Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
Questo stranissimo lepidottero, chiamato sfinge colibrì dai naturalisti a causa del battito velocissimo delle ali e della lingua lunghissima che usa per succhiare il nettare, era chiamato uccellino della felicità da mia madre, convinta che quel suo eterno svolazzare da fiore in fiore fosse ebbrezza di contentezza.
Mia madre mi teneva in braccio e mi esortava a bere un latte allungatissimo con acqua perchè lei era povera ed io ero disappetente e magrissimo da far paura (ora mi sono rifatto!) e mi spingeva a succhiare con una nenia di: "dai nini, fai bombo, sù, bombo... bombo, guarda come fa bombo quell'uccellino lì, dai fai bombo anche te", ed io bevevo e sputavo quell'intruglio bianco dove non c'era niente di nutriente, neanche un po' di zucchero.
Ogni volta poi che ho rivisto quella specie di strana farfalla mi tornava sempre alla mente quell'esortazione a bere, a fare "bombo".
Ora conosco tutto sugli animali, sulla "macroglossum stellatarum" e la sua spirotromba, sul numero delle battute al secondo delle sue alucce e so anche che è ...un bombo!
Strano vero?