Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
La tavola nel Medioevo
Due ragazzi sono intenti a eliminare i resti del pasto gettandoli nel camino acceso: un cane e un gatto collaborano a ripulire accuratamente i piatti.
L’acqua era infatti un bene prezioso: quella potabile doveva essere quotidianamente attinta ai pozzi e alle fontane pubbliche, quella per gli altri usi era di solito in gran parte piovana, raccolta dai tetti nelle cisterne con docce e grondaie. Un pozzo privato era un lusso raro. Questi problemi pratici, e la quasi assoluta mancanza di norme igieniche erano causa delle frequenti epidemie.
La forma di camino a cappa sporgente è lo sviluppo del camino a muro che a sua volta sostituisce il più antico braciere.
Pietro Lorenzetti (notizie dal 1305 il 1345). Ultima cena ( part.), Assisi, Basilica di San Franceso (foto n° 1)
Le tavole erano di solito formate da semplici «caprette» su cui veniva poggiato il piano: erano quindi facilmente smontabili per fare spazio. Le tovaglie, sempre ben stirate, erano decorate ai bordi con ricami neri o azzurri. I commensali sedevano su panche e prendevano il cibo da un vassoio al centro della tavola; le suppellettili erano modeste ciotole, cucchiai e coltelli; mancavano forchette che compariranno assai più tardi.
Si mangiava generalmente con le mani, che venivano più volte lavate durante il pasto. Un lusso particolare, documentato qui da Duccio, sono i bicchieri di vetro: il vino, versato da brocche di maiolica, era rifornito con botticelle e orcioli posti accanto alla mensa.
Duccio di Buoninsegna (1255ca- 1319), Nozze di Cana, pannello a tergo della Maestà, Siena, Museo dell’Opera del Duomo. (foto n° 2)
Nel Trecento, e anche in tempi successivi, gli acquai erano utilizzati non solo nelle cucine, ma anche in altri ambienti, soprattutto nelle sale per lavarsi le mani durante il pasto. Questo acquaio ricavato nello spessore del muro aveva, come gli altri, un secchiello appeso, con una cannellina in basso, cui defluiva l’acqua. L’acquaio è costruito in pietra e la cornice è sostenuta nella parte superiore da due mensole come le porte architravate.
Sopra la pila — la vaschetta che sporge dal muro — vi è uno scaffale dove è appoggiato il vasellame dì varia forma, mentre due asciugamani pendono da una sbarra.
Cennino Cennini (Colle Val d’Elsa, fine XIV -inizi XV secolo), Natività della Vergine (part.), Siena, Pinacoteca Nazionale. (foto n° 3)
Le cucine erano di solito nei piani superiori della casa, o comunque appartate per evitare l’estendersi di eventuali incendi e rìdurre al minimo il diffondersi del fumo e dell’odore dei cibi in tutta la casa. A sinistra, un uomo sta manipolando del cibo su una tavola su cui è posta una ciotola.
In primo piano, a destra, un girarrosto è azionato da un bambino che attizza il fuoco. Dalla cappa pende una catena a cui è appesa una caldaia per avere sempre a disposizione l’acqua calda. Nello spessore del muro si apre una nicchia che contiene recipienti di varie forme. Queste nicchie erano molto in uso in quanto l’arredo era scarso anche nelle famiglie più abbienti. (foto n° 4)
Il mercante, anche se benestante o addirittura ricco, manteneva una semplicità di vita che era segno di equilibrio, di buon senso e della continuità della tradizione, Per le fonti di calore, bracieri e camini, disposizioni rigorose imponevano al capofamiglia di coprire con la cenerei fuochi nella propria casa ogni sera - da cui il “coprifuoco”- per evitare il pericolo costante di incendi.
Il legno, infatti, entrava in larga misura nell’edilizia medievale: travi, sporti, scale, balaustre, etc.
In un ambiente angusto e su un focolare senza alari una donna, inginocchiata davanti al camino, mescola il cibo dentro una caldaia, mentre un’altra con due mestoli e una ciotola in mano attende di riceverlo. (foto n° 5)
Le miniature che illustrano le pagine, indicate con il loro titolo originale, sono tratte dal Tacuinum Sanitatis, conservato nella Biblioteca Nazionale di Vienna — Ms, Series Nova 2644 — eseguito alla fine del secolo XlV nell’ambito della cultura lombarda,
I Tucuina Sanitatis — se ne conoscono un piccolo gruppo tutti dello stesso periodo e della stessa cerchia culturale — contenevano norme per la buona salute del corpo e per l’equilibrio psichico dell’uomo, “sanità” che si riteneva dipendesse non solo da norme alimentati e da regole igieniche, ma anche da corrispondenze armoniche fra i quattro elementi, aria, acqua, fuoco e terra, ognuno con la propria qualità, e gli umori, le età, i temperamenti umani, le stagioni e i punti cardinali. Le miniature che accompagnavano i brevi testi sono ricchissime di fonti documentarie per ambienti, arredi oggetti, vesti e introducono con vivacità e immediatezza nella vita quotidiana allo scorcio del 300.
Ricette Fiorentine del Trecento
Dai libri di cucina dell’epoca si apprende che la mensa del mercante si basava sulla cacciagione, sui legumi della sua campagna e sui prodotti dei suoi poderi: considerava salutari vini del Chianti, i Trebbiani, la Malvasia e il Vin Greco aromatico. In questa immagine, il mercante e il suo ospite assaporano un vino rosso; sulla destra, nella canova stipata di botti, un giovane spilla il vino per riempire una bottiglia. (foto n° 6)
Le ricette proposte sono tratte da un manoscritto del secolo XIV, conservato nella Biblioteca Riccardiana di Firenze (Ms. Ricc, n 1071). La trascrizione è in LVII "Ricette d’un libro di cucina del buon secolo della lingua", Bologna 1890
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Porrata bianca
Se vuoli fare porrata bianca per xij persone togli due libre di mandorle e una Oncia di gengiove fine bene pesto, e togli iiij maci di porri e mettigli a lessare; e quando sono bene cotti, pure il bianco, scolali dell’acqua e battiglii. E togli le mandorle ben lavate e ben monde e stemperate con acqua poca e bene colate; e mettile a bollire col porro, e fallo bene cuocere, e mettivi del detto gengiove che tu ài. Questa vivanda vuol essere biancha e bene spessa; e poni spetie sopra scodella. (foto n° 7, originale n° 8)
Pollastri affinocchiati
Se vuoi fare pollastri afinocchiati per xij persone, togli dodici pollastri o sei capponcelli: se sono capponcelli, svembrati, se sono pollastri, interi. Togli i polli, e sofrigili in lardo bene strutto e ben colato, e togli barbe di finocchio monde e bene lavate, e barbe di petrose moli alquante, bene lavate, e fae sofrigere co’ polli. E fa fare iij once di spetie fini, e metti delle dette spetie a sofrigere ne’ polli. E quando sono sofritti una gran dotta, traine del lardo quantità, se ve n’àe troppo, mettivi acqua et aceto tanto che stieno sotto. E quando sono cotti, togli tuorla di xviij uova, e li fegaelli loro ben pesti e spetie e cafferano e quantità d’agresto o d’aceto; e trai fuori le barbe che sono cotte co’ polli, e gittale via e mettivi suso questo brodetto a bollire. Questa vivanda vuol esere gialla e potente di spetie e avere savore di finocchi: e metti i polli per tagliere, e savore per iscodella. Se vuoli fare per più o per meno persone, a questa ragione. (foto n° 9)
Torta di gamberi
Se vuoli fare una torta di gamberi, mettili a lessare, e quando sono cotti tra’ne fuori le polpe delle code, e togli alquante erbe intere, e batti bene quelle polpe; e metti con questo battuto burro di mandorle e delle dette specie et alquante uve passe. E di questo battuto fae torta sottile tra due croste: di sopra vuole essere potente di specie e dolce di burro e d’uve passe, e bene gialla dentro. (foto n° 10 e originale n° 11)
Fichi ripieni
Se vuoli fare fichi ripieni, togli lx fichi grossi, i migliori che tu puoi avere e’ più grossi. Togli pere monde e noci e mele monde e alquanti fichi medesimi, e pesta queste cose insieme, e buone spetie e alquanto cucchero. E togli i fichi interi e lievane il fiore, e fae un buono foro in catuno col dito, et empili di questo battuto, e infarinali si pasta molle e metigli a frigere in olio, e gittavi suso cucchero. E dagli da seco a l’altre vivande. (foto n° 12)
A mio parere sarebbero ricette da riproporre anche oggi se riuscissimo a sapere cosa sia il “gengiove”, forse zenzero?
Notate come del prezzemolo se ne usavano le radici e non le foglie.
Io provo!