Il 15 novembre p.v. L'Amministrazione Comunale di San Giuliano Terme apre la stagione del Teatro Rossini di Pontasserchio, con la direzione artistica di Martina Favilla - Presidente dell’Associazione Antitesi Teatro Circo. Una proposta artistica originale e di grande rilevanza, sostenuta dal Comune di San Giuliano Terme, Regione Toscana, Ministero della Cultura, che posiziona la città di San Giuliano Terme come area della cultura e della multidisciplinarietà con particolare attenzione all’inclusione sociale e alle nuove generazioni, con metodologie innovative.
di Giorgio Viberti (La Stampa)
Se n’è andato anche il “Terzo Uomo”. Fiorenzo Magni era chiamato così perché quando entrò fra i professionisti del ciclismo, nel 1940, le corse erano dominate da Gino Bartali e Fausto Coppi, i due grandi rivali del periodo eroico a cavallo della Seconda Guerra Mondiale. «Se non ci fossero stati quei due, chissà quanto avresti vinto di più...» gli dicevano spesso. Ma lui, il Leone delle Fiandre come venne anche soprannominato dopo la fantastica tripletta consecutiva nel Giro delle Fiandre (1949-1950-1951), con la saggezza e l’arguzia che sempre lo accompagnarono nella sua vita di corridore era solito ribattere: «Al contrario, proprio grazie a Gino e Fausto le mie imprese acquistarono ancora più valore». Se n’è andato stamane a causa di un aneurisma che l’aveva colpito nella notte: il prossimo 7 dicembre avrebbe compuito 92 anni.
Nel palmares di Magni ci sono tante vittorie e di grande spessore. Oltre alla tripletta in terra fiamminga conquistò infatti tre Giri d’Italia (fu anche due volte secondo) e numerose classiche (3 Giri del Piemonte, Milano-Torino, Giro di Toscana, Giro del Lazio, Giro di Romagna, Tre Valli Varesine, Giro del Veneto, 3 Trofei Baracchi, 3 Campionati Italiani). Sfiorò inoltre il successo in altre classiche monumento: un 2° e un 3° posto alla Milano-Sanremo, 3° alla Parigi-Roubaix, 2° e 3° al Giro di Lombardia.
E probabilmente avrebbe vinto anche un Tour de France se nel 1950, mentre era in maglia gialla, la squadra italiana non si fosse ritirata durante la dodicesima tappa in seguito alle pressioni di Gino Bartali che era stato aggredito sul Col d’Aspin da alcuni spettatori francesi che non avevano ancora perdonato il ruolo avuto dal nostro Paese nell’ultimo conflitto mondiale.
Del resto allora il ciclismo era spesso legato anche agli avvenimenti sociali e politici, tanto che proprio Magni nel 1946 era stato squalificato dalla corse per aver aderito al fascismo e aver gareggiato sotto falso nome. Tre anni prima, infatti, dopo l’Armistizio dell’8 settembre Magni aveva aderito alla Repubblica Sociale Italiana: sarebbe poi stato anche processato per il presunto coinvolgimento in un’imboscata contro un gruppo di partigiani a Valibona, in Toscana, ma fu assolto grazie alle anche alle testimonianze di Alfredo Martini e Gino Bartali, che furono suoi rivali in corsa, e scagionato dall’accusa di collaborazionismo. «Giuro che non sparai nemmeno un colpo di fucile» aveva avuto modo di ribadire Magni appena una settimana fa, quando a Roma era stato presentato un libro che ne raccontava le gesta, scritto da Auro Bulbarelli, ex voce televisiva del ciclismo e attuale vicedirettore di RaiSport.
Nato a Vaiano, provincia di Prato, il 7 dicembre 1920, aveva cominciato a pedalare a 13 anni con l’Associazione Ciclistica Montecatini Terme, dove gareggiava anche Alfredo Martini. Rimasto orfano di padre a soli 17 anni, l’anno dopo conquistò la sua prima maglia azzurra e fu convocato per i Mondiali, che però vennero annullati a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Era stato proprio suo padre Giuseppe che gli aveva comprato la prima bici da corsa, una Coveri di Prato.
Fiorenzo aveva un fisico magro e longilineo, tanto che lo chiamavano “Cipressino”, ma ben presto si sarebbe irrobustito diventando un ottimo passista e uno dei più grandi e temerari discesisti nella storia del ciclismo.
L’immagine di Magni entrò per sempre nella leggenda anche grazie a un incidente nel Giro d’Italia del 1956, quando cadde e si fratturò una clavicola, ma non volle ritirarsi: si rialzò e continuò a pedalare, affrontando poi la cronoscalata del San Luca, la ripida collina sopra Bologna, stringendo fra i denti e mordendo un tubolare che aveva attaccato al manubrio per sentire meno il dolore alla spalla infortunata e attutire gli scossoni della bicicletta. Così riuscì a portare a termine quel Giro d’Italia, nel quale finì secondo dietro allo scalatore lussemburghese Charly Gaul. L’anno prima, nel 1955, era stato a 35 anni il più vecchio vincitore di sempre di un Giro d’Italia.
Conclusa la carriera agonistica, era rimasto nel ciclismo diventando anche commissario tecnico della Nazionale azzurra, quindi presidente dell’Associazione Corridori ed infine presidente della Lega del Professionismo. Era anche presidente della Fondazione del Museo del ciclismo del Ghisallo, un “tempio” della bicicletta che aveva voluto e realizzato in prima persona.
Fu merito suo anche l’introduzione degli sponsor nel ciclismo: nacque infatti da una sua idea la comparsa nel 1954, quando Magni era ancora corridore, delle scritte pubblicitarie sulle maglie dei ciclisti, prima fra tutte - e per questo diventata famosa - la Nivea. Nel 2004 era stato anche insignito del Collare d’Oro al Merito Sportivo.
Con Magni scompare uno dei più tenaci campioni di tutti i tempi, ma anche un dirigente lungimirante e un autentico innamorato del ciclismo. Domani pomeriggio (alle 15,30) nel Duomo di Monza gli sportivi potrenno tributare l’ultimo omaggio al Leone delle Fiandre.