibran che ti riporto qui sotto:

“Il lavoro è l'amore diventato visibile.
E' seminare dei chicchi con tenerezza e raccogliere la messe con gioia come se fosse il nostro amato a doverne mangiare i frutti.
E' mettere in ogni cosa che voi fate un soffio del vostro spirito..... Perchè se fate il pane con indifferenza, farete un pane amaro che spegne solo a metà la fame dell'uomo”.

Khabil Gibran, Il discorso del panettiere

18/12/2011 - 21:05

AUTORE:
Antonio Ceccherini

Caro Ovidio,
il primo grazie è per l'invito a quella cena, deliziosa, dove i sapori, i racconti, l'ironia, l'impegno erano perfettamente dosati in quantità e tempi, come se anch'essi fossero descritti in una ricetta dell'Artusi. Il secondo grazie è per la descrizione della preparazione del pane, anch'essa perfetta, tanto che mi sono tornate immagini (e profumi) di quando ero bambino, ricordi lontanissimi, legati solo ai miei primissimi anni di vita, una sensazione buona.
Quella di venerdì è stata una serata piena di sapori antichi, non solo per il palato, si potevano respirare.

18/12/2011 - 18:00

AUTORE:
antonietta timpano

Ho atteso prima di scrivere, che l'entusiasmo lasciasse spazio alle parole che potessero esprimere gratitudine. Sono grata a chiunque abbia ideato, organizzato e realizzato quella meravigliosa serata di venerdì 16 dicembre.

Il pane era più gustoso di qualsiasi leccornia decantata da Collodi , nel "paese dei balocchi".
Adesso che conosco le tappe della sua elaborazione , sento il sapore ancora più vivo sul palato e mi rammarico di non aver osato "arraffare" le fette rimaste. E' bello , però, ricordare il gusto di quel pane pieno di amore. Si assaporava il piacere delle mani dentro l'azione dell'impastare e si gustava la tradizione del gesto che passava da una donna ,Alba, ad una giovane donna ,Laura, rapite dal medesimo incantamento.
Ho pensato che anche io avrei desiderato inconsciamente che uno dei miei genitori mi avesse accompagnata da chi considerava detentore di una tradizione fondante la nostra cultura alimentare: come lavorare e cuocere il pane! E' capitato a me da piccola o da ragazza, di assistere alla preparazione dei pani fatti in casa. Noi molinesi avevamo la Genny , zia di Antonella, che ha trascorso la vita a 'fare il pane', che poi vendeva in negozio. Nessuno degli adulti intorno a noi , però, ci sensibilizzava sull' importanza delle azioni sequenziali nè sul valore "politico" che esiste dietro tutta la preparazione . A partire dalla scelta degli ingredienti.
Trovo che oltre al pane, all'acqua , all'ottimo cibo, alla presenza di persone nuove , belle e convinte , di persone conosciute e sempre amate e ammirate, l'altra sera abbia parlato tutto quello che c'era.
Il tutto ha parlato meglio e di più della somma delle parti. Grazie OVIDIO e grazie a chi ti prende sul serio e ti segue.Antonietta