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Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative. 

E non c'è da cambiare idea. Dopo aver sostenuto la .....
. . . sul Foglio.
Secondo me hai letto l'intervista .....
L'intervista a Piazza Pulita è di 7 mesi fa, le parole .....
Vedi l'intervista di Matteo Renzi 7 mesi fa da Formigli .....
per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Arabia Saudita
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Incontrati per caso...
di Valdo Mori
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Dalla pagina di Elena Giordano
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storie Vere :Matteo Grimaldi
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Indaco il colore del cielo
non parimenti dipinto
Sparsi qua e là
come ciuffi di velo
strani bioccoli di bambagia
che un delicato pennello
intinto .....
tutta la zona:
piscina ex albergo
tutto in stato di abbandono

zona SAN GIULIANO TERME
vergogna
RICORRENZA
Una mattina di agosto

13/8/2012 - 16:57

12 agosto 1944, l’alba è appena sorta, una compagnia di SS arriva a Sant’Anna di Stazzema, paesino di montagna sulle Alpi Apuane, in Toscana. E' il XVI battaglione delle SS con a capo il maggiore Walter Reder (1915–1991). Tre reparti salgono a Sant’Anna, mentre un quarto chiude ogni via di fuga a valle, sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese è circondato. Le SS giungono a Sant’Anna, insieme ad alcuni fascisti collaborazionisti come guide, gli uomini del paese si rifugiano nei boschi per non essere catturati, le donne, i vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro, in quanto civili inermi, restano nelle loro case. Ma si sbagliano. Tre ore dopo, quel paesino non esisterà più.

 

 A Sant’Anna donne, vecchi, bambini verranno sterminati in quella che, ancora oggi, è una strage dimenticata.In poco più di tre ore vennero massacrati 560 innocenti. I nazisti li rastrellano, li chiudono nelle stalle, nelle cucine delle case, in chiesa li uccidono con colpi di mitra e bombe a mano. Infine tentano di cancellare tutto con il fuoco. Dalle 7 alle 10 uccidono 560 la metà donna 130 bambini e adolescenti gli altri erano uomini. Non fu rappresaglia, né vendetta: come emergerà tanti anni dopo dalle indagini della Procura Militare di La Spezia, si trattò di un vero e proprio atto terroristico, di una azione premeditata e curata in ogni minimo dettaglio. L’obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra le popolazioni civili e le formazioni partigiane presenti nella zona.

 

Nella settimana successiva la XVI divisione delle SS continuerà a portare morte e orrore sugli Appennini, a Vinca, a Marzabotto, a Fivizzano, in tante e tante altre località una scia di sangue che farà migliaia di morti; ma il bilancio esatto di questa tragedia non si saprà mai… Dei bambini di Sant’Anna rimane, a confortare chi è rimasto, solo una fotografia scattata pochi giorni prima della strage fuori dalla scuola, una fotografia che diventerà un simbolo. Per i sopravvissuti, intanto, stanno per iniziare i mesi più duri: si tratta di continuare a vivere senza i propri cari e sperare che prima o poi venga fatta giustizia. Nessuno può, nell’agosto del ’44, immaginare che dovrà trascorrere tanto tempo, un tempo lunghissimo, prima che le indagini portino a risultati tangibili.

 

Ma torniamo a quella data fatidica, il 12 agosto del 1944: l’Ufficio Informazioni della XIV armata tedesca redige il bollettino con l’elenco delle operazioni condotte durante il giorno:

 

Nell’azione in corso a Nord di 183/45 il paese 183/30 e quello a un chilometro più a nord ridotti in cenere; sette depositi di munizioni di cui uno nella Chiesa fatti esplodere; 270 banditi eliminati”.

 

Paese a nord di 183/30 in codice Sant’Anna di Stazzema; nella grigia burocrazia di guerra in poche e semplici parole la sintesi di 3 ore di orrore e morte. E’ questo il primo e unico documento militare nazista in cui si descrive l’eccidio del 12 agosto 1944. Dovranno trascorrere circa tre settimane e il 3 settembre del 1944 gli Alleati arrivano a Lucca; di lì a due settimane liberano tutta la Versilia e anche la città di Pietrasanta; ma per gli abitanti di Sant’Anna di Stazzema, che dista pochi chilometri, ormai è troppo tardi… Il 28 settembre, quando un gruppo di americani giunge sulla piazza della chiesa nelle case bruciate tutt’intorno vi sono ancora i resti carbonizzati di centinaia di persone. In quelle settimane una Commissione d’Inchiesta americana inizia a svolgere la prima indagine ufficiale sulla strage.

 

Nell’ottobre del ’44 la Commissione redige un rapporto dettagliato che si basa sulle testimonianze di alcuni sopravvissuti italiani e di disertori tedeschi. Il 18 ottobre il Corriere di Firenze pubblica in prima pagina un articolo dal titolo: L’eccidio di Sant’Anna in Lucchesia. All’interno, la descrizione dell’azione compiuta dai soldati SS con i primi raccapriccianti dettagli di quella mattina. A distanza di due mesi dal massacro dunque gli inquirenti americani hanno già raccolto elementi sufficienti per tracciare una prima ricostruzione della dinamica della strage e dei responsabili.

 

Passa un anno e nell’inverno 1945 la magistratura militare americana invia al governo italiano l’incartamento con tutti i dati raccolti; in quegli stessi mesi anche la magistratura italiana va avanti con le indagini raccogliendo le testimonianze dei pochi sopravvissuti. Gli elementi in possesso degli inquirenti a questo punto iniziano a essere consistenti. La procura generale militare decide di aprire due fascicoli con il n. 1976 e 2163 in cui vengono citati con precisione testimoni, responsabili e dettagli della strage. Si fa sempre più vicina l’ipotesi di un processo in tempi rapidi. Febbraio 1947: presso la Corte Militare Britannica di Venezia si apre il processo contro il feldmaresciallo Kesselring, dal 1943 a capo dell’esercito tedesco in Italia. Kesselring deve rispondere dell’eccidio delle Ardeatine e degli altri massacri di rappresaglia.

 

Ed è proprio qui a distanza di due anni e mezzo dall’eccidio di Sant’Anna che iniziano i primi ostacoli. ” E’ sorprendente, ma durante il processo non viene fatta alcuna menzione della strage del 12 agosto del 1944. La magistratura inglese sostiene di non essere a conoscenza delle indagini svolte dagli americani e rimanda il caso a successivi processi. Kesselring, intanto, viene condannato a morte. Il caso di Sant’Anna rimane così fuori dal processo ma non dalle pagine dei giornali come testimonia l’articolo del Corriere del Popolo pubblicato durante il dibattimento. Un articolo ancora più dettagliato in cui la dinamica dell’azione viene descritta nei minimi particolari e che, tra l’altro fornisce per la prima volta il bilancio complessivo delle vittime civili: 560 morti.

 

Dall’Archivio Centrale dello Stato emergono oggi diversi documenti che testimoniano della linea politica seguita dai vari governi, una politica del silenzio e della non perseguibilità dei criminali nazisti. Nel 1956, ad esempio, l’allora ministro degli Esteri Gaetano Martino scrive al ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani: “Sono convinto che coloro i quali presero parte a così barbare azioni non meritino personalmente alcuna clemenza. Non posso tuttavia nascondermi, come responsabile della nostra politica estera, la sfavorevole impressione che produrrebbe sull’opinione pubblica tedesca e internazionale una richiesta di estradizione da noi avanzata al governo di Bonn”. Dieci giorni dopo arriva la risposta del ministro Taviani: “Concordo pienamente con il ministro Martino”. Un carteggio che non lascia dubbi, gli equilibri politici della nuova Europa non devono essere messi a rischio.

 

Dietro all’occultamento dei fascicoli dell’armadio della vergogna, tuttavia, ci sono anche altre ragioni che chiamano in causa gli stessi italiani che hanno combattuto fuori dei confini nazionali. Quanto alle responsabilità dei singoli, nessuno pagherà. Tutte le inchieste militari e parlamentari, lo vedremo, non approderanno a nessun risultato.

Ma torniamo a Sant’Anna: che fine hanno fatto quei faldoni ritrovati nell’armadio con i nomi dei responsabili del massacro del 12 agosto? Come tutti i faldoni delle altre stragi dimenticate, quelli di Sant’Anna vengono inviati alle varie Procure Militari di competenza ma ancora una volta tutto sembra bloccarsi. La magistratura militare infatti stenta a istruire processi e molte delle indagini vengono archiviate in tutta fretta. Buona parte degli ex nazisti coinvolti, si dice, sono nel frattempo morti o sono irreperibili.


Da poco eletto presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi decide  di trascorrere il suo primo anniversario della Liberazione da presidente proprio a Sant’Anna. Ed è proprio Ciampi ad affermare con forza che “mantenere la memoria è il maggiore degli insegnamenti che noi dobbiamo dare ai nostri figli e ai nostri nipoti. Questo è fondamentale. Io questo l’ho sentito sempre fortissimo; per quello ho sempre voluto istituire una sorta di filo rosso che parte dal Risorgimento; quegli stessi valori ci portano alla Resistenza, quegli stessi valori sono scritti nella Costituzione”. E nella messa del 25 aprile del 2000 a Sant’Anna di Stazzema: “ E’ bello essere qui a Sant’Anna, nella memoria dei nostri morti e alzare tutti insieme la nostra voce per gridare di fronte al tricolore: Viva l’Italia.”

 

Ma nonostante la visita di Ciampi ancora una volta la vicenda di Sant’Anna sembra non riuscire a trovare uno sbocco giudiziario. Per protesta, l’allora sindaco della cittadina Giampietro Lorenzoni si dichiara pronto a riconsegnare allo Stato la medaglia d’oro al valore civile che era stata conferita a Sant’Anna di Stazzema. Il sindaco, a nome della cittadinanza, chiede una Commissione parlamentare di inchiesta per far luce sulle responsabilità che ci sono dietro il cosiddetto armadio della vergogna; la Commissione in effetti ci sarà ma fra spaccature politiche e polemiche feroci non riuscirà ad accertare nessuna responsabilità individuale. Sul fronte giudiziario, invece, qualcosa si muove. Dopo anni di attesa e di silenzio la Magistratura Militare ha deciso di occuparsi del caso. Aprile 2002: al Tribunale Militare di La Spezia giunge un giovane magistrato che inizia a occuparsi dei fascicoli riguardanti molte delle stragi commesse dai nazisti nell’estate del ’44. Tra queste, anche quella di Sant’Anna di Stazzema.
 
 Dal 2002 al 2004 la Procura di La Spezia svolge un’intensa attività investigativa su migliaia di documenti provenienti dagli archivi tedeschi, inglesi e americani. I militari coinvolti nella strage sono centinaia ma la scelta del Pubblico Ministero è chiara quanto pragmatica: si processeranno solo gli ufficiali nazisti che hanno rivestito funzioni di comando.
 
Tribunale militare di La Spezia, 10 novembre del 2004

Per la prima volta da quel 12 agosto 1944 i sopravvissuti possono guardare in faccia quei tedeschi che hanno seminato terrore e morte a Sant’Anna. Ma le indagini e il processo saranno utili per fare chiarezza anche sull’esatta dinamica della strage e sulle polemiche che la strage e le omissioni avevano provocato nel corso degli anni.

Un interrogativo ricorre, tra gli altri: alla strage di Sant’Anna hanno partecipato anche degli italiani? E che ruolo hanno avuto i partigiani locali? Durante il processo, i testimoni raccontano di aver visto il giorno della strage diversi italiani accanto alle truppe naziste. Raccontano che molti di loro avevano il volto coperto ma che la provenienza locale era comunque riconoscibile per via del dialetto.

Ben pochi di loro, tuttavia, verranno identificati. Il processo però si rivela importante per far chiarezza su un altro elemento al centro di molte polemiche nel corso degli anni: il tema della rappresaglia, ovvero l’ipotesi secondo cui il movente della strage sarebbe un attentato compiuto da partigiani locali contro soldati nazisti. Un legame diretto, quindi, fra la strage e le attività della Resistenza. Ma i partigiani affermano di non essere mai stati a Sant’Anna. Continua De Paolis: “Avvenne certamente un grande rastrellamento ma il rastrellamento era unito a una pianificata, deliberata e perfettamente organizzata azione di sterminio, cioè di eliminazione fisica di una parte degli abitanti di quel territorio che andavano puniti per l’aiuto che davano alle formazioni partigiane che operavano in quel settore”.

 

Tribunale militare di La Spezia, 22 giugno del 2005

“In nome del popolo italiano il Tribunale Militare di la Spezia dichiara Bruce Werner, Concina Alfred, Goering Ludwig, Gropler Karl, Sommer Gerald colpevoli del reato loro rispettivamente ascritto e ritenute sussistenti per tutte le circostanze aggravanti contestate, li condanna alla pena dell’ergastolo”.

Eppure, non è ancora finita. Nel 2007, infatti, alla vigilia della sentenza, la Cassazione sembra intenzionata a prosciogliere i condannati. Ma sarà un falso allarme; la Cassazione confermerà invece tutte le condanne: e sebbene tutti gli imputati, ormai ultraottantenni, non varcheranno mai le porte del carcere, resta il valore simbolico di una sentenza che il piccolo paese di Sant’Anna di Stazzema ha aspettato per troppo tempo.

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