In questo nuovo articolo di Franco Gabbani si cambia completamento lo scenario.
Non avvenimenti storico- sociali, nè vicende di personaggi che hanno segnato il loro tempo.Il protagonista è questa volta è il fiume Serchio, l'attore sempre presente nella storia del territorio, con grandi vantaggi e tremendi disastri.
Ma non manca il tocco di Franco nell'andare ad esaminare grandi lotte politiche e piccoli episodi di vita comune legati al compagno di viaggio nella storia del nostro ambiente.
Ormai a quest'ora, e con questo vento, di segatura, colorata o meno, ce ne sarà rimasta ben poca per le strade (meno quel sacchetto misto di arcobaleno che mi sono portato a casa) e ritorniamo a far gioire lo stomaco perchè l'anima è satolla.
Nel vecchio libricino di ricette pisane, del quale vi narravo tempo fa, c'era anche questa gustosa, per gli occhi del sentimento nella forma e per la bocca e la gola nella sostanza, ricetta prettamente pisana o meglio localizzata a cavallo del confine fra Vecchiano e San Giuliano.
Torta co’ bischeri di Pontasserchio
Deboli di stomaco, abbonati alle cure epatiche, colitici di ambo le categorie - stitici e diarroici- a voi: ecco la ricetta inventata dalla mitica « vecchia » di Pontasserchio, la ricetta della famigerata “Torta co’ bischeri” , a petto della quale un vol-au-vent diventa una matto-nata, e che vuolsi sia stata all’origine, secondo narrano i biografi, dell’intasamento di budella di cui ebbe a patire, con pericolo di morte, Lord Byron durante il suo soggiorno pisano.
Orbene, accingetevi a due operazioni distinte, riguardanti la pasta e il ripieno. Per la pasta comporrete, senza esorcismi né regole speciali, un normale intruglio mescolando insieme:
un chilo e mezzo di farina doppio zero;
un chilo di zucchero;
350 grammi di burro fuso;
otto coppie d’uova (dicesi coppie otto);
250 grammi di zucchero vanigliato;
80 grammi dì ammoniaca;
un limone (grattato);
un arancio (spremuto);
100 grammi di liquore (Sassolino o Strega, ad libitum).
Il suddetto intruglio, quando sia divenuto sotto le vostre mani una pasta soffice ed elastica, lo metterete a posare per una notte, e non vi penserete più e anche voi potrete andarvene a letto con la coscienza tranquilla.
La mattina seguente, appena alzati, assicurativi che la pasta si sia posata e riposata, tal quale come voi, e che nessun gatto sia andato nella notte a schizzare sul coperchio della zuppiera (si sa come sono curiosi e indiscreti i gatti), metterete subito a lessare appena un etto di riso. E lessato che sia, e colatolo, vi aggiungerete 400 grammi di cioccolato fondente grattugiato, il quale si scioglierà a contatto col riso bollente e, mescolando voi con sapienza e adagino, ecco venir fuori un già per sé appetitoso risotto al cioccolato, forse opinabile per noi latini, ma che servito cosi caldo caldo manderebbe in estasi un inglese. Non lasciatevi tentare dall’idea d’assaggiarlo!, e lasciatelo freddare. Freddato, aggiungete:
un chilogrammo di zucchero;
100 grammi di cacao;
300 grammi di canditi;
150 grammi di pinoli;
200 grammi di uva passa;
una noce moscata grattugiata;
10 grammi di spezie e cannella;
cinque uova intere (uova, questa volta, non coppie).
Mescolare, ovviamente, il tutto. Ed ora attenzione, perché cominciamo ad avvicinarci all’operazione bischeri!
Prendete dieci teglie, già, proprio dieci, e possibilmente uguali. Non le avete? Peggio per voi! Perché volete cimentarvi con la torta co’ bischeri allora?
Datevi ai bomboloni!.
Prendete dunque dieci teglie, giacché la ricetta fornitavi è per dieci torte, e i pontasserchiesi non concepiscono che se ne possa fare una di meno e non si son mai posto il problema, quindi, di ridurre all’unità la ricetta stessa. Spianate la pasta e ritagliatela secondo le dimensioni delle dieci teglie poste in fila sul tavolo. Foderate con la pasta le dieci teglie. Versate in esse il ripieno.
Eccoci al gran momento! Incidete con tagli obliqui opportunamente distanziati la pasta che avanzerà sopra il livello del ripieno lungh’esso il bordo della teglia e d’ogni segmento di pasta fatene tra le dita un piccolo torciglione, ovverosia pirolo, ovverosia bischero, per modo che la torta risulti tutto in giro ornata, infine, d’una corona di siffatti bischeri: dalla cui estrosa invenzione essa deriva appunto il nome e la fama.
Ideale, per la cottura, è il forno da pane, il cui giusto calore proverete introducendovi una volgare carta gialla; se la carta si tende e dissecca senza diventar marroncina, bene; ma se diventa marroncina, aspettate a mettere in forno le vostre torte e intrattenetevi un poco a far due chiacchiere col fornaio.
Un po’ di storia, ora.
Chi è la mitica “vecchia” rammentata in principio?
La tradizione, ahimé, è avara di particolari e narra solo, appunto, d’una golosissima vecchia che si sarebbe prefisso, un bel giorno, d’inventare un dolce cui per bontà e squisitezza non esistesse pari, e che spremutesi le meningi ne avrebbe alla fine cavato la ricetta della torta co’ bischeri. Nei quali può ben vedersi uno slancio lirico del genio della vecchia: che avanti di mettere in forno la prima torta co’ bischeri della storia, ebbe l’intuizione di decorarla come sappiamo, senza immaginare che da quella decorazione sarebbe nato il nome che avrebbe reso famoso il suo dolce.
"Maledetta la vecchia!" usano esclamare le donne pontasserchiesi quando la confezione delle torte è nella fase culminante e in tutte le case regna un tramestio inimmaginabile poiché se dieci torte è l’unità rituale, quella unità suole raddoppiarsi senza frazioni, ed è vanto delle famiglie confezionare venti, trenta- quaranta torte, a gloria di Pontasserchio e delle sue tradizioni. Essendosi poi la grande invenzione della “vecchia” spontaneamente legata alla festa del paese che cade il ventotto d’aprile, la torta co’ bischeri suole anche esser detta “torta der ventotto”. Ma senza allusione di sorta al significato cabalistico di quel numero, sicché beccaccioni e pèori possono mangiarla in letizia e senza sentirsi gravar la fronte arborata.
Ma che fanno poi i pontasserchiesi di quella incredibile quantità di torte che tutte le famiglie a gara confezionano nello stesso giorno dell’anno? Parte se le mangiano, è naturale; parte ne mandano in dono e in omaggio, fuori di Pontasserchio, ad amici, a commendatori, a personaggi influenti e di stomaco robusto; parte le conservano per gli ospiti che capiteranno in visita, dalla città, in quel fatidico giorno del ventotto d’aprile.
Tenete a mente, dunque, tale data, e se conoscete qualcuno a Pontasserchio, andate a trovano quel giorno, ché ci guadagnerete una splendida fetta di torta tagliata con un bel bischero ritto in vostro onore.
Ma se conoscete a Pontasserchio più d’una persona, girate largo; ché non potendo rifiutarvi di gradire da ogni amico una fetta di torta, rischierete di zavorrarvi di tanti bischeri che nemmeno un chilo di sale inglese basterebbe poi a rimettervi in sesto le budella. Affare vostro, ad ogni modo.
E buona digestione!-
Carlo Montella