Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante.
La fine dello Scirè
Il sommergibile Scirè, partito per una missione contro il porto di Haifa dove si trovavano navi nemiche portando, oltre l’equipaggio di 49 uomini, 11 incursori della squadra speciale della XMas, veniva bombardato dalle postazioni a terra, bersagliato da bombe di profondità lanciate da aerei inglesi, mitragliato da una corvetta e tutto programmato con estrema precisione dalla marina britannica.
Come era potuto succedere che un sommergibile della Regia marina, quello che al comando di Junio Valerio Borghese aveva dato il meglio effettuando decine di missioni fra le quali le quattro passate alla storia con i famosi “maiali” e l’indomito “Spirito del Serchio” che li animava, si fosse fatto sorprendere così?
L’ammiraglio Giuseppe Celeste, presidente dell’associazione Amici del museo navale e della storia in una conferenza dal titolo: Rada di Haifa: 32° 54’ 00,01”N - 34° 57’ 59,88 E - Depth 100 feet, quale componente del programma di manifestazioni dedicate agli Incursori della Marina Militare “E fluctibus irruit in hostem” svoltasi a La Spezia dal 10 al 25 Maggio 2008, la chiamò “Una esecuzione consumata in una vasca da bagno”
Tutto per la furbizia degli inglesi, non la loro forza, e la capacità che ebbero di decifrare il codice “Enigma”, quello con il quale il comando italiano aveva dialogato con i tedeschi chiedendo di tenere lontani i loro sommergibili dall’area. Quelli allora trasmisero ai comandi periferici i tempi, i luoghi e i dettagli della missione italiana. E fu la mossa fatale, perché gli inglesi tramite la macchina, ideata dal dottor Turing, decifrarono i messaggi e seppero esattamente l’arrivo lasciando avanzare lo Scirè sino a un fondale di 30 metri, per poi iniziare il tiro al piccione. A nulla servì lo stare sott’acqua, gli aerei vedevano benissimo lo scafo e indirizzarono con precisione lo scarico delle bombe. Ridotto ormai a pezzi ci fu un tentativo di emergere e arrendersi, ma fu bersagliato dalle batterie della vicina costa. Uomini valorosi e determinati dotati di armi potenti, resi completamente inermi per effetto di una ”intuizione matematica”.
Il relitto dello Scirè (foto2) continuò ad essere in qualche modo protagonista negli anni che seguirono; lo Stato d’Israele ha sempre fatto di tutto per tutelare quel luogo che per il basso fondale poteva essere facilmente accessibile da parte di visitatori senza scrupoli. La stessa stampa israeliana stimolò in passato l’Italia ad assumere decisioni per il recupero dei resti umani che erano ancora nello scafo e facilmente visibili; nel contempo Israele si oppose a ogni iniziativa di privati tese al recupero del relitto, incoraggiando invece a che l’operazione fosse condotta dal governo italiano. Una sensibilità e rispetto pregevole che si spiega attraverso una diversa cultura della loro considerazione del soldato morto in azione e i cui resti, se possibile, vanno recuperati assolutamente.
Si sa comunque che la Marina israeliana, nell’ambito della custodia del relitto, fece delle ispezioni al suo interno; fu infatti restituita alla Marina Militare italiana nel 1995 la bussola magnetica (ora esposta nell’androne del comando di Comsubin) e la piastrina del sottocapo motorista navale Aurelio Peresson, oltre ai resti dei due marinai tumulati ad Haifa (Egil Chersi e Eugenio Del Ben, due dei «Gamma», ritrovati sulla spiaggia due giorni dopo l’affondamento).
Dal 2 al 28 settembre 1984 sono state recuperate dalla nave salvataggio Anteo le salme di 42 dei 49 componenti dell'equipaggio e 9 degli 11 operatori imbarcati al momento dell'affondamento del glorioso sommergibile. In questa occasione sono state anche recuperate varie parti dello scafo, rimosse in un precedente tentativo di recupero. Si tratta di parti della portelleria, vari pezzi del fascione e due cilindri (foto3, 4, 5 e 6) contenitori dei siluri a lenta corsa. Le parti del relitto recuperate sono conservate al museo della base navale di Augusta, all'Arsenale della Spezia e all'Arsenale di Venezia, mentre il suo periscopio è conservato al Vittoriano.
Quello che resta dello Scirè è stato blindato ermeticamente a cura dei palombari della Marina durante la seconda missione nella rada di Haifa nel 2002.
L’Italia ha ora un nuovo e moderno sommergibile che porta il nome Scirè, varato nel 2004 alla presenza di Emilio Bianchi, torredellaghese, Medaglia d’oro al valor militare, uno che lo Scirè, quello del1938, lo conosceva bene.
Scirè è il nome di un’area etiopica al confine con l’Eritrea dove, nel febbraio 1936, fu “vinta” dall’esercito italiano una “famosa” battaglia dove vi furono 857 perdite nel nostro “esercito” e settemilacinquecento in quello etiope.
Se quel periodo non era certamente da eroi, lo fu invece quello che vide lo Scirè sott’acqua con i suoi valorosi equipaggi, valorosi ma sconosciuti, come avvenne per le riprese del mitico “Alfa Tau”, voluto dal Ministero della Marina e girato da Francesco de Robertis nel 1942 con il vero equipaggio del sommergibile e del suo Comandante, ma che si trovavano ad agire, nel film, su un altro mezzo, l'Enrico Toti e le sue peripezie. Le sole foto che si hanno del Comandante Zelik sono quelle estrapolate dai fotogrammi di quel film che, per un tragico scherzo del destino, fu girato pochi mesi prima della fatale missione e che aveva per protagonisti, oltre al nuovo Comandante Bruno Zelik (foto 8, 9 e 10), tutti gli uomini che non vollero lasciare lo Scirè quando il precedente comandante Borghese fu passato a terra per organizzare al meglio la squadra della X Mas e che si dissero legati, per sempre, a quel glorioso sommergibile.
La trama del film esaltava la storica battaglia del 15 ottobre 1940, dove il Toti, l'unico sommergibile italiano (foto7) ad aver affondato in azione un'unità nemica a cannonate, vinceva il sommergibile britannico HMS Triad mentre navigava nelle acque del Mare Ionio.
Una curiosità, ben visibile nella pellicola, ma casualmente accorsa durante la vera battaglia, fu quando i due mezzi si sfiorarono per gli ultimi colpi decisivi alla vittoria.
Il nostro cannone si inceppò e fu temuto il peggio, quando il marinaio Nicola Stagi, nell'orgasmo del combattimento, emulò inconsciamente l’eroe Enrico Toti, lanciando la propria scarpa contro il Triad che, fortunatamente, non aveva più colpi tantoché fu centrato da due siluri lanciati senza neanche mirare.
La stampa locale del tempo lo chiamò “film senza attori” e scrisse:
“Chi non ricorda il dolce viso pensoso della studentessa che il comandante sceso a terra incontra nella pensioncina in cui si rifugia? Ebbene anche nella vita la fanciulla è una studentessa di Napoli, così com’è una signora dell’aristocrazia colei che ne interpreta la parte nel lavoro a fianco dell’ufficiale in seconda.
Ci si chiede se di questi attori sconosciuti si saprà mai il nome".
Un critico dopo la Mostra di Venezia riportò che l’attore più interessante era il comandante del sommergibile (senza citarne il nome). Si immagina che dopo questa esperienza gli interpreti abbiano ripreso la loro vita "normale" e al massimo possano divertirsi nel rivedersi al cinema
e termina:
“…sarà stato come un sogno, senza dubbio un bel sogno.”
Il sogno si era tramutato in sonno e questi sono quei nomi che si ricorderanno per sempre:
Cap. corv. Zelik Bruno, Cap.C.N. Tajer Antonio, S.T.V. Benini Remigio e Savino Gennaro, Ten.G.N. Dajo Alfonso, G.M. Olcese Armando e Croci Carminati Raoul, Cap.sil. Farina Giuseppe, Capo M.N. Ravera Umberto, Capo segn. Villa Livio, Capo el. Rapetti Francesco, Capo R.T. Fontanini Remo, Capo nocch. Barbieri Francesco, Capo M.N. Stella Gino, 2° capo el. Credi Tommaso, 2° capo M.N. Salaris Silvio, Serg. Sil. Gurini Benedetto, Serg. R.T. Barbuti Ottorino, Serg. M.N. Vespia Domenico, Serg. Can. Ulivelli Umberto, Serg. El. Esposito Pasquale, S.C. sil. Capellini Domenico, S.C. sil. Tavelli Rocco, S.C.R.T Lodati Romolo, S.C. sil. Scotti Corrado, S.C. sil. Brugnoli Guido, S.C. sil. Canali Enzo, S.C. el. Morani Giovanni, S.C. el. Pozzi Ettore, S.C.el. Anielli Settimio, S.C. cann. Mapelli Giovanni, S.C.M.N.Riva Enrico, S.C.M.N. Giacalone Vincenzo, S.C.M.N. Person Aurelio, S.C. fuoc. Scardigli Eugenio, S.C. fur. Petracchi Antonio, Marò Pizzichini Vittorio, Marò Gervasi Fulvio, Marò Antonucci Cesare, Marò Visintini Livio, Sil. Montanelli Luciano, R.T. Borghetti Ivo, Cann. A. Borgogna Marcello, El. Capuano Mario, M.N. Resaldo Federico, Fuoch. Germani Alfredo, Marò Dragone Vittorio, S.nocch. Magnone Luciano.
E insieme a loro i “nuotatori d’assalto” :
Cap. Egil Chersi
Palombaro Rodolfo Beuk
Infermiere Aurelio Morgan
Sergente Paolo Baronchelli
Istruttore Eugenio Del Ben
Fuochista Luca Ricciardi
Nocchiere Delfo Caprioli
Cannoniere Sauro Mengoni
Cannonere Erminio Fioravanti
Fuochista Guido Fontebuoni
Medico Pietro Gnecco
Ho chiesto troppo interesse e tempo ai lettori, ma non posso non dirvi che sono grandemente deluso e amareggiato per le cretinate che noi “italiani” ci portiamo dietro in nome di un’esterofilia all’eccesso.
Nelle immersioni del 1984 (foto 11) fu posta una targa sullo Scirè che diceva universalmente R.I.P. sotto una croce universalmente accettata, dando un senso alla missione.
Nel 2002 un’altra targa (foto 12) con la scritta in inglese!
Sembra una presa in giro!
“italian navy divers”
Divers… cosa? …amente abili?
Nel cervello di chi l’ha decisa di sicuro, basta non dargli peso però…!
Per alleggerire ci sono le foto 13, 14 e 15(?) delle quali dirovvi!