Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Continuiamo le ricette pisane, dopo le cee, con quest’altra tipicamente marinese e che si sposa felicemente con la precedente anche per il richiamo all’autrice ivi menzionata per la spiegazione della ripaiola.
Zuppa sui gamberi con inciampi alla Boccadarno
Prendete dei gamberi (meglio comprate; ché prendere, è troppo vicino a pescare e non tutti vi riescono, anche perché questa dei gamberi è una pesca poetica; pesca difficile per i più, che magari sono adatti ad altre pesche, e non parliamo di quelle nel torbido) quelli cosidetti di fascina.
Di gamberi ve ne son di moltissime specie: piccoli, più grossi, di mare e d’acqua dolce, di torrente e di lago, ma questi, sono dolci e sciapi. Per esempio vi sono certi piccoli gamberetti, buoni a far frittate, ma più che altro sono usati dai pescatori a canna per esca, che a Livorno chiaman pisanelli, essendo piccioletti e buoni poco, con tono dispregiativo verso i pisani, ché i livornesi han sempre avuto coi pisani il sangue nero, non perché vi sia motivo di gamberi, ma perché essendo nata Livorno sotto Pisa, ne sentono astio di essere stati abbandonati da una Città così dotta.
I gamberi di fascina sono un tipo che non cresce più di cinque o sette centimetri; bellissimi come piccoli draghi cinesi; sono trasparenti come vetro, del colore tenero delle unghie dei neonati come le prime cèche (quelle pescate in Arno alla foce, e ho detto prime, che poi col crescere della lisca cambian colore e sapore, tanto che quelle dette “ marzaiole” perché pescate verso Marzo, son le cèche da palati poco fini e stan più verso la cannaiola che la cèca).
Se interessa sapere qualcosa sulla pesca, vi dirò che i gamberi vengon presi nella stagione fredda quando il pesce viene verso le sponde, specie in vicinanza dei fiumi ove le acque sono più temperate, depositare le uova, miriadi, che attaccano su i detriti del fondo o pianticelle od alghe; così il pescatore dietro questo indizio, ammannella delle frasche di lillatro (questa è una pianta del sottobosco che fa delle palline nerissime quando maturano, di cui i tordi sono ghiottissimi), dalle foglie dure e di forma uguali a quelle dell’olivo, che tanto bene reggono all’acqua da star verdi come fuori, per del tempo.
Queste fascine vengono calate in acqua con una pietra dentro, ché vadano al fondo, legate a un filo di ferro alla cui estremità infilano un grosso sughero con su un rappetto di lillatro per ritrovarle; in mare, assai vicino alla terra, o in bocca dell’Arno, e dopo un giorno o due vanno a salparle avendo cura di tirarle su piano piano perché i gamberi non schizzino fuori; e occorre per la manovra gran destrezza ché appena la fascina sta per sgallare dal pelo dell’acqua, anzi un poco prima, con mano sicura e svelta bisogna metter sotto la ripaiola, rete come quelle famose da noi per la pesca delle cèche, che hanno sfamato per generazioni e generazioni tanti pisani, consistente in un cerchio di ontano con manico ad asta il tutto simile a un grosso ramaiolo: al quale cerchio viene fissata la rete, che per questa pesca dei gamberi è di refe a maglia stretta, ed è bellissima quando vien su dall’acqua che intasa i piccoli tasselli delle maglie, da farla sembrare un velo a volte celeste e a volte dorato (mentre quella da cèche è fitta fitta e finissima di invisibile filo di ferro, che ai tempi in cui non vi erano i « frigidaires » si chiamava rete da moscaiole).
Il gambero più che altro, per la sua curiosa forma è portato ad andare all‘indietro a guizzi, piegandosi a uncino e raddrizzandosi a molla e non è vero che cammini solo all‘indietro, naviga anche in avanti, ma lentissimamente, tanto che non essendo veloce, guizza sempre indietro e al minimo indizio, aiutato da quelle sottilissime e lunghissime antenne che gli fanno da radar.
Come ho detto, di gamberi, ve ne son di tante specie e, attenzione! quelli di cui tratta la ricetta, trasparenti, illuminati da una luce lunare, ascetica (questa parola, ricordo, era tra le quattro o cinque fascinose che da ragazza usavo, non gli asceti, tutt’altro, con una certa vanagloria come se questa parola l’avessi scoperta o inventata io e solo per me, così diafana e di misteriose risonanze, tanto che non posso pensare che verrà usata anche dopo di me, e fin che il mondo vivrà; cioè fino all’ultima bomba atomica) diventano bianchi, dopo poco, come le cèche e bisogna buttar via.
Ma veniamo alla zuppa che è una cosa seria, ed anzi occorre sempre far bene, perché la colpa delle malezzuppe siamo noi, e di zuppe fatte male in questo mondo ce ne sono anche troppe! Mettete i gamberi (in tanta acqua quante le scodelle che vorrete) (non devon stravaccare; un etto a persona) indi fare lessare con un pizzico di sale e appena cotti levateli e abbiate cura di sbucciarli ad uno ad uno, togliendo le teste che pesterete in mortaio passandole al setaccio servendosi dell’acqua ove son cotti; preparate in una casseruola un soffritto con olio e cipolla (di quella bianca dolce tagliata finissima) e versate il brodo dei gamberi con le teste passate, aggiungete foglie di bietola e, appena cotta questa, aggiungete le polpe dei gamberi che avrete messe da parte, indi versate il tutto nelle scodelle ove avrete all’uopo preparato dei piccoli quadrettini di pane di campagna rosolati in padella con burro fino (possibilmente non atomizzato); mangiate e credo che vi accorgerete esser molto meglio questa zuppa di un discorso politico.
Maria Malagrazia
(Giuseppe Viviani)