Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
LA TRADIZIONE DEL MAGGIO a cura di Alessandro Bencistà
La tradizione del "maggio" che si festeggia ancora in Toscana deriva dalla antiche feste pagane, dedicate alla dea Flora, con cui si accoglieva la stagione primaverile. L'etimologia del maggio è legata a Maja, una delle più antiche divinità laziali, la madre di Ermes di origine greca; questa dea della fertilità agreste nel Medioevo subì l'influsso delle popolazioni nordiche che introdussero nel rito centrale della festa l'albero, simbolo di rigenerazione e di forza, che ancora oggi compare in tutte le manifestazioni dove si celebra la ricorrenza.
Ci sono due forme con cui si celebrano questi riti, la prima prende il nome di maggio lirico, la seconda maggio drammatico.
Il maggio lirico si svolge nella notte fra il 30 aprile e il primo maggio (l’antico calendimaggio): gruppi organizzati si muovono per le vie e le piazza della città oppure per poderi e case della campagna: quello drammatico è invece una vera e propria rappresentazione scenica con tanto di testo basato su una storia cavalleresca, mitologica o religiosa.
IL MAGGIO LIRICO
Testimonianze di queste rappresentazioni sono assai diffuse e ben conosciute nella letteratura, non solo popolare. Il giurista bolognese Odifreddo, scrive il Toschi, vissuto nella prima metà del Duecento, ci fa sapere che ai suoi tempi era consuetudine fare nel mese di maggio dei giuochi con ragazze adornate in un carro pieno di fiori che chiedevano doni per la loro regina, mentre i giovani innamorati accorrevano da ogni parte recando doni.
A Firenze notizie di feste del Calendimaggio si hanno già dal 300, come scrive GIOVANNI BOCCACCIO commentando l’inizio delle lotte fra Bianchi e Neri nelle sue Esposizioni sopra la Comedia (canto VI Inferno): “…avvenne che la sera di calendimaggio MCCC, faccendosi in su la piaza di santa Trinita un gran ballo di donne, che giovani dell’una setta e dell’altra a cavallo e bene in concio sopravennero a questo ballo…”
Ancora una testimonianza trecentesca si può leggere in un ANONIMO CRONISTA della fine del Trecento, di cui ci è pervenuta (scoperta nel 1864 da Francesco Zambrini e considerata fra le più belle pagine della nostra letteratura) la Storia di fra Michele minorita, al secolo Fra Michele Berti da Calci, monaco francescano dei Fraticelli della povera vita, che per la sua ostinazione a predicare la povertà fu processato, condannato ed arso vivo in Firenze proprio nel giorno di Calendimaggio: “E, poco stando, fu tratto fuori, e posto il banco, e ‘l capitano venne dove si sta a iudicare; e questo fu a dì XXX d’aprile 1389, in venerdì. E venendovi molta gente per udire; ma più ve ne sarebbe venuta, se non che si giucava, sì come fanno in quello dì…”
In Toscana fin dai tempi di Lorenzo il Magnifico si organizzano manifestazioni per celebrare l’inizio della stagione “dei fiori”. L’usanza di agghindarsi con ghirlande di fiori e di offrire l’ alberello del majo alla donna amata, portandolo davanti alla sua abitazione ed accompagnando il gesto con poesie e musica è testimoniato da illustrazioni e testi scritti.
L’esempio più celebre è quello della nota canzonetta di Agnolo Poliziano: Ben venga Maggio e ’il gonfalon selvaggio! Ben venga primaverache vuol l’uom s’innamori;e voi, donzelle, a schieracon li vostri amadori,che di rose e di fiorivi fate belle il maggio. Le usanze fiorentine dalla fine del Quattrocento fino al Seicento sono descritte anche da Lorenzo Lippi nel Malmantile Racquistato.
Da allora l’usanza si tramanda in tutta la penisola nei secoli, fino ai nostri giorni, nonostante la condanna della chiesa specialmente durante la Controriforma, per la licenziosità dei cori di maggianti. Fu allora che il mese di maggio venne dedicato a Maria ed anche i canti persero gran parte di quella giocosità ed allegrezza che caratterizzava la festa della primavera.
Nell’Ottocento anche Alessandro D’Ancona ricorda che: “…ho più volte veduto nel Pisano le fanciulle maggiaiole che il primo del mese s’ammajano la vispa testolina e si cuoprono la persona di abiti gai; e quando giungono alla porta della casa, ove vogliono cantare, si pongono in cerchio intorno a una di loro che suona il cembalo e sempre più stringendosele d’appresso e curvando il capo in modo che fra tutti si alzi solo quello della suonatrice, cominciano i loro canti di lode al maggio…”
La richiesta di doni, oppure la maledizione in caso di rifiuto del dono è quasi una costante nella ricorrenza della festa.Ecco riproposta la maledizione in un moderno canto di maggio proveniente da Barberino di Mugello, con le strofe che augurano la mala sorte a chi non offre doni:
Che v’entrasse la volpe nel pollaio
E vi mangiasse tutte le galline
Che v’entrassero i topi nel granaio
E vi muffisse il vin nelle cantine
Un accidente al padre e uno alla figlia
E il rimanente a tutta la famiglia.
Così ancora oggi, riprendendo le antiche usanze, in varie parti della Toscana (Mugello e Maremma ma anche lucchesìa e pisano) gruppi di giovani e di fanciulle fra la notte del 30 aprile e il primo di maggio, si recano di casa in casa, nelle aie dei contadini accompagnandosi con suoni e canti. È nota anche la citazione di Leopardi ne Le ricordanze:
Se torna maggio e ramoscelli e suoni
Van gli amanti recando alle fanciulle.
La squadra dei maggerini, ognuna nel suo costume tradizionale, può variare a secondo dei luoghi; generalmente è composta da uno o più poeti, dall' alberaio che reca l'albero simbolo della fertilità, e piantar maggio è nota metafora dell’atto sessuale; dal corbellaio che è addetto alla raccolta dei doni; seguono i musicisti con gli strumenti (fisarmonica) e i maggerini cantori; in epoca recente sono stati accolti nel gruppo anche le donne che prima non vi prendevano parte.Aggiungiamo a questa usanza, che viene detta del maggio profano, una variante religiosa: il maggio sacro o delle anime purganti, dove invece di propiziarsi con canti e balli la buona stagione, si chiede un suffragio per le anime dei defunti, celebrazioni simili si svolgono ancora nel Mugello con estensione anche al di là dell’Appennino toscano, dove esiste, a Riolunato nel modenese, un Maggio delle ragazze, di cui è stata realizzata nel 1995 una videocassetta. Anche in questa forma si ripete il rito della questua. Da segnalare che il repertorio di canti viene quasi sempre offerto dal gruppo agli ospiti pubblicato in fogli volanti se non addirittura libretti stampati.
Nell’epoca attuale sono riproposte in più parti della Toscana queste antiche tradizioni, in particolare nella Maremma grossetana, che Paolo Toschi nel suo libro Le origini del teatro italiano ricorda una sua inchiesta del 1954:“almeno fino ad una ventina di anni fa, uno del gruppo dei giovani che si recava di casa in casa a cantare il maggio, e a fare la questua, era tutto vestito di strisce colorate, per rappresentare la primavera”.L’usanza è ancora oggi viva in Maremma, e fra le altre ricorrenze si vuole ricordare la Festa del maggio col Raduno delle Squadre dei Maggerini a Braccagni, piccolo centro alle porte di Grosseto, che dal 1991 organizza in un grande prato per il primo di maggio una festa a cui convengono tutte le squadre dei maggerini della provincia, ed ognuna presenta una parte del suo repertorio. Fra le squadre partecipanti segnaliamo: Braccagni, Suvereto, Ottava Zona, Ponti di Badia, Grilli, Coro Etruschi, Pettirossi di Roccastrada, Monterotondo M.mo, Ribolla, Moscona.
IL MAGGIO DRAMMATICO
Secondo lo studioso Alessandro D’Ancona, il maggio drammatico è una “derivazione naturale” del maggio lirico e trae origini dall’antica consuetudine di rappresentare le laudi in particolari festività religiose, laudi scritte anche da grandi poeti, come quelle di Jacopone da Todi. Queste sacre rappresentazioni (per esempio Donna de Paradiso di Jacopone) sarebbero quindi all’origine del dramma che nei secoli si amplierà fino a divenire uno spettacolo vero e proprio, rappresentato in spazi pianeggianti all’aperto, con tanto di testo, il pubblico disposto in circolo attorno agli attori recitanti; molto probabilmente per una più realistica lettura popolare delle storie sacre, che risulta assai più immediata e comprensibile che non i grandi cicli di affreschi (la Bibbia dei poveri) che adornavano le chiese. Gli argomenti narrati dal maggio drammatico sono quelli derivati dai testi sacri (Antico e Nuovo testamento), dalle leggende sulle vite dei Santi (Leggenda aurea); più tardi si passò alle leggende del ciclo cavalleresco e a quelle dei cicli classici, argomenti che prevalsero senza tuttavia escludere la materia sacra. La strofa usata è quasi sempre la quartina di ottonari derivata dal maggio lirico.
Questo legame col maggio lirico è evidenziata da Paolo Toschi che vede però nel maggio drammatico di argomento cavalleresco l’origine del maggio che ancora oggi si rappresenta nella lucchesia e nel pisano e ne traccia una sintesi: la rappresentazione che viene sempre eseguita nei mesi della buona stagione, i personaggi che sfilano per il paese in processione, i personaggi comuni alle varie storie narrate: il diavolo, il buffone, il nunzio, e ovviamente lo scontro-duello fra il bene e il male che riflette una commossa aspirazione alla giustizia, per l’uomo ma anche per il Cristo.
Gli argomenti trattati nel maggio drammatico si possono ben riconoscere dai titoli più noti pubblicati nei copioni delle compagnie: La rotta di Roncisvalle, Le glorie di Rinaldo; Ginevra di Scozia, Guerrino Meschino. Altri copioni attingono invece al mondo classico: L’incendio di Troia, La distruzione di Cartagine, Costantino imperatore, La Pia de’ Tolomei, Il conte Ugolino e via su fino a vicende più vicino a noi come La liberazione di Roma per opera di Garibaldi ed altri argomenti di carattere sociale che hanno accompagnato le lotte politiche dall’Unità d’Italia in poi.L’archivio più ricco che conserva questa tradizione è la raccolta di maggi di Gastone Venturelli (1942-1995) messa insieme in circa trenta anni di attività e che riguarda soprattutto la provincia di Lucca. L'inventario completo è stato pubblicato a cura di Maria Elena Giusti nel 2002 (edizioni ETS, Pisa).
Esiste anche una documentazione sonora in audiocassetta.Le rassegne di maggi drammatici si svolgono ancora oggi in Toscana e in Emilia e soprattutto nelle zone a cavallo dell’Appennino, in alcuni casi sono stati rappresentati anche in teatro. Fra queste ricordiamo la Compagnia Maggistica di Val Dolo di cui ricordiamo Il drappo reale di Viviano Chiesi, autore di diversi maggi rappresentati dal 1990; la Compagnia Saggistica di Monte Cusna di Asta che ha recentemente riproposto l’ Orlando Innamorato di Luca Sillari, liberamente tratto dal poema di Matteo Maria Boiardo; di questi maggi esiste anche la riproduzione in videocassetta a cura delle Compagnie e un C.D. intitolato Maggio drammatico.Dal 2000 è aperto anche nella rocca di Villa Minozzo (Reggio Emilia) La Galleria del Maggio, un museo permanente dedicato alla tradizione del maggio drammatico che raccoglie oggetti, immagini, testi e costumiIn Toscana sono ancora viventi autori di copioni, come NELLO LANDI di Cascine di Buti, uno dei più prolifici autori, i cui testi sono stati recentemente pubblicati dall’Università di Firenze.
Per avere un’idea degli argomenti trattati al giorno d’oggi, che si allontanano anche dagli schemi classici, si elencano i titoli dei suoi “dodici maggi” che costituiscono la materia della ricerca documentaria e possono essere considerati una sintesi di quanto è stato ed è ancora prodotto nella tradizione popolare del secondo Novecento; da notare l’inserimento della fiaba e addirittura una novità assoluta che è un maggio comico (La cenciaiola di Firenze).