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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
PISA
Slow Food Pisa Monte Pisano

5/8/2012 - 1:21


La maggior parte dei pomodori che oggi acquistiamo sono macchiati dal sangue dei lavoratori immigrati tenuti quasi come schiavi nel salentino. Là, dove l'assenza dello Stato consente al caporalato di trattare gli uomini come bestie, si producono a costi effimeri quantità esagerate di pomodoro.

 Che, oltretutto, rimangono, in grosse percentuali, buttati, appesantendo la quantità degli sprechi in campo. Ma di quanto pomodoro abbiamo bisogno? Diciamo che in media una ventina di chili l'anno a testa, tra quelli freschi che mangiamo d'Estate e quelli in conserva, è sufficiente.

Ma anche se fossero trenta, quanto terreno serve per coltivarli? Sul nostro territorio, nel nostro clima, siamo intorno a 4-5 metri quadri. Se noi consideriamo l'area che da secoli viene denominata “pianura pisana”, che comprende i comuni di Pisa, San Giuliano, Vecchiano e Cascina, e che possiamo immaginare abitata durante tutto l'anno da forse 250.000 persone, abbiamo un residuo di territorio coltivabile  di circa 750 metri quadrati a testa. In quest'area, cento anni fa, si producevano con la trazione animale e la quasi totale assenza della chimica, grandi quantità di cibo.

 Cavoli, patate, carciofi, tabacco, e naturalmente vite, grano e granturco venivano esportati in grande quantità. Una esigua parte dei 750 metri quadrati a testa che la cementificazione ci ha risparmiato, potrebbe essere certo destinata al nostro consumo locale di pomodori. Qualcuno ci obietta il costo. Considerando i venti-trenta chili di pomodoro a testa, la differenza tra la coltivazione bio/integrata di qualità e il prodotto della grande distribuzione, o dei mercati generali, potrebbe pesare una quindicina di euro: un caffè al mese.

 E i 15 milioni di euro che noi pisani, abitanti di quest'area, spendiamo in pomodoro, potrebbero rimanere in questi comuni.

Un tempo ci preoccupavamo della proprietà dei mezzi di produzione, oggi dobbiamo preoccuparci della loro qualità.

Ma soprattutto della qualità dei “mezzi” di distribuzione che dettano legge nel mercato alimentare. La differenza tra schiavitù e dignità (e non solo nel pomodoro) la può fare un caffè al mese e la consapevolezza dei gesti che facciamo con i nostri acquisti.

g.meini@slowfoodpisa.it

Fonte: Giuliano Meini
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