Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Ciao Neno.
Hai cominciato da piccino a far beci e mazzacchere per la regina Elena, hai insegnato a pescare a bambinotti di mezzo Migliarino, hai fatto a gara a chi ne prendeva di più con il tuo grande amico Erardo, hai calato milioni di metri di “corde” (così chiamavi i palamiti), hai bertibellato e fiocinato tonnellate di anguille, allamato migliaia di ragni e altrettante orate e il triplo di muggini, hai fatto da padre a tre figli, marito fedele a una grande Donna, nonno di cinque nipoti e quattro bisnipoti, hai fatto da donna per la malattia della moglie e da mamma alla sua scomparsa e sei finito poi a far da figlio di tutti noi dopo la tua malattia che non era vero malanno ma il quasi un secolo di vita, e questa tua di-partita non è altro che una partita, quella con la morte che hai perso, mentre quella con la vita l’hai prepotentemente vinta da quello che si vede nella tua discendenza.
Cercherò di tenere alto il tuo nome e vivo il tuo ricordo, ma dovrò ancora lottare mentre mi riesce scrivere e scherzare come feci tempo fa con questa poesia in vernacolo che Ti dedicai ridendo e che ti ridedico piangendo:
L’ùtimo pescatore
Dice mi’ pà c’ha fatto un sogno strano,
non come fan ‘vell’artri drento ‘r crino,
di notte, cor cortrone e cor cardáno,
ma quando e a pescà ‘n Serchio ner barchino.
“Mentre cercavo e ragni nell’Oncino,
che ci stan come cardellini ar pero,
ti sbrigo, proprio canto ‘r sugherino,
tre amici che mi parlino dar vero.
Erardo con Antenore e Danilo
mi fanno : Dai Neno, dai, vien via,
qui si pesca senz’amo e senza filo,
‘un ti si dice certo ‘na bugia.
Qui ‘un c’è chi létia e chi spillàcchera,
si pesca sempre come pesca ‘r Ghiara
che ne’ fossi se ne va a mmazzàcchera
cor sole arto e ll’acqua bella ‘hiara.
S’è vvero ch’alle Prata gliè più bbello,
senti bimbo cos’ ar tempo dovi fa’:
‘ndella ‘assa ci vò cann’e mulinello,
lenze e ppiombi, ‘ baini no, e c’en di già!
Ma nini, sono stítio, e tte lo sai!
‘Vando sèri ‘r coperchio, fa ppianino,
metti le ‘òse bene, ‘un si sa mmai
‘un avesse a troncammisi ‘r cimino!”