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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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. . . . . . . . . . . a tutto il popolo della "Voce". .....
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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
IL PROVERBIO
Sotto la neve pane...

6/1/2012 - 16:16



Il proverbio di oggi:

Sotto la neve pane,
sotto la pioggia fame.
 
Il modo di dire:
Muovere le chiappe!!
Sbrigarsi, darsi una mossa.
 
Dal libro “Le parole di ieri” di G.Pardini
 
E TI CAA LA BEFANA
Lett: nc.
Frase, o modo di dire, che indicava l’imminenza di una punizione o di un castigo, od anche una situazione di pericolo da cui poteva scaturire una punizione.
Usata ancora oggi, non se ne conosce l’origine e nemmeno la perfetta interpretazione.
Il verbo "caare" oltre che per il suo significato etimologico, era utilizzato spesso anche con il significato di lasciare.
E’ andato a pescà e m’ha caato a casa ” mi ha lasciato a casa,
hai caato tutto lì?” hai lasciato tutto lì?
La Novara di Migliarino dilà riporta un curioso e antico modo di dire per indicare un fannullone:
Lui lì mangia, caa e fa del sugo!


FATTA
Lett: FATTA, toscano [Escrementi che lascia la selvaggina, dove usa].
In verità il termine fatta era usato per indicare quelle grosse lasciate delle vacche sul terreno, infide e pericolose per i campeggianti e gli amanti della natura in genere.
Nella zona di Lucca il termine è passato ad indicare anche grosso e grande, sempre però con una connotazione negativa.

Es. “Lu lì –lucchese-è uno stronzo di prima fatta!
 
FATTEFINE
Lett:nc.
Non esiste in italiano un vocabolo che si avvicini minimamente a questo simpatico e curioso termine dialettale.
Il significato di “alle fattefine” è letteralmente infine, alla fine, ma non ha un significato perfettamente corrispondente all’italiano. Alle fattefine è termine conclusivo, il punto fermo, risolutivo dell’episodio, o il colpo di scena finale, unico e un po’ teatrale, del racconto.
E’ termine usato infatti prevalentemente nella lingua parlata, nel racconto di una storia, di un’avventura, ed è calato sull’auditorio come conclusione assoluta e liberatoria di tutta la vicenda.
 
FAVA
Lett: FAVA .[Baccello, genere di pianta delle leguminose]
In dialetto, oltre al baccello, si chiamava fava anche la parte terminale del pene maschile, il glande, cioè la parte coperta dal prepuzio. Era termine, in effetti, piuttosto volgare. 
Si utilizzava anche in un modo di dire particolare con cui si voleva esprimere o una risposta evasiva ad una domanda ritenuta sciocca, o un diniego ad una richiesta.
La mi’ fava….” era la frase utilizzata, talvolta accompagnata da un altrettanto volgare toccamento.
Esistevano anche alcune “fave” firmate:
la fava d’Aronne…” probabilmente originata dalla erronea traduzione del termine verga, il bastone che il personaggio portava nella mano.
la fava di Noe’, pesava un chilo e trentatré”, filastrocca popolare un tempo molto conosciuta.
Per estensione il termine fava si utilizzava anche per indicare il pene nella sua interezza, specie quando si voleva indicare quello degli animali come ciuo, miccio, cavallo, notoriamente attrezzi di più che generose proporzioni.
Da fava (baccello) deriva il famoso proverbio “Pigliare due piccioni con una fava” cioè “Ottenere due intenti nella medesima congiuntura”.
Fave de’ morti” diconsi certi piccoli dolci in forma di fave, che si mangiano nel giorno de’ morti: perché le fave furono dagli antichi latini reputate cibo da espiazione, che soleva mangiarsi nelle epulae ferales o banchetti funebri.

 
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