Un paese che amo, il paese della mia mamma.Anche ora quando vado a RIPAFRATTA sono la figlia della "Cocca".
Un paese con una storia importante che conserva vestigia di grande rilievo.
Un paese rimasto inalterato nel tempo, non ci sono insediamenti nuovi, potrebbe essere il set di film d'epoca perché anche le case, le facciate conservano la patina del tempo.Un paese che è ancora comunità.
Nel 1956, mentre l'Armata Rossa sta sedando la rivolta ungherese, Agota Kristof attraversa la foresta con il marito e la figlia di quattro mesi per arrivare in Austria. Da lì raggiungeranno la Svizzera dove vivranno fino alla morte della scrittrice avvenuta nel 2011.
Sono anni duri: prima la fabbrica, poi l'adattamento difficile in una comunità di immigrati, la separazione dal marito (a cui la scrittrice non perdonò mai la fuga dall'Ungheria), e l'obbligo di abbandonare l'amata lingua madre per il francese, lingua nella quale scrive i suoi libri pur non padroneggiandola mai completamente.
Proprio da questa vita dura e difficile nasce questo libro diviso in tre parti che la porta al successo e la rende famosa.
Un libro pubblicato in 33 lingue diverse e che è un libro difficile, duro, spigoloso, sorprendente e commovente, una scrittura tagliente, scarna ed essenziale. Un libro difficile e che fa riflettere sui sentimenti umani ed anche sulla tragedia delle guerre e su responsabilità storiche ancora da definire. Si parla di guerra e di invasioni ma mai la scrittrice fa alcun riferimento al suo paese.
In un Paese occupato dalle armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, vengono affidati alla vecchia nonna, acida e avara e sono costretti a chiudersi in se stessi per difendersi dal dolore della loro vita. E’ la parte più dura del libro dove pare che questi due bambini non abbiano sentimenti, o meglio riescono ad annullarli attraverso strani esercizi come quello dell’abitudine al dolore o al silenzio. Scelgono poi due destini diversi: Lucas resta in patria, Klaus fugge nel mondo cosiddetto libero. E quando si ritroveranno, dovranno affrontare un Paese di macerie morali e materiali, sempre sullo sfondo di vicende politiche imprecise ma facilmente riferibili.
Un crudele capolavoro che non lascia indifferenti pur nella difficoltà della lettura e nella durezza dei sentimenti.
Per le sue opere l'autrice, che ha ceduto la gran parte dei suoi manoscritti all'Archivio Nazionale di Berna, è stata premiata in Francia con l' Adelf,in Italia con il premio Alberto Moravia nel 1988, e in Germania con i premi Gottried Keller e Schiller. L' ultimo riconoscimento quest'anno in Ungheria: il premio Kossuth che la scrittrice non ha potuto ritirare a causa delle gravi condizioni di salute.
«Perché il verbo amare non è un verbo sicuro, manca di precisione e di obiettività».
http://www.corriere.it/cultura/11_luglio_27/morta-agota-kristof_b3e8da46-b852-11e0-a142-4db684210d8b.shtml