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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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Alzarmi prestissimo al mattino
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Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
STORIA
Placido Rizzotto

11/3/2012 - 10:02

La tragica fine di Placido Rizzotto fu causata da Luciano Liggio che, alla fine della Seconda guerra mondiale, aveva 20 anni e una smania sconfinata di emergere come boss mafioso.

Capì che per diventare qualcuno doveva conquistare la benevolenza del padrone dell’intera zona di Corleone, il dottor Michele Navarra, un padrino all’antica che si trovò ad affrontare la rivolta dei contadini, i quali sfilavano per le vie dei paesi al grido di “Terra per tutti”.Il momento cruciale delle lotte contadine giunse nella primavera del 1948, i più agguerriti erano i contadini del feudo Drago, guidati dal giovane sindacalista Placido Rizzotto.

 

La figura di Rizzotto turbava il sonno di Navarra. Don Michele temeva che quel profeta degli oppressi avrebbe trascinato i contadini in una guerra inarrestabile. Lo detestava anche per ragioni personali. Non gli aveva mai perdonato un affronto inaudito. Rizzotto era segretario della locale sezione combattenti e reduci di cui Navarra, a perpetua caccia di titoli, aveva tentato di diventare socio onorario. La risposta era stata un secco no: «Lei non è stato combattente, tanto meno reduce». 

 

La sera del 10 marzo 1948 l’incauto Placido Rizzotto scomparve.Quella sera stessa un pastorello di nome Giuseppe Letizia scese dalla montagna sconvolto. Balbettando spiegò al padre di aver visto i banditi che fracassavano il cranio a un uomo. E siccome il pastorello gridava e si agitava come uno spiritato dovettero portarlo all’ospedale dove fu visitato dal dottor Navarra, che apparve molto interessato al racconto del ragazzino. «Forse ha solo visto un ladro che gli rubava le pecore», disse il medico. E aggiunse che un’iniezione lo avrebbe calmato.

Ma l’iniezione non era di quelle che calmano. Era di quelle che uccidono. Il certificato di morte, firmato dal dottor Ignazio Dell’Aira, un medico che aveva aperto da poco uno studio a Corleone, parlava di “decesso dovuto a tossicosi”. Questo particolare incuriosì i carabinieri che ordinarono l’autopsia. Allora fu chiaro che la morte era sopraggiunta per avvelenamento. Il dottor Navarra si disse costernato perché aveva commesso un errore, aveva “scambiato” iniezione.

Ma il suo collega Dell’Aira capì di essersi cacciato in un guaio grosso: chiuse lo studio, salì su una nave e se ne andò in Australia. 

 

Pochi giorni dopo la scomparsa del pastorello, l’onorevole Girolamo Li Causi, comunista, guida morale dei contadini in lotta, ricevette una lettera quasi completamente scritta in dialetto: 

 

«Attento le persone che ti faccio presenti, che è stato le carnefici di Placito tutte le due altri sono Luciano Liggio Cammarata Pietro… e lo figlio del chiagnoto, quello che sta avecino alla chiesa de Sallionardo… Quando anno preso Placito lui lo spetevano a dietro la chiesa di Santoluca che ci avevano la machina pronta che prima di uscire il paese Placito era dicendo lasciatemi andare. Sì andare alla morte!».  

 

Per entrare nelle grazie di Navarra, Luciano Liggio aveva tolto di mezzo il fastidioso sindacalista. E cominciò a praticare una comoda latitanza. Le indagini sulla scomparsa di Rizzotto si arenarono.

 

 La fine del sindacalista diventava uno dei tanti “casi irrisolti”. Stavolta però accadde qualcosa di imprevisto. Giovanni Pasqua, ex amico di Liggio, relegato nel carcere Ucciardone di Palermo, divenne improvvisamente loquace. Probabilmente per vendetta. Sta di fatto che dichiarò di conoscere la verità sulla morte di Rizzotto. Disse che quella famosa sera del 10 marzo, Liggio aveva avvicinato Pasquale Criscione, il gabellotto del feudo Drago, e gli aveva mostrato il rigonfiamento della pistola sotto la giacca ordinandogli di convincere Rizzotto a seguirlo in un luogo isolato. Criscione non ebbe scelta.

 Affiancò Rizzotto, che era in piazza, e inventò una scusa per portarlo via. Proseguirono verso la villa comunale dove non c’era anima viva. A questo punto sbucò dall’ombra Liggio che piantò la canna della pistola nelle costole del sindacalista. Sopraggiunse anche Vincent Collura che ordinò a Criscione di sparire e tenere la bocca chiusa.

 

Per verificare il racconto di Giovanni Pasqua, i carabinieri arrestarono Collura, il quale confessò. Con Liggio aveva costretto Rizzotto a salire su una Millecento partita poi verso la zona rocciosa di contrada Casale. Qui, Liggio gridò a Rizzotto di scendere e lo sospinse nel buio verso tra i sassi.

 Echeggiarono tre colpi di pistola, poi Liggio spiegò a Collura di aver gettato il cadavere in una voragine dove nessuno lo avrebbe mai trovato.

 

Il padre di Rizzotto, sconvolto dal dolore, gridava per le vie del paese che l’assassino di suo figlio era sicuramente Liggio, ma il mandante era il dottor Navarra. Una bomba per Corleone.

Navarra fu mandato al confino a Gioiosa Jonica in Calabria. Mentre Liggio era introvabile. 

 

Si arriva al processo per l’uccisione di Rizzotto. Vincent Collura, reo confesso, davanti ai giudici si rimangia tutte le accuse, giura di non ricordare di aver mai rilasciato dichiarazioni contro Liggio. Nonostante la richiesta di ergastolo del pubblico ministero, Liggio è assolto per insufficienza di prove. E’ ormai un boss, liquida anche il vecchio Navarra e diventa il padrone di Corleone. Finché nel 1964, dopo una lunga latitanza, il colonnello dei carabinieri Milillo lo arresta nel suo nascondiglio, il posto dove meno avrebbero dovuto cercarlo, a casa di Leoluchina Sorisi, l’ex fidanzata di Placido Rizzotto.
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«Una pietra da ogni Comune e da ogni Regione d’Italia, per costruire la tomba di Placido Rizzotto a Corleone». La proposta arriva dalla Cgil siciliana, per ricordare il sindacalista Cgil ucciso dalla mafia nel 1948, i cui resti trovati in un burrone in provincia in Palermo sono stati identificati pochi giorni fa. «Vogliamo dare il segno - dice Mariella Maggio, segretaria generale della Cgil Sicilia - di un paese unito nella lotta contro la mafia, che si stringe attorno a un suo martire». E proprio quel martire, a 64 anni dalla morte, potrebbe avere finalmente dei funerali. Esequie di Stato, come ha proposto per primo l’europarlamentare del Pd David Sassoli appena l’esame del dna ha confermato che quelle ossa ritrovate tre anni fa sui monti di Rocca Busambra appartengono a Rizzotto.  
 

 

 

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Minimo 5 - Massimo 10000 caratteri

16/3/2012 - 20:17

AUTORE:
libero

ai 28 socialisti uccisi dalla mafia