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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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APOCALISSE NOKIA di Antonio Campo
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A cura di Erminio Fonzo
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
IL PROVERBIO
La pazienza ha....

5/5/2012 - 8:49

Il proverbio di oggi:

La pazienza non ha il manico,
a volte scappa!
 
Il modo di dire:
Non batter pari!
Non essere a posto con la testa, avere le idee un po’ confuse, sragionare.
 
Dal libro “Le parole di ieri” di G.Pardini
  
SPICCA
Lett: nc.
Forse non esiste in italiano un vocabolo per indicare quell’attrezzo che in dialetto prendeva il nome di spicca.
La spicca non era altro che una canna la cui cima veniva incisa, divisa in più parti, e poi divaricata infilando dentro un perno in modo che le parti, unite con un legaccio, facessero da contenitore ai frutti per essere colti dall’albero senza dovervi salire sopra.
Il perno che divaricava i frammenti di canna poteva essere costituito da una fiazzola (fico) o da un tappo grande di damigiana. Veniva usta soprattutto per cogliere i fichi, poiché la loro delicatezza comportava qualche difficoltà di raccolta.
La canna poteva essere più o meno lunga e l’apertura più o meno grande, ognuno poi la poteva costruire in base alle proprie esigenze e i propri gusti. Rimaneva un attrezzo molto ingegnoso e di facile costruzione, usato ancora oggi, e di cui non esiste nessun prodotto industriale. 
Si sceglieva il fico più maturo, magari quello con la gocciolina, si faceva entrare nella spicca in modo che il gambo rimanesse tra due stecche. Si girava dolcemente l’attrezzo ed il fico si adagiava molle nel ventre della spicca per poi venire sceso e depositato nel paniere su un letto di foglie di fico, pronto per andare in tavola ed essere gustato, meglio se con una bella fogliata di preciutto.
 
SPICINIO (accento sulla terza “i”)
Lett: SPICINARE. [Stritolare, disfare a pezzettini].
Sicuramente dal verbo spicinare è derivato questo dialettale spicinìo che indicava, appunto, uno sterminio, una strage. Il significato in dialetto era però più orientato sulla enormità, sulla grandezza dell’evento, con un significato più quantitativo che qualitativo.
Era molto usato da cacciatori e pescatori che volevano indicare con questo termine l’eccezionale quantità delle prede uccise.
Con questo significato di grande quantità, svincolato quindi dalla necessità della morte della preda, si poteva affermare:

sono ‘ndato ar Cario e’o fatto uno spicinìo!

che non voleva dire sono andato al Carillon ed ho ucciso molte persone (il Carillon è una sala da ballo della Versilia, un tempo molto frequentata dai migliarinesi), ma sono andato a ballare ed ho avuto un gran successo con le ragazze.
Carillon è termine francese e si pronuncia Carion con l’accento sulla o.
Per i migliarinesi è sempre stato invece Cario, senza n e senza accento, forse per ignoranza o forse perché più comodo a pronunciarsi.
’Gnamo, si va a becca’ ar Cario!” : andiamo, si va a fare conquiste al Carillon! 
 
SPILUCCARE
Lett: SPILUCCARE.
Derivato dall’italiano piluccare che vuol dire [prendere ad uno a uno gli acini da una pigna d’uva], spiluccare in dialetto aveva assunto un significato più vasto di prendere piccoli pezzi di cibo da uno o da più piatti.
Rivolto spesso ai bambini che durante la preparazione dei cibi allungano le mani prendendosi piccoli assaggi: “’Un ni stà tanto a spiluccà!”. 
 
SPOLLAIASSI
Lett: SPOLLAIARE. [Levare dal pollaio].
Spollaiassi, un po’ come ripulirsi dopo essere stati nel pollaio, scuotersi come la gallina quando si è riempita di terra.
 
SPRANGHINO
Lett: nc.
Uno di quella schiera di “riparatori” che giravano per i borghi offrendo la loro sapienza e la loro attrezzatura per costruire o riparare comuni oggetti di casa, di uso domestico.
Lo spranghino, o cocciaio, riparava terrecotte come vasi, orci, catini, massaie, conche.
Talvolta era anche ombrellaio, e riparava anche ombrelli o seggiolaio, o zoccolaio o impagliatore o materassaio. 
Spesso muniti di una bicicletta con freni a bacchetta, con attaccato un carrettino con gli strumenti del mestiere, facevano dei giri periodici dei paesi offrendo le loro prestazioni. Le massaie mettevano da parte gli oggetti da risistemare ed attendevano il loro passaggio per la riparazione. Alcuni facevano dei percorsi relativamente brevi e la sera potevano rincasare, altri invece venivano anche da molto lontano (il seggiolaio che passava nei paesi lungomonte veniva da Vercelli), ed erano addirittura ospitati dai committenti, spesso famiglie di contadini, che davano loro da mangiare e da dormire, nei fienili, fino alla fine del lavoro.
 

FOTO:  Vecchiano la Madonna prima del restauro (collezione Roggero)

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