Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
Le emozioni letterarie possono essere, come nel mio caso, antiche nostalgie e meravigliate riscoperte, simili all’aria di settembre, frizzante e dal profumo di fiori e frutti maturi….Simili alla saudade brasiliana, un rimpianto dolce e venato di tristezza.
A vent’anni, il primo esame dato all’università, facoltà di lettere, è stato letteratura moderna. Era un corso affollato, entusiasta, esuberante.
Era il corso del Professor Guarnieri. Lo amavamo tutti, amavamo il suo sorriso, la sua età, prossima al fuoriruolo, il suo modo di parlare di letteratura. Il corso analizzava l’opera di tre autori del 900: Pavese, Brancati e Bilenchi.
Pavese, spero che anche oggi studenti lo conoscano, diventò la mia passione di quell’anno. Ed oggi, molto più matura, rileggendolo, l’ho ritrovata intatta. Modificata nelle sensazioni e nelle valutazioni, ma uguale nelle emozioni.
L’opera di Pavese non è eccessivamente vasta, visto che è morto suicida a 40 anni. Incominciata “au rebours” partendo dalla fine. Da Fuoco Grande, romanzo incompiuto, forse, scritto a due mani con Bianca Garufi. E troverete una donna, una delle sue tante, con un grande dolore e una grande risposta: il bastarsi.
Le sue sono donne che si “guardano” da sole. Donne ferite, fragili ma con la determinazione del futuro da conquistare. Anche nella sconfitta.
Spesso si analizzano i rapporti tra i sessi con uno sguardo preveggente su come saranno queste donne. Umiliate, offese, oltraggiate, in quegli anni come dopo, ma comunque con il germe dell’indipendenza nel sangue.
Pavese le osserva inquieto, stupito e attratto dalla loro forza, dal loro mistero. Sono donne consapevoli delle loro scelte. Anche quando si prostituiscono. In “Racconti” ce n’è uno, il primo, intitolato l’”Idolo” in cui un uomo ritrova una donna, Mina, amata un tempo e che adesso fa il “mestiere”. Siamo negli anni 40-50 c’erano ancora le “case chiuse”. L’onorevole Merlin le volle chiudere, mossa da un nobile quanto puritano sentimento: salvare queste donne dal “ghetto” in cui erano tenute. Così le mise sulle strade. Era meglio se si considerava la prostituzione da un altro punto di vista: come scelta o come imposizione sociale e culturale. Come scelta, legittima, andava rispettata e legalizzata (perché non delle cooperative?) come imposizione combattuta, eliminando le cause (povertà, ignoranza, sfruttamento) che la causavano.
Comunque Pavese, scusate l’excursus, ci presenta Mina come una “donna”, con il suo dentro e le sue scelte. La sua interiorità, che non è assolutamente scalfita dal mestiere che fa.
Perché non c’è giudizio moralistico alla sua base ma la meravigliata conoscenza dell’essenza di un altro essere umano. Il “Lavorare stanca” c’è una poesia meravigliosa che si chiama “I pensieri di Deola”. Ve la riporto. Mi raccomando state attenti al finale. “Stare sola, se vuole, al mattino, e sedere al caffè. Non cercare nessuno.” E’ un inno alla libertà. Come ci avrebbe voluto, io credo.
Pensieri di Deola
Deola passa il mattino seduta al caffè
e nessuno la guarda. A quest'ora in città corron tutti
sotto il sole ancor fresco dell'alba. Non cerca nessuno
neanche Deola, ma fuma pacata e respira il mattino.
Fin che è stata in pensione, ha dovuto dormire a quest'ora
per rifarsi le forze: la stuoia sul letto
la sporcavano con le scarpacce soldati e operai,
i clienti che fiaccan la schiena. Ma, sole, è diverso:
si può fare un lavoro più fine, con poca fatica.
Il signore di ieri, svegliandola presto,
l'ha baciata e condotta (mi fermerei, cara,
a Torino con te, se potessi) con sè alla stazione
a augurargli buon viaggio.
E' intontita ma fresca stavolta,
e le piace esser libera, Deola, e bere il suo latte
e mangiare brioches. Stamattina è una mezza signora
e, se guarda i passanti, fa solo per non annoiarsi.
A quest'ora in pensione si dorme e c'è puzzo di chiuso
- la padrona va a spasso - è da stupide stare lì dentro.
Per girare la sera i locali, ci vuole presenza
e in pensione, a trent'anni, quel po' che ne resta, si è perso.
Deola siede mostrando il profilo a uno specchio
e si guarda nel fresco del vetro. Un po' pallida in faccia:
non è il fumo che stagni. Corruga le ciglia.
Ci vorrebbe la voglia che aveva Marì, per durare
in pensione (perché, cara donna, gli uomini
vengon qui per cavarsi capricci che non glieli toglie
né la moglie né l'innamorata) e Marì lavorava
instancabile, piena di brio e godeva salute.
I passanti davanti al caffè non distraggono Deola
che lavora soltanto la sera, con lente conquiste
nella musica del suo locale. Gettando le occhiate
a un cliente o cercandogli il piede, le piaccion le orchestre
che la fanno parere un'attrice alla scena d'amore
con un giovane ricco. Le basta un cliente
ogni sera e ha da vivere. (Forse il signore di ieri
mi portava davvero con sé). Stare sola, se vuole,
al mattino, e sedere al caffè. Non cercare nessuno.