Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Ci stiamo oramai abituando al peggio.
Viviamo oramai rassegnati ad una vita sciatta e monotona, povera di principi e di valori, con qualche tentativo di uscita da questa triste e umile condizione mediante ricorrenti frequentazioni di botteghe e negozi e periodici pellegrinaggi versi i Grandi Magazzini dello Sconto e delle Grandi Firme.
Sempre alla ricerca di quelle cose di cui non abbiamo bisogno ma che ci alleviano in parte, e per qualche tempo, la tristezza della nostra condizione di semplici e passivi consumatori.
Ci siamo abituati oramai alla prepotenza del potere costituto, sia essa si presenti sotto forma di un qualunque pubblico ufficiale che fa dell’arroganza il suo “modus operandi” o di un semplice impiegato d’ufficio che dopo una enorme fila ti dice che lui non è competente e devi tornare al piano di sopra (da dove naturalmente sei venuto).
Siamo abituati a subire la prepotenza ma spesso ne siamo noi stessi gli artefici. Un brutto atteggiamento aggressivo ed una mancanza di cortesia che giustifichiamo con la fretta e con l’eccessiva competizione che ci impone oggi la vita di relazione ed il lavoro e che ci costringe, se non alla sopraffazione, almeno alla strenua e ossessiva difesa dei nostri diritti anche in settori non certo sensibili e fondamentali come una precedenza in auto o una fila in banca o dal medico.
Siamo tanto abituati alla prepotenza e alla protervia che talvolta la gentilezza di qualche cittadino od impiegato statale veramente ci sorprende, come se quella della gentilezza non dovesse essere la regola invece dell’eccezione fra persone normalmente civili.
Poi sopportiamo la prepotenza politica, quella fiscale, ci siamo abituati alle disuguaglianze, ad uno Stato sempre più lontano dai cittadini, ad una Tv che non fa più cultura e nemmeno informazione, ad una civiltà sempre più condizionata dall’economia, dalle banche, dai poterei finanziari di fronte ai quali noi ci sentiamo inermi, ci arrendiamo senza combattere.
Abbiamo negli anni piano piano abdicato al nostro ruolo di cittadini consapevoli e viviamo oggi sempre più dipendenti da altri. Altri che decidono per noi, decidono di noi anche se noi non lo sappiamo, e spesso contro i nostri stessi interessi.
Distratti dai consumi, impoveriti dalla televisione, ingannati spudoratamente da una pubblicità bugiarda e in malafede, ignorati dai politici che ci dovrebbero rappresentare viviamo per inerzia ed accettiamo passivamente tutto o quasi tutto quello che ci propinano nel nome di quello sviluppo e quel progresso che sembra sempre a portata di mano ma che pare non arrivare mai.
La prossima mossa, la prossima promessa che ci viene fatta in nome del progresso e della buona occupazione, e perché no del benessere per tutti, ha un nome famoso: IKEA.
Ikea va a Pisa, ai Navicelli. Si sente parlare sulla stampa di qualche problema con i terreni dove dovrebbe sorgere ma questo è un problema che troverà sicuramente una soluzione se c’è la volontà di accoglierla nel territorio pisano.
Io personalmente non sono entusiasta dell’insediamento per due ordini di motivi.
Il primo è che ritengo che una città importante come Pisa, sede di una Università di prestigio internazionale, di centri di Ricerca di eccellenza (il primo occhio bionico è stato impiantata per la prima volta alcuni giorno fa proprio qui da noi), una delle città più visitate al mondo, inserita nei tour europei di tutte le Agenzie internazionali, una città con tutte queste straordinarie caratteristiche non ritengo, ripeto, debba affidare il suo sviluppo futuro ad un Centro Commerciale.
Vedrei e desidererei lo sviluppo della città e dell’area metropolitana legato soprattutto a queste caratteristiche abbastanza uniche per un piccolo centro come il nostro. Cercherei di operare in tal senso con proposte e progetti invece di accettare un bel piatto precotto che va in direzione completamente diversa e direi opposta.
Un insediamento commerciale che appare se non altro una forte stonatura e come per quello vecchianese rimane la mia perplessità, se non la mia contrarietà, per motivi di ordine pratico ma anche culturale.
Pratico perché a Vecchiano, ai confini di un Parco Naturale, avrebbe distrutto il piccolo paese a ridosso e con esso tutto il suo Comune, a Pisa per la sua inopportunità e per i problemi che sono già sul tavolo: un incremento enorme di traffico e di inquinamento e la chiusura di molti altri piccoli esercizi del circondario, già quantificati da esperti del settore in termini di posti di lavoro.
Un semplice travaso, quindi, con in cambio una buona dose di inquinamento e di traffico per i cittadini ed un ostacolo allo sviluppo di una vocazione turistico-scientifica per la città.
Per il secondo motivo della mia perplessità vorrei fare una provocazione e dire che a mio giudizio è sbagliato aspirare ad un lavoro, come quello offerto da Ikea, con uno stipendio medio di 600 euro mensili. E’ sbagliato concettualmente ed anche dal punto di vista pratico. Come si fa a tirare avanti una famiglia con 600 euro mensili?
Il discorso si fa complicato perché 600 euro sia pur pochi sono sempre meglio di niente ed un lavoro sia pur non qualificato è preferibile ad un non lavoro.
Visto sotto questo aspetto non posso che essere d’accordo ma vorrei che questo lavoro sottopagato venisse visto e considerato per quello che effettivamente è, un lavoro sottopagato, un lavoro che non potrà mai essere definitivo, un lavoro che non porta a nessuna specializzazione, nessuna professionalità, che non qualificherà in nessun modo il lavoratore.
Vorrei che un lavoro come quello offerto da Ikea a 600 euro mensili non venisse in nessun modo considerato un obbiettivo finale, ma al limite un momento di passaggio, la possibile soluzione immediata ad un problema, un utile intermezzo in attesa di qualcosa di nuovo e di più.
Lo stesso vale per i call center e tutti gli altri lavori atipici in cui questa è la paga a fine mese e su cui non si può costruire nulla, tanto meno una famiglia. Forse un lavoro con cui integrare un altro magro stipendio ma rimane scandaloso pagare una simile cifra ad un lavoratore.
Insomma vorrei che ogni genitore che ha un figlio disoccupato non avesse come massima aspirazione quella dell’assunzione di suo figlio all’Ikea (ripeto, al limite soluzione parziale ma non da considerarsi definitiva) e cercasse invece di stimolare il giovane non a rimanere a casa in semplice attesa ma che lo incoraggiasse a qualificare se stesso, frequentando la scuola, facendo corsi di specializzazione, imparare lingue e computer magari con un periodo all’estero, migliorare in ogni modo possibile la propria professionalità per aspirare ad un lavoro finalmente qualificato o almeno decoroso che gli permetta di raggiungere un salario capace di mantenere una futura famiglia.
In un mondo sempre più incerto, competitivo e globalizzato è fondamentale e necessario che i giovani si diano da fare per qualificare la propria professionalità perché in un futuro come quello che si para davanti solo i migliori troveranno un lavoro qualificato.
Rimane il fatto che uno stipendio di 600 euro non è uno stipendio, è un rimborso spese, una mancia, una presa in giro e la dignità di ogni lavoratore imporrebbe che alla fine del mese gli venisse riconosciuto un giusto premio per il proprio impegno professionale, di qualunque livello si tratti.
Imporrebbe anche che non si calpestino, in nome di una crisi ormai permanente, i diritti delle persone oltre a quelli dei lavoratori.