Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
Un tempo arrivavano a novembre, ora è più caldo (sic.) e arrivano a febbraio.
Un tempo si cacciavano a branchi nella Chiusa, sullo scrimbolo della bandita Salviati, o nelle Prata dei cavalli.
Un tempo si mangiavano anche se andavano spellate e messe in marinata.
Un tempo si imparava anche a imbalsamarle per usarle da richiamo nella caccia.
Un tempo bastava poco per fare le stampe: una lamierina e bianco e nero.
Un tempo si potevano tenere in gabbia, quelle prese impallinate sull'ala, e si curavano amorevolmente dando loro pezzettini di cuore di bestie macellate.
Un tempo si facevano fischi rudimentali con due bozzoli metallici di cartucce senza fulminante infilati uno dentro l'altro con la parte vuota una di fronte all'altra e loro ci credevano: curavano!
Un tempo non si sparava a quelle posate, ma solo in volo,...ma...
un tempo i miei compagni di caccia erano i Galigani babbo e figlio, Alfrido, Foresto del Canarini, Moccolo, Gino del Vanni e tanti altri di "quelli delle Pratavecchie" e io ora sparo solamente foto a quelle meravigliose fife!
u.m.