Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Conoscere il diabete, o meglio i meccanismi che riguardano l’utilizzo dello zucchero da parte del nostro corpo e dei meccanismi che portano alla malattia, è un momento fondamentale per riuscire a prevenirne la comparsa e/o a controllarne l’evoluzione.
Cercheremo di esporre la questione nei termini più semplici possibile.
Tutte le cellule del nostro corpo “vanno a zucchero”, come le auto vanno a benzina. Lo zucchero è il carburante essenziale che permette alle cellule di vivere e compiere la funzione cui sono deputate: i neuroni del cervello per pensare, le fibre muscolari per muovere le articolazioni, le cellule dello stomaco per digerire ecc. Nel compiere questo lavoro le cellule naturalmente consumano energia e questa energia è fornita proprio dallo zucchero.
Ora lo zucchero, per essere utilizzato, deve poter entrare “dentro” le cellule. Il passaggio dello zucchero all’interno delle cellule (che, ricordiamo, sono racchiuse da una piccola membrana), avviene per opera di una proteina, una sostanza prodotta dal pancreas che è l’”insulina”.
Il pancreas è una grossa ghiandola posta profondamente, subito dietro lo stomaco, che produce, oltre all’insulina, una serie di enzimi che servono per la digestione delle proteine.
Quando il pancreas non riesce a produrre una quantità sufficiente di insulina, proporzionata cioè al fabbisogno del soggetto, si ha la comparsa di quella che prende il nome di “malattia diabetica”.
La malattia è molto frequente, il 4-5% delle persone ne sono affette in maniera consapevole, un’altra piccola percentuale ne sono affetti inconsapevolmente con il rischio di avere conseguenze acute (coma diabetico) o croniche, facilmente evitabili se il diabete fosse riconosciuto.
Le percentuali riguardano naturalmente i paesi più sviluppati, dove l’alimentazione è più ricca di nutrienti ed i consumi in gran parte voluttuari (diabete alimentare). Nei paesi più poveri si trovano invece forme di diabete presente alla nascita o comunque infantili legate ad una vera e propria mancanza assoluta di insulina (diabete giovanile), quindi non legato direttamente all’alimentazione, come nel primo caso.
Ma cosa succede quando manca l’insulina?
Venendo a mancare questa proteina che serve per far arrivare lo zucchero nelle cellule, queste si vengono a trovare in difetto d’energia per la loro funzione specifica. Manca cioè il carburante indispensabile per il loro lavoro.
L’organismo soffre di questa mancanza energetica a tutti i livelli, in tutti gli organi, ma in modo particolare a livello dell’organo che ha lo zucchero come unico carburante e cioè il cervello.
Che cosa può fare a questo punto l’organismo in stato di sofferenza energetica?
Non riuscendo ad aumentare la produzione d’insulina per difetto di una ghiandola che non è in grado di produrne a sufficienza, è costretto ad utilizzare un sistema di riserva (utile ma pericoloso), che possa garantire un minimo di rifornimento alle cellule in difficoltà: l’aumento della “glicemia”.
La glicemia è un numero che indica la quantità del glucosio (zucchero) presente in quel momento nel sangue del soggetto.
Aumentando molto la glicemia, cioè la quantità di zucchero nel sangue, un po’ di questo riesce per differenza di concentrazione a penetrare all’interno delle cellule garantendone la sopravvivenza.
In altre parole essendo molto concentrato lo zucchero all’esterno delle cellule (glicemia molto elevata), e pochissimo all’interno (da difetto d’insulina), un po’ di questo riesce a passare la membrana cellulare e a penetrare all’interno permettendo la sopravvivenza, ed un minimo di funzione, alla cellula stessa.
L’iperglicemia quindi va vista sotto questa luce: come meccanismo di compenso, di emergenza, per una situazione di mancanza energetica conseguente a carenza insulinica, con ridotto apporto di zucchero, e quindi di carburante, alle cellule.
L’organismo mette in moto ogni meccanismo che possa servire ad aumentare la glicemia: compare una gran fame (polifagia), specie di zuccheri, i depositi di glicogeno (zucchero
condensato, specie a livello epatico) sono mobilitati e trasformati nuovamente in zucchero semplice, i grassi di deposito vengono bruciati ed anche loro trasformati. C’è un enorme lavoro metabolico in atto in tutto l’organismo finalizzato alla produzione di questa sostanza con lo scopo di far aumentare la glicemia all’esterno delle cellule fino al punto che queste riescano ad assorbirne almeno la quantità sufficiente per la loro sopravvivenza.
Questo sistema di emergenza riesce temporaneamente a risolvere la situazione, ma è responsabile anche dei numerosi effetti collaterali che sono i sintomi classici del diabete manifesto: “poliuria, polidipsia, polifagia”.
Poliuria vuol dire “molta pipì” perché lo zucchero passa in gran quantità nelle urine tirandosi dietro una grande quantità d’acqua. Polidipsia vuol dire “molta sete” perché questa grande quantità di acqua perduta deve essere recuperata. Polifagia vuol dire “molta fame” per il meccanismo già accennato della necessità dell’aumento della glicemia.
La glicemia può aumentare, se la malattia non viene riconosciuta, fino a valori di qualche centinaio di unità ed avremo di fronte tipicamente un soggetto dimagrito (i grassi sono stati consumati per produrre zucchero), con una grande e continua fame, specie per gli zuccheri, che beve in continuazione ai pasti e fuori dei pasti, che ha continuamente bisogno di andare in bagno ad urinare e che “si sente male”. I suoi organi soffrono per questa carenza di nutrimento, il suo cervello in particolare, e compaiono disturbi neurologici che si aggravano progressivamente fino a condurre il paziente allo stato estremo di “coma diabetico”.
L’evenienza non è infrequente anche se oggi la maggiore conoscenza dei sintomi della malattia e l’aumento numerico dei controlli di laboratorio riesce a limitare questa comparsa drammatica della malattia.