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Una vicenda tutta personale viene descritta in questo nuovo articolo di Franco Gabbani, una storia che ci offre un preciso quadro sulla leva per l'esercito di Napoleone, in grado di "vincere al solo apparire", ma che descrive anche le situazioni sociali del tempo e le scorciatoie per evitare ai rampolli di famiglie facoltose il grandissimo rischio di partire per la guerra, una delle tante. 

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per pubblicare scrivere a: spaziodonnarubr@gmail.com
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Ripafratta, 12 luglio
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Bagno degli Americani di Tirrenia
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Molina di Quosa, 8 luglio
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Casciana Terme Lari-Pontedera, 12 luglio-3 agosto
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San Giuliano Terme, 30 giugno
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Alzarmi prestissimo al mattino
è un'adorabile scoperta senile
esco subito in giardino
e abbevero i fiori
Mi godo la piacevole
sensazione
del frescolino .....
Nel paese di Pontasserchio la circolazione è definita "centro abitato", quindi ci sono i 50km/ h max

Da dopo la Conad ci sono ancora i 50km/ h fino .....
PISA
"IL FIUME SI RISE" è il nuovo libro di Sergio Costanzo.

11/12/2012 - 10:35

A cura di Elsa Luttazzi

 “Ma il fiume si rise di chi gli volea dar legge e seguitò a correr nel suo grand’alveo come prima

così recita nella sua completezza la citazione dagli Annali d’Italia di Ludovico Antonio Muratori, scelta da Sergio Costanzo come titolo per il suo  ultimo romanzo. Il fiume si rise, appunto (Linee Infinite Edizioni, 2012). Sembra così condensata in una frase la situazione del territorio italiano di questi giorni, di cui il romanzo può essere la metafora.  E richiami all’oggi si colgono ancora più in là, quando l’autore descrive la drammatica situazione di Pisa.


Poi le vicende storiche, accuratamente ricostruite e contestualizzate, si snodano seguendo  il filo storico di quegli anni (1494-1509), e rivivono attraverso diversi protagonisti. Alcuni di loro  immaginari (come indicato nell’indice Dramatis Personae),  che si trovano a interloquire  con una folla di protagonisti reali della vita politica, militare e religiosa della società del tempo.

Per nominarne solo alcuni dei più noti: Carlo VIII , Gerolamo Savonarola, Pier Capponi, Leonardo da Vinci e Niccolò Machiavelli. Stupisce vedere Leonardo (indossando un cappottino rosa che risulta ancora più grottesco immersi, come sono, nel fango) e Machiavelli  andare a controllare insieme lo stato dei lavori in atto per la deviazione del corso dell’Arno quando il fiume era in piena e la pioggia scendeva minacciosa. Leonardo tutto preso dalla genialità del suo progetto  che gli faceva  intravedere un progresso inarrestabile


La sua mente illuminò scenari ideali, dove le ruote dei molini macinavano ed azionavano i magli dei follatori, dove barche cariche di merci andavano e venivano dal mare, dove industrie, concerie, fucine, lavoravano operose ai bordi delle vie d’acqua per fabbricare nuovi strumenti, per sognare nuove imprese, per disegnare nuovi mondi.
 
 Stupito più che preoccupato della ostinazione dei pisani a non volerne fare parte, si chiedeva
 
Come mai erano così ostinati quei pisani? Non potevano vivere sotto Firenze e giovarsi delle scoperte della sua scienza, del fiorire delle arti e della pace duratura? Cosa avevano impastato quelle anime di uomini, mezzi contadini e mezzi marinai, tanto abili ai remi quanto alla vanga e alla spada?
 
Machiavelli, invece, come i fiorentini, preoccupato dalla eventualità del fallimento del suo progetto politico.  
Protagonista assoluta, tra i personaggi inventati, la famiglia di Clemente Biccoli, con la moglie Aureliana, appartenente alla famiglia Caim, ,fortemente voluta e amata e a caro prezzo avuta , e i loro figli Beniamino e Setembrina, spesso ricordata con il secondo nome di Selvaggia per il carattere ribelle. Una famiglia tenacemente unita dai sentimenti, dall’innamoramento all’amore filiale, percepiti e descritti con sensibilità alle più sottili sfumature, sguardi ora severi ora dolci, complicità, senso di protezione, orgoglio, che la storiografia più accreditata è oggi restia a trovare in epoche così remote. Ma a noi piace ricordarci un “come eravamo” così.


Ma protagonista anche, e soprattutto, la libertà  declinata dai protagonisti in diverse, personali, accezioni. Clemente Biccoli


chiedeva a gran voce la libertà dal giogo fiorentino .[e ] saltava repentinamente dall’essere un padre affettuoso ad inneggiare alla libertà per la strada, con l’ardore di un giovane cui sia sconosciuta la saggezza.
 
La saggezza parlava invece per bocca della vecchia Dervina, che, al pari delle altre donne, mogli e madri giudiziose sentiva il pericolo di questa parola, e  così apostrofava Clemente:


“E poi, voi uomini con tutto questo chiasso cosa credete di fare? Chi ci darà lavoro d’ora in avanti? Prendi me, da dieci anni al servizio dei Provveditori, chi mi darà di che mangiare? Sono vecchia e sola, ma qualcuno di voi ha pensato prima di aprire bocca ed urlare viva Francia, cosa aveva da offrire questo re brutto e zoppo?”
“La libertà, Dervina”.
“La libertà non è pane!”
“È vero, è molto di più, è companatico, è sale, è olio. Finora sei sopravvissuta, ora possiamo incominciare a vivere!”
 
Per gli abitanti di Pisa libertà è l’emancipazione dal  signore fiorentino sentito come un tiranno. Per i più coraggiosi  essa si configura come una dura  e sanguinosa lotta tra soldati, ma  per  i più deboli e interessati è una concessione che si cerca di ottenere entrando nelle grazie del potente re di Francia che può donare questa libertà, anche  a prezzo dell’onore delle figlie. E per Carlo VIII è la consapevolezza della sua forza  e di averla usata per rendere giustizia, salvo poi tradirla al momento a lui più opportuno.


      Per la giovane  Setembrina libertà è la possibilità di accettare un mazzolino di fiori da un soldato o vedere in carne e ossa i re e i principi delle favole, anche se hanno le forme sgraziate di Carlo VIII.
Per la giovane e bella Luisa Del Lante è la possibilità di amare liberamente il suo François, il soldato francese che per quasi tutti

 

Era un intruso, per Clemente era un eroe che aveva liberato gli ambasciatori due giorni prima, per Aureliana era un segreto da mantenere, per Luca del Lante e per sua moglie Lara uno scomodo problema e per Luisa, la dannazione e il fuoco eterno, o forse, il paradiso.
 
Per il giovanissimo Beniamino un importante rito di passaggio guidato dall’esempio del padre Clemente:


Beniamino invece si sentiva un uomo, in pratica non aveva visto niente di ciò che era successo la notte precedente, ma i racconti del padre, le descrizioni dei notabili di Francia e quella parola, libertà che in ogni pensiero ritornava, lo facevano star bene. Durante la notte svegliato da uno dei tanti rumori, prima di riprendere sonno aveva mentalmente ripetuto la parola libertà decine di volte e, alla fine, gli era risultata sconosciuta e banale. Eppure suo padre sosteneva che aveva il profumo dei fiori di pesco a primavera, il colore d’oro dell’uva matura e il sapore del pane.
 
Nel  pur   breve spazio di libertà  (9 anni, fra l’altro  di duro assedio),  duramente conquistata giorno per giorno Pisa, anche se presidiata dalle forze francesi e affollata dai volontari pisani in armi ,  si rianima:


Il governo di Pisa, che si scopriva orgogliosa ed operosa, stabiliì che si dovesse riprendere l’attività dei cantieri navali, ma gli arsenali della Fortezza Vecchia erano stati smantellati dai fiorentini quasi cento anni prima: fu necessario riarmare i cantieri, partendo da zero.
 
 Gli artigiani ritrovano il senso e la dignità del loro lavoro, mentre contadini ed esuli tornano a rifugiarsi tra le accoglienti mura della città e nel contempo a coltivare i campi e gli orti per lungo tempo deserti.  Pur nelle difficoltà stagionali


Natale era alle porte: dopo quasi novanta anni, Pisa viveva la preparazione delle feste in un modo nuovo. La città si era ripopolata nonostante il freddo e la stagione piovosa; per riassettare case e magazzini erano sorti diversi cantieri ed il lavoro non mancava. Gli orti dalla parte di Kinzica furono censiti e quelli che non appartenevano a nessuno furono appezzati per il bisogno, imponendo una quota di tasse da pagare a raccolto avvenuto. Non c’erano grandi ricchezze a cui ricorrere, ma tutti erano spinti da un nuovo sentimento, da una nuova forza, quella della speranza”.
 
 
È una partecipazione entusiastica che vede anche l’adesione delle donne:
 
Ogni donna si mise a cucire, ricamare, orlare: madri premurose istruivano le figlie, in ogni casa si facevano discussioni e prove, quella del tessere e confezionare era diventata attività di tutti, vanto per tutti.
 
Ma la dura realtà ha il sopravvento e Pisa deve arrendersi


La città, portata allo stremo senza più cibo né armi, decise alla fine di maggio di quello stesso anno di patteggiare la resa.
 
Va detto comunque, a onore di Machiavelli, che il fallimento dell’impresa non è legata a una manchevolezza politica
 
Così, fu l’astio e non la politica, furono le banche e non l’onore delle armi, fu il tradimento e non la strategia a risolvere la questione,
 
Come Costanzo ci mostra efficacemente.
 
E non si può che concludere che con un brodo di giuggiole, che alla cena dedicata a Costanzo non sarà servito per non essere di stagione ma del quale l’autore ci dà la ricetta:
 
Sono buonissime, ma  se si fanno appassire e poi bollire con vino e uva e un paio di mele, viene fuori uno sciroppo denso. Noi lo chiamiamo il brodo di giuggiole.
 
 
Buona lettura e buona cena a tutti!


PS: Sergio Costanzo sarà presente alla Cena Medievale che si terrà al Teatro del Poplo di Migliarino Pisano sabato 15 Dicembre 2012.
 
 
 
 

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13/12/2012 - 9:19

AUTORE:
FRANCO MARCHETTI

BELLISSIMO LIBRO BEL RACCONTO SU PISA I SUOI PERSONAGGI LA SUA STORIA, UN BEL ROMANZO CHE VALE DAVVERO LA PENA DI LEGGERE, è BEN SCRITTO NON è PESO E FILA MOLTO BENE, BEN CURATI ANCHE I PARTICOLARI,,,,, E POI SI SA COSA è COME SI FA IL BRODO DI GIUGGIOLE, NON VE LO DICO LEGGETELO