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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Mauro Pallini-Scuola Etica Leonardo: la cultura della sostenibilità
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Incontrati per caso
di Valdo Mori
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A cura di Erminio Fonzo
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Domenica 7 Luglio mercatino di Antiqua a San Giuliano T
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
SCOMPARSA
Clarke Duncan,
il gigante buono

4/9/2012 - 16:14


Michael Clarke Duncan (Chicago, 10 dicembre 1957 – Los Angeles, 3 settembre 2012) è stato un attore e doppiatore statunitense, interprete di molti film in ruoli da caratterista, il più celebre dei quali è quello del gigante nero John Coffey in Il miglio verde (1999), ruolo per il quale è stato nominato all'Oscar nella categoria miglior attore non protagonista.

 

Con i suoi 198 centimetri di altezza per circa 150 kg di peso, furono molte le squadre di football americano a contenderselo, ma la madre glielo vietò sempre. Il suo sogno era Hollywood, dove arrivò con 20 dollari in tasca, non conoscendo nessuno.

La fortuna gli sorrise e conobbe Will Smith, che lo assunse inizialmente come guardia del corpo. In seguito lavorò in un episodio di Willy, il principe di Bel-Air.

 

L'attore Bruce Willis suggerì alla produzione l'idea di far interpretare il ruolo del gigante nero John Coffey a Duncan dopo aver letto Il miglio verde di Stephen King e aver parlato col regista del film, Frank Darabont. Dall'interpretazione alla candidatura all'Oscar 2000 come miglior attore non protagonista il passo è stato breve.

 

Nel 2003 ha recitato nel ruolo di Kingpin nel film Daredevil. Per interpretare la parte ha dovuto modificare la sua dieta e dedicarsi al powerlifting. Nel giugno 2006 ha dichiarato di voler calarsi di nuovo nei panni del personaggio, tuttavia rinunciando agli eccessi e mostrando un Kingpin dimagrito a causa dell'attività fisica svolta in carcere. Una volta diventato vegetariano è apparso in una campagna PETA del 2008.

 

Nel 2012 è stato protagonista della serie televisiva poliziesca Il risolutore (The Finder), spin-off di Bones, cancellata dopo una sola stagione a causa dei bassi ascolti.

 

Il 13 luglio 2012 mentre si trovava nella sua abitazione di Los Angeles subì un infarto del miocardio. Prima di essere trasportato in ospedale, la fidanzata Omarosa Stallworth gli aveva praticato una rianimazione cardiorespiratoria. Secondo alcune fonti l'intervento della donna è stato fondamentale. Tuttavia Duncan non si riprese mai completamente, rimanendo in terapia intensiva, fino al 3 settembre 2012, quando è morto all'età di soli 54 anni.

In morte di J.C. di Massimo Gramellini (La Stampa) Per uno di quei cortocircuiti che rendono immortali gli attori, l’infarto che ha ucciso a 54 anni Michael Clarke Duncan ha riportato nelle nostre vite l’immagine di uno dei personaggi più meravigliosamente scomodi della narrativa contemporanea. Il gigante buono del film «Il Miglio Verde» John Coffey, «come la bevanda, ma scritto in modo differente». Fu concepito in una notte insonne da Stephen King, che gli volle dare le stesse iniziali di Jesus Christ e in fondo lo stesso destino. Un uomo semplice, dotato di poteri di guarigione straordinari, viene giustiziato sulla sedia elettrica per una colpa orribile che non ha commesso. Potrebbe scappare, non lo fa. Potrebbe odiare, non lo fa. Ama e cura il suo prossimo in modo sovrumano, eppure è fragile, pieno di paure. Impossibile resistere a ciglio asciutto alla scena dell’esecuzione, quando J.C. rifiuta il cappuccio sugli occhi: «Ti prego, capo, non mettermi quella cosa in faccia. Io ho paura del buio». Ma sono altre le sue parole che mi inseguono da anni: «Sono stanco, capo. Stanco di andare sempre in giro solo come un passero nella pioggia. Stanco di non avere un amico che mi dica dove andiamo, da dove veniamo e perché. Stanco soprattutto del male che gli uomini fanno agli altri uomini. Stanco di tutto il dolore che sento nel mondo ogni giorno. Ce n’è troppo per me. È come avere pezzi di vetro conficcati in testa». Vorrei tanto ovattare la tua sofferenza con la mia stupida leggerezza, J.C. Ma ho imparato, anche da te, che sofferenza e amore sono vibrazioni di una stessa corda. Chi per non soffrire la strappa, non sente più niente. Ed è quella l’unica morte di cui avere paura.
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