Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Questo caldo opprimente, questa afa asfissiante sembra che trasfiguri lo scenario, un po' come fa la nebbia. Almeno a me in questa estate tutto appare così, tra tante sfumature di grigio, eppure il sole c'è stato, la luce non ci è mancata.
Ma sento un grigio che pervade le parole e le azioni, che torna a rinchiuderci nelle gabbie dei pregiudizi che timidamente si erano solo socchiuse.
Dico questo perchè da sempre sono sensibile alle parole, all'uso che se ne fa, al peso che hanno nei discorsi che ci raccontano e ho sempre pensato che le parole, il loro tono, il loro apparireo scomparire fosse il sintomo, o almeno il significato di qualcosa che si sta muovendo, che sta arrivando.
Ogni giorno siamo immersi in flussi di parole scritte, dette, pensate, sussurrate, urlate. Parole che uniscono o dividono, che costruiscono o distruggono, parole che feriscono o leniscono,parole umili o prepotenti, parole che accorciano le distanze o che le rinsaldano.
Le parole non sono solo parole, sono un potere, riescono a costruire scenari, protagonisti e comparse, vittime e carnefici, capri espiatori e eroi, danno vita o morte.
Le parole possono cambiare il mondo…e far diventare concreta una parola significa innanzitutto consentirle una piena realizzazione nel quotidiano, dice Saviano.
Le parole formano, indirizzano, indicano e ammiccano a traiettorie personali e sociali. Non sono le parole in sé ad avere potere, è l’effetto che producono, è la simbologia che si trascinano dietro, è quello che riescono ad evocare.
Le parole vengono da lontano e possono portarci lontano, aiutarci a visitare mondi diversi dai nostri, oppure possono costruire muri e alzare steccati.Quello che mi colpisce sono le parole del quotidiano ciarlare, quel parlare sciolto, un po' automatico che appunto perchè automatico rivela le categorie di percezione, di apprezzamento, di valutazione, eallo stesso tempo i principi sui quali si basano le azioni, i pensieri.
Quello che mi colpisce è che le nostre strutture linguistiche stanno mettendo in discussione, oalmeno rendendo più difficile, un lavoro di anni e anni, di uomini e donne, un lavoro sulle idee,sulle conquiste sociali e culturali, sui diritti delle persone.
Un lavoro che non può prescindere dal linguaggio, dalle parole che scegliamo per raccontare eraccontarci, per andare incontro all'altro da noi.
Un esempio? Ne faccio due di diversa provenienza, ma sullo stesso tema.
Qualche settimana fa la Fornero in un intervista ha detto questa frase che cito a memoria: ...ho dovuto fare un lavoro duro, da uomini.La frase sembra innocua, ma invece racconta di stereotipi di genere ancora presenti, forti e buttatilì, con naturalezza, quella appunto di concetti e immagini sedimentati da anni di storia...i lavori duri sono solo da uomini, prigionieri uomini e donne di un immaginario...gli uomini duri sempre, ledonne no, solo alcune riescono a forzare la natura.
L'altro esempio viene da chiacchere sotto l'ombrellone, chiacchere leggere per passare il tempo, e lafrase “incriminata” è...quelle così non sono donne da sposare...questa frase è rivelatrice di un modo di pensare che credevo in via di estinzione.
A me bastano questi due esempi per ricordarmi che c'è da continuare un lavoro, un lavoro che non può ignorare il linguaggio che usiamo per raccontare e raccontarci.