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Tornano, dopo la pausa estiva, i racconti storici di Franco Gabbani.
Un articolo, come per altri in precedenza, legato interamente  alle vicende personali di una persona dell'epoca, una donna che ha vissuto intensamente una vita, ragionevolmente lunga, che potremmo definire di ribellione al ruolo che ai tempi si riconosceva alle donne, in aperta opposizione ai vincoli, alle scelte e al giudizio che la società di allora le riservava. 

Fino ad adesso non mi sono espresso sulla "svolta" .....
Cani: quando è obbligatoria la museruola?
La museruola .....
Le “forti piogge che alterano la qualità dell’acqua .....
. . . gli Usa non sono il mio paese di riferimento, .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Abbiamo  scelto di diffondere il materiale del Festival di bioetica non solo per il tema di questo anno che riguarda così da vicino il futuro anche di noi donne ma  per onorare  la numerosa partecipazione femminile nella organizzazione e in tutti i  vari ambiti degli interventi che ne farà un Festival di grande interesse per noi donne .

di Emanuele Cerullo
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dal Wueb
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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E settembre vien danzando
vien danzando alla tua porta:
sai tu dirmi che ci porta?
Tante uve, bianche e nere
fichi e mele con le pere
e di zizzole .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
FINALMENTE DOMENICA!
Ovidio Della Croce
Barcellona e le mani

10/6/2012 - 12:29

Da "Piazza del diamante" alle rose del mio giardino

 

Marzo 2012. Sono a Barcellona, di nuovo. Ho un libro nello zaino. Sono in un hotel sulle Ramblas. In compagnia di una quarantina di ragazzi e ragazze. Il libro è La piazza del diamante di Mercè Rodoreda, la maggior scrittrice catalana contemporanea. I ragazzi sono giovani studenti della mia scuola, la maggioranza dei quali non è mai stata nella città di Gaudí, geniale architetto modernista. Leggo nelle prime pagine di Piazza del Diamante:  

 

"Quimet cominciò a parlarmi del signor Gaudí, che suo padre l’aveva conosciuto il giorno che l’aveva schiacciato il tram, che suo padre era stato uno di quelli che l’avevano portato all’ospedale, povero signor Gaudí, una così brava persona, ma guarda che morte disgraziata… e che al mondo non c’è niente come il Parc Gùell e come la Sagrada Familia e la Pedrera”. 

 

E non c’è miglior accompagnatore scolastico del nostro Nicola Amaranti, un giovane professore di spagnolo che conosce Barcellona meglio di Lucca, città in cui vive. Visitiamo, con il gruppo dei ragazzi e con le professoresse Michelotti e Pardini, i monumenti e i luoghi obbligatori di Barcellona come il Parc Gùell e come la Sagrada Familia e la Pedrera. Passeggiamo sulle Ramblas, entriamo nel mercato della Boqueria, con anticipo abbiamo prenotato una visita guidata al Palau de la Música Catalana e ne è valsa la pena. E poi ancora passeggiate fino in Plaça Catalunya, o nel Barrio Gotico, e ancora lunghe passeggiate sulla Diagonal, sul Paseo de Gracia, alla Barceloneta e sul Montjuïc con finale a sorpresa alla Font Magica. 

 

Nella nostra visita a Barcellona non riusciamo però a passare in Piazza del Diamante, la piazza dove è ambientato il romanzo di Mercè Rodoreda, perché è fuori mano, perché ha un’architettura modesta e un’aria malinconica. Perché lì tanto non c’è niente. Ma proprio lì è ambientato La piazza del Diamante, il romanzo spagnolo più bello del Novecento, secondo Garcìa Màrquez. 

 

Dal mio zaino ho preso più di una volta il libro per cominciare a leggerlo a Barcellona, ma il ritmo veloce dei nostri movimenti mi ha permesso di leggere solo qualche pagina. Sulla copertina c’è una foto color senape e un po’ mossa. Una madre che tiene per mano sua figlia. La mano stringe il polso della bimba tirandola con sé, la bimba ha la testa reclinata verso il basso. Nel romanzo siamo nella Barcellona della guerra civile, che si abbatte sulla povera vita della protagonista fatta di miseria e solitudine. Come quando perde il marito: 

 

“Disse che se ne andava e chiamò i bambini, e quando eravamo davanti alla porta, mentre stavo per aprirla, con la mano la richiuse, sulla mia mano che l’apriva, e disse che prima di partire voleva dirmi una cosa: che Quimet non sapeva quanto fosse fortunato ad avere una moglie come me, e me lo diceva un momento dopo il quale forse non ci saremmo mai rivisti più, perché me ne ricordassi sempre”. 

 

Giugno 2012. È domenica. Ho letto La Piazza del diamante tutto d’un fiato seduto nel mio giardino. E qui ho incontrato Colombetta (in realtà si chiama Natàlia), l’ingenua protagonista che affronta la vita e la guerra con eroismo inconsapevole. Sono andato a Barcellona per cercare Mercè Rodoreda e ho trovato le mani. Le mani della copertina del libro e le mani delle fotografie che ho scattato. Quella dei ragazzi che gesticolano con i piedi nell’acqua. Quelle dei ragazzi che si tengono per mano quando camminano. Quella del barman concentratissimo mentre prepara un cocktail. Quella dello scultore con la motosega che scolpisce il ghiaccio. Quella della professoressa che insegna la sardana a un gruppo di ragazzi. Quella delle statue in cerchio con i ragazzi dentro. Le mani di un gruppo di ragazzi che si prendevano la luce di Barcellona nei primi giorni di primavera. 

 

Mentre guardo queste foto provo un grande piacere nel vedere quante cose possiamo fare con le mani, oltre a digitare sulle tastiere o fare click. Queste nostre mani che abbiamo disprezzato troppo a lungo, come abbiamo disprezzato il lavoro manuale e la fatica. Lavorare la terra, prima di tutto. Ci vuole il corpo: occhi, mani e piedi. Poi intelligenza, equilibrio, armonia. La terra del mio piccolo orto con le piante “utili” come i limoni, l’insalata e il basilico. E le piante “inutili” del mio giardino: sistemare all'ombra le camelie, potare le rose e curare i vasi colmi di gerani, che mi allietano quando li guardo affacciato alla finestra. Essere libero nel lavoro, quello mio, più esigente, più leggero, come quello che mi invento finalmente di domenica.  

 

P. S.

Grazie tante, Antonietta, per avermi segnalato il video "Le mani" di Eduardo De Crescenzo, che non conoscevo. Ti debbo una rosa del mio giardino.           

 

 



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15/6/2012 - 15:36

AUTORE:
susan

In questo articolo non deve mancare il coro della mani bianche, qui c'è il link:

http://www.youtube.com/watch?v=E4I0PjPH6mI

IL Coro delle Manos Blancas è uno dei progetti collaudati da Abreu. Perché se la sublime medicina della musica non deve restare un lusso per pochi, allora anche chi ha un handicap e perfino chi non ha voce e orecchi, deve poterne godere.

Il Coro delle Mani Bianche (dai guanti che indossano per disegnare i suoni nell’aria) è affiancato da quello dei bambini dotati della voce ma con deficit spesso fisici o cognitivi. Perchè di fronte alla musica - è questo il messaggio - siamo tutti uguali.

14/6/2012 - 11:48

AUTORE:
tom

prof. quando pubblica anche le altre foto? Grazie, saluti

13/6/2012 - 15:34

AUTORE:
Filippo Calippo 3°H

Belle foto quella che mi è piaciuta di più è quella quando siamo sotto la fontana, con delle foto di semplici mani potrebbe venire fuori una bella performance teatrale!

P.S. sia di manica larga all' esame
P.SS. come sta il suo ginocchio?

13/6/2012 - 10:28

AUTORE:
Sonia

Di solito piacciono le mani lisce, vellutate, morbide e magari con unghie lunghe, laccate o finte.
Dalle mani si capisce molto, forse troppo, di quello che è o fa una persona.
Le mani realizzano quello che la mente crea e il cuore desidera.
Piacevolmente toccata dalle parole e dalla musica...grazie!

12/6/2012 - 19:53

AUTORE:
Filippo 3H

Professore, ma io da questa sua specie di diario non posso prendere niente o quasi da mettere nello scritto di italiano ;)
comunque bella la foto di quando ballavamo davanti alla fontana.

p.s. mi sono ricordato che lei mi aveva detto che aveva preso delle lezioni di batteria da ragazzo. Io ho fatto l mio primo "concertino" la scorsa domenica dopo 4 anni di studi, e non per vantarmi ma sono stato il migliore.

12/6/2012 - 10:33

AUTORE:
leo 3h

Complimenti prof. bel discorso, belle le foto e la canzone " le mani".
E' impensabile credere, che con delle cose semplici come le mani si riescano a fare molte cose.
Di questo articolo mi ha colpito particolarmente il punto in cui parla del discorso della protagonista prima di perdere il marito.
Non ho da dire altro, un abbraccio, ci si vede all' esame!
P.S
VOTO : 10 ;)

12/6/2012 - 10:22

AUTORE:
leo 3h

Complimenti prof. bel discorso belle anche le foto e la canzone "le mani ".
Mi ha colpito particolarmente le parole della protagonista quando perde il marito

10/6/2012 - 22:07

AUTORE:
Sabrina

Quando sono andata nel deserto algerino, nei campi profughi saharawi, ho vissuto per una settimana ospite di una di quelle famiglie.
Mi hanno colpito molte cose di quel popolo tanto povero quanto dignitoso e fiero. Delle donne saharawi mi hanno colpito "le mani" e quando ho avuto l'occasione di scrivere la mia esperienza nel libro "un ponte di amicizia con il popolo Saharawi" realizzato dall'Associazione di volontariato ARCI 690 Onlus- progetto Saharawi Cascina, di cui faccio parte, di quelle donne ho scritto :
.... Vite sedute per terra a gambe incrociate, nella penombra della tenda. Veli colorati che le avvolgono e le nascondono ad occhi indiscreti. Per loro parlano le mani che gesticolano, prendono, toccano, preparano il thè, cucinano, coccolano i visi dei loro bambini, pettinano capelli, si alzano talvolta minacciose, carezzano. Se non capisci la loro lingua, guarda le loro mani, c'è la storia di un popolo, dentro.

10/6/2012 - 18:10

AUTORE:
barbara

Caro Ovidio, ho letto l'ultimo tuo articolo: le mani, una scoperta meravigliosa, visto che potremmo dire che le mani creano e la poesia è ciò che è creato: l'arte del fare e produrre nel senso più esteso del termine! Ciao

10/6/2012 - 15:46

AUTORE:
antonietta

Caro Ovidio , mio,
ho letto con commozione rinnovata il tuo ultimo articolo , dedicato alle 'mani' , a Barcellona e al tempo che hai trascorso nel tuo giardino, il quale ti ha permesso di terminare , in un fiato, il tuo romanzo "Piazza del diamante".

Il tema delle mani mi ha ricordato una canzone di Eduardo De Crescenzo , dedicata alle mani , che feci imparare ad una mia classe, qualche anno fa'. Te la allego.

Ti riconosco il grande pregio della poesia e l'altro pregio , forse innocentemente intellettuale: quello di sapere connettere i temi, gli argomenti, i fatti, le persone.
Forse i due pregi sono anch'essi connessi.
Ti abbraccio e ti stringo le mani.
Antonietta