Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
È passata la Befana, di notte come consuetudine, lasciando regali a tutti i bimbi buoni e anche il nostro Maciuccoli ha avuto la sua: venuta a volo sulle ali e non sulla scopa, testa nascosta dall’acqua e non da nera pezzuola, ai piedi scarpe “rosse” e non “rotte”, voce monotona cantilenante e non comprensibile, ma… uguale l’attributo datole dalla canzoncina toscana, il culo tondo!
Nota a tutti la sua storia, il suo simbologismo e meno noto il suo etimo.
Non andiamo a cercarlo indietro nel tempo romano e nelle sue innumerevoli feste pagane tramutatesi poi in solennità cristiane, ma fermiamoci a Pisa nel 1824 e alleggeriamoci dal peso ascoltando le parole di un poeta giocoso.
Antonio Guadagnoli (Arezzo, 1798 – Cortona, 21 febbraio 1858), figlio del poeta bernesco Pietro, studiò presso il seminario di Arezzo, tanto che alcune sue operette sono firmate “abate Guadagnoli”, per poi laurearsi in giurisprudenza nel 1821 all’Università di Pisa.
La sua produzione letteraria (poesie, novelle) ha sempre un tono divertito e colloquiale con arguzia e satira, talvolta equivoca, che non piacquero molto al Leopardi quando lo conobbe a Pisa criticandolo duramente, ma aggiugendo che “un riso sincero e una perfetta gaieté de coeur non gli facciano difetto ».
Nella sua opera: Poesie giocose e inedite appare L'ORIGINE DELLA BEFANA dove spiega il perché dello strano nome in 30 sestine:
[…] Come c'entrano i fuochi d'artifizio,
Dei ciuchi il palio, ovver del ponte il gioco
Con Ranier, con Giovanni, o con Maurizio,
Che omai beati nel celeste loco
Ridon di noi che non abbiam giudizio?
Inoltre, che ha che far coi Santi il cuoco?
E pur senza gran pranzi, o laute cene,
Par che una festa non finisca bene.
Il popolo vuol esser divertito;
E giuochi infatti, e varie danze fersi
In ogni lor religïoso rito
Fra gli Arabi, gli Ebrei, gli Assiri e i Persi;
Anche il nostro, alla Fede convertito,
Paganici mantenne usi diversi;
Ed è però ché in mezzo al cristianesimo
Qualche avanzo veggiam del gentilesimo.
Della Befana sull'origin varia
Molto si è detto, e molto si è stampato;
Chi vuol che fosse quell' ancilla ostiaria
Che si trovò nell'atrio di Pilato;
Chi la nonna d'Erode ottuagenaria,
Chi la zia di Barabba, e chi ha pensato
Che venga da due Celtiche parole
Adatte ad indicar « fuoco del sole ».
Ma che cosa han che far le donne brutte
Col sol? che fan paura anco di notte
Ai bamboli non meno che alle putte,
Che con stridule voci ed interrotte,
S'attaccan delle madri alla sottana,
E gridan: mamma! uh ecco la befana! […]
[…] Il popolo festevol, come suole,
Volle perpetuarne l'allegrìa
Con una pia rappresentanza in tre,
Figurando che fossero i tre Re.
E quando Guido Monaco inventò
Le famose do, re, mi, fa, sol, la,
In Roma in questa sera si cantò
Più d'un'aria nel tuono di be-fà;
Con flauti e corni poi s'accompagnò,
(Ché i corni sono usati in ogni età )
E dette forse questa intonazione
Alla Befana la derivazione. […]
[…] Sol m'oppongo a un Francese, che dissemina
Che origin'ebbe da toscana femina.
Che se il popolo intende per Befana
Una donna che sìa di viso brutto,
Perché darle l'origine in Toscana?
O che le brutte non vi son per tutto?
Andiamo un poco nella Val di Chiana,
O là donde ne viene il buon prosciutto,
Guardiam le Valdarnotte, e Romagnole,
E vedrem che bei tòcchi di figliole!...
L'ospital, la gentil, la colta Siena,
Ditemi in grazia, signor conte mio,
Di belle donne non è forse piena?
Non han le Fiorentine e grazia e brio,
E angelica beltà più che terrena,
Belle spalle, be' fianchi, e che so io?
E non dirò che tutte le Pisane
Sien belle, ma nemmen tutte Befane.
E quantunque lasciasse scritto a noi
L'abatin di Certaldo in gentil prosa,
Che parevan lucerte ai tempi suoi,
Son le Pisane d'oggi un'altra cosa;
Benché anche allor, come soggiunge poi,
Fu la Gualandi una gran bella sposa!
E se piantò il marito, ch'era tisico,
Fu perch'ebbe riguardo del suo fisico.
Non credo ch'oltre monte, od oltre mare,
Vi sia gente incivil tanto e scortese
Che venga a faccia fresca ad insultare
Le donne tutte del Toscan paese.
Forse, e più ragionevole mi pare,
Ci son di gran bel fam disse in francese,
E qualcuno un po' grosso di campane
Intese che ci son di gran befane.[…]
[…] Per altro: se il di cinque di gennajo
Vengon sol le Befane e se ne vanno,
Come creder si può che a Tizio e a Caio
Tornino tante volte in capo all'anno?
Eh! qui gatta ci cova; o c'è del guaio!
Ma può darsi che sieno, anzi saranno,
Le Befane del cinque le ordinarie,
E tutte l'altre le straordinarie.
Dice il proverbio che chi cerca, trova;
Perdinci! altro che io sudo, e m'ammazzo
Per trovar la Befana, e non mi giova;
E sì che non son poi brutto ragazzo!
Ma vo' far da qui avanti un'altra? prova....
Lasciamo star, sarebbe un'imbarazzo;
Estro il ciel mi mantenga, e membre sane:
E al diavol vadan tutte le Befane!