Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
Lasciamo le Ande della foto di domenica e torniamo a casa, ma senza lasciare alberi segni e segnali etnici, facendo però un mezzo giro del mondo per motivi di… connessione d’idee!
Le donne indiane portano un segno rosso sulla fronte derivato da un’antica usanza che indicava l’appartenenza all’uomo, la riprova è che le vedove ne sono prive, un segno tondo di un color rosso ricavato da polvere di sandalo o addirittura da sangue.
Ora la modernità, nel materiale e non nelle usanze, fa usare addirittura quell’ornamento, detto tilak, sostituendolo con un simile disegno adesivo acquistabile nei negozi, che cambia però nome in bindi, e che può essere anche di diversi colori: giallo, beige o bianco, applicato nel punto chiamato terzo occhio o occhio spirituale, sede della più importante terminazione nervosa del corpo umano.
Solo gli uomini portano dipinto il tilak rosso, mentre il bindi nelle donne può cambiare colore a seconda della divinità adorata.
Il nostro Pino, che non pensava altro che ad amoreggiare con sé stesso avendo attributi maschili e femminili fra le sue fronde, che adorava il Sole sopravanzando gli altri alberi, che godeva del Vento caldo del mare e della brezza tramontanina, che sopportava il Tiktak del tamburellar del picchio e i suoi buchetti affatto dolorosi e che non sapeva niente di Siva e di Vishnù, ora, segnato da un Tilak, incontra una Sega e Vaggiù!
Altro che albero da venerare anche se detto “italico”!
Se l’albero di araucaria (chiamato anche pino del Paranà) è sacr..o, quello di pino (sia domestico che selvatico) è sacr..ificato!